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Antitabacco: tutto fumo e niente arrosto
Speciale a cura di FORCES Italiana (www.forceitaly.org) 1 - 2 - 3 - 4 - 5 - 6 - 7 - 8


2- Il fumo provoca il cancro? Animali che fumano
/ Il fallimento sui "cani tabagisti"

In questo brano, tratto dal capitolo IX del libro scritto dall’avvocato e ricercatore americano Lauren Colby, In Defense of Smokers, si descrivono i tentativi per dimostrare un credo che oggigiorno sembra essere più fanatico di ogni religione: il fumo (passivo o meno) provoca il cancro, sia esso polmonare o meno. Ciò è quanto è scritto sui pacchetti di sigarette quasi dappertutto nel mondo, e in migliaia di altri impliciti ed espliciti messaggi cui si è sottoposti ogni giorno. "Ripeti una menzogna fino alla nausea, ed essa diventerà la verità", diceva Goebbles pronunciando, forse, l’unica verità della sua vita. Ma la realtà è diversa. Non si sa se il fumo provochi il cancro. Tutti i tentativi per indurre il cancro in un gran numero di animali, torturandoli per anni con dosi immense di fumo - dosi migliaia di volte più alte di quelle malate da un fumatore accanito - non hanno prodotto nemmeno un cancro attribuibile con un minimo livello di attendibilità. Ma l’accanimento per imporre politicamente quest’ipotesi, spesa come verità inconfutabile da così tanti "luminari" della medicina, che hanno compromesso la scienza in cambio di notorietà e di (molto) denaro e potere, è diventato una sordida ossessione. Convincere la gente che il fumo provochi il cancro (e centinaia d’altre malattie) oggi assorbe assai più risorse economiche ed umane di quelle impiegate per trovare una cura a questa terribile malattia. Tale è l’irresponsabilità dei "tutori" della nostra salute.

Ironicamente, tutto quello che finora è stato dimostrato dai sadici esperimenti sugli animali è che, una volta rimossa la maggior parte dei fattori confondenti nel comportamento umano, ciò che resta è: il fumo non provoca il cancro.

Ricordate i bracchi che fumano? Movietone News, la vecchia compagnia del cinegiornale, tra il 1950 e il 1960 presentò un cortometraggio su questi graziosi cagnetti. Ogni tanto, ancora oggi, lo ritrasmettono in televisione la sera tardi. A dire il vero, l’esperimento era piuttosto crudele (ma non quanto quelli successivi). I cani da caccia erano legati fianco a fianco ad un lungo banco, e costretti in un’innaturale posizione eretta. Indossavano una maschera sul muso, che li costringeva ad inalare e ad esalare il fumo di sigarette accese. Un congegno meccanico accendeva una nuova sigaretta e la lasciava cadere nel condotto dell’aria della maschera non appena quella precedente era consumata. Anche se, più tardi, il Surgeon General americano affermò che le macchine del fumo non costringevano gli animali ad inalare ed esalare profondamente, il cortometraggio del cinegiornale non lasciava dubbi che i cani respirassero profondamente il fumo.

E’ a questi cani che forse si riferisce il rapporto del Surgeon General americano del 1964, quando la Commissione osservò che "con la possibile eccezione dei cani", gli esperimenti sugli animali non erano riusciti ad indurre il tumore ai polmoni. Ad ogni modo, nel Rapporto del 1971, lo stesso ente ammise che gli esperimenti con i cani e le macchine del fumo non erano riusciti a provocare il cancro polmonare. Però, sempre in quel rapporto, l’SG descrisse un nuovo esperimento condotto da Oscar Auerbach, un medico al servizio del governo, e da altri medici, nel quale i cani erano costretti a fumare in un modo descritto come "più naturale".

Specificamente, Auerbach affermò di aver praticato una tracheotomia a 78 bracchi. Egli mantenne di essere riuscito a condizionare i cani a fumare sigarette attraverso tal i tracheotomie. La tabella dei risultati presentati mostra il numero di cani che riuscì a sopravvivere per 875 giorni, fumando sigarette senza filtro, con filtro, o non fumando affatto. Sugli Otto cani che non avevano fumato, non ci furono decessi. Tra quelli che avevano fumato ci furono 24 decessi, dovuti a cause variamente classificate come "aspirazione di cibo", fibrosi al polmone, ecc. Sebbene Auerbach non affermò che alcun cane morì per tumore al polmone, egli sostenne che due animali, tra quelli che avevano fumato sigarette senza filtro, avevano sviluppato una cellula iniziale invasiva e squamosa di carcinoma nei bronchi.

L’esperimento di Auerbach fu nuovamente presentato - e di nuovo e i risultati furono mostrati - nel Rapporto dell’SG del 1977 (che era in realtà solo una ristampa di alcune parti del rapporto originale). Nel Rapporto del 1982, l’SG descrive ancora una volta l’esperimento di Auerbach, ma questa volta facendo notare che "non è stato possibile, finora, ripetere le constatazioni di Auerbach". Per uno scienziato, una constatazione che non può essere ripetuta, equivale a dire, in modo elegante, che l’esperimento iniziale poteva essere fraudolento. Sarebbe interessante sapere perchè gli esperimenti di Auerbach non furono mai più ripetuti.

A pagina 185 del rapporto in questione si legge una dissertazione generica sulle difficoltà incontrate nel cercare di provocare il cancro negli animali da laboratorio costringendoli ad inalare fumo. Si legge che nel fumo di sigarette c’è troppo ossido di carbonio per permettere una continua esposizione, perciò bisogna usare le macchine del fumo. Ma, ci dicono ancora, "gli animali da laboratorio non vogliono inalare l’aerosol e sono molto riluttanti ad inalare fumo di tabacco, sebbene scimmie Resus e babbuini siano stati addestrati con successo a fumare sigarette. Quest’approccio però non produce neoplasie (leggi tumori) a causa dell’insufficiente tempo d’esposizione, e della tendenza degli animali a soffiare piuttosto che a inalare. Forse è così, ma il vecchio cinegiornale di certo mostrava cani che inalavano profondamente!

Ancora a pagina 185 e 186 del rapporto del 1982, c’è una descrizione di alcuni esperimenti tutti falliti, con criceti dorati, che tenta di spiegare perché il fumo da tabacco non era riuscito a causare il tumore ai polmoni. Ciò nondimeno, tra le pagine descriventi tutti quegli esperimenti, c’è una descrizione di un esperimento - si sostiene presumibilmente riuscito. A pagina 185 si legge che nel 1980, alcuni sperimentatori del laboratorio nazionale Oak Ridge, che usavano un "avanzato congegno di inalazione" da poco sviluppato, riuscirono ad indurre il tumore nel tratto respiratorio di alcuni ratti. Il Rapporto dichiara che "...su 80 ratti esposti al fumo sette svilupparono un tumore..." ed anche uno dei 30 "ratti semiesposti" aveva il tumore.

Apparentemente, il "moderno congegno di inalazione" cui si riferisce il Surgeon Generai è "la macchina del fumo Maddox-ornl", citata in un articolo di A.P. Wehner, apparso nel 1981 in Tossicologia e Farmacologia Applicata, alle pagine 1-17. Gli autori continuano la loro descrizione dell’esperimento dicendoci che gli 80 ratti erano femmine, e furono costretti a consumare 8 sigarette al giorno, per sette giorni a settimana, per la durata di due anni. Uno di questi ratti sviluppò un carcinoma al polmone.

Prima di eccitarci troppo dobbiamo, tuttavia, considerare una cosa: il ratto più grosso che si conosca non pesa più di quattro etti e mezzo. Costringere un ratto di tale peso a fumare Otto sigarette il giorno equivale a costringere un uomo di 72 chili a fumare 1.280 sigarette il giorno (64 pacchetti). Questi esperimenti quindi non sono realistici, e sono ben lontani dal replicare una normale esposizione al fumo di tabacco. Data la enorme concentrazione di fumo usata, ci sarebbe già da meravigliarsi che solo qualcuno di questi animali fosse riuscito a sopravvivere alla prova. Invece i ratti sopravvissero tutti, e solo una piccola percentuale di essi sviluppò il tumore.

Stranamente, nonostante le nostre approfondite ricerche nei database medici, non sono riuscito a trovare alcun ulteriore esperimento sui ratti (né su altri animali), che fosse stato condotto prima del 1980, e che replicasse gli esperimenti suddetti. Un articolo di Tossicologia e Farmacologia Applicata del 1989 2[, descrive un esperimento in cui ratti di entrambi i sessi furono costretti ad inalare un alto concentrato di fumo di sigaretta per 22 settimane. I ratti sono furono poi uccisi, e furono effettuate ricerche per determinare gli effetti sul livello degli "addotti DNA". Gli sperimentatori giunsero alla conclusione che "il fumo di sigarette malato provoca gli addotti del DNA del polmone, il che potrebbe giocare un ruolo importante nei carcinomi del polmone causati dal fumo di sigarette". (enfasi aggiunta). Ma i ricercatori si fermarono ad un passo dall’affermazione che il fumo causi realmente qualsiasi tipo di tumore. Si noti che, sebbene i ricercatori avessero appena fallito l’esperimento, essi si riferiscono a "carcinomi causati dal fumo di sigarette".

Una relazione su un simile esperimento, dove i ratti furono costretti a fumare per Otto settimane, appare nel 1985 sulla rivista Ricerca sul Cancro ~ Anche in questo caso, i ricercatori non concludono che il fumo abbia danneggiato direttamente gli animali. Dichiarano, invece, che il fumo aveva ridotto il livello di produzione della citotossina, una sostanza considerata tossica in alcuni tipi di cellule tumorali. In anni più recenti, sono state escogitate altre macchine del fumo, queste per sottoporre i ratti al fumo passivo. In un articolo del 28 Maggio 1994 pubblicato da The Los Angeles Times, la scrittrice Sheryl Stolberg descrive esperimenti condotti per tre anni, durante i quali i ratti furono continuamente esposti a concentrazioni di fumo che arrivarono a 4.000 micro grammi per metro cubo, cioè diverse volte le concentrazioni di fumo presenti (nel mondo reale e per brevi periodi), in locali come bar. Risultato: gli animali non subirono alcun danno significativo, sebbene un ricercatore dell’Università della California (un certo Davis) sostiene di aver riscontrato una riduzione del 6% sul peso della prole degli animali esposti al fumo!

Prima di chiudere questo argomento, diamo un’occhiata a un inconsueto studio sugli effetti del fumo sugli animali. In una ricerca condotta in Norvegia nel 1993, i ricercatori indussero la polmonite nei ratti esponendo gli animali a radiazioni. Gli animali furono poi sottoposti al fumo da tabacco e ne saltò fuori che il fumo sopprime l’infiammazione ai polmoni! In breve, fumare fa bene se uno ha la polmonite, suppongo... Questo prova che si può dimostrare qualsiasi cosa con le statistiche - che è un altro modo di dire che con le statistiche non si può provare proprio nulla.

NOTE

(*)Come in tutti gli esperimenti scientifici condotti con onestà, i test sugli animali avrebbero dovuto essere volti a stabilire se il fumo provoca il cancro. Invece gli esperimenti erano volti a provare che il fumo provoca il cancro - cercando quindi di dimostrare un ‘irrevocabile decisione già stabilita a priori. Questa è la cruciale differenza tra scienza seria e scienza "rottame" dove, se l’esperimento non dà i risultati sperati, esso è insabbiato, e/o i parametri metodologici sono cambiati per

Far comunque "tornare i conti". Sfortunatamente, questo tipo di "scienza" è oggi estremamente diffusa, ed è alla base di praticamente tutte le paure salutiste.

(1)Gli sperimentatori usarono una miscela contenente il 10% di fumo di sigaretta e 90% aria. Chiaramente, "semi esposto si riferisce a 100% aria.

(2)Toxicol App. Pharmacol (99) (1)

(3)Cancer Research 45 (11 parte 1)