La guerra
al terrorismo può diventare un pretesto per restringere le
basi dei diritti fondamentali delle persone. La "legge patriottica"
è il più grave attacco alle libertà fondamentali degli Stati
Uniti, da cinquant'anni a questa parte. Il Patriotic Act non
darà più sicurezza, ma di certo limiterà i diritti dei cittadini
americani e non. Un senatore repubblicano ha affermato, senza
mezzi termini, che "in tempo di guerra è necessario considerare
in maniera diversa le libertà civili". Benjamin Franklin,
circa 250 anni fa, aveva invece detto: "Chi sacrifica la libertà
in nome della sicurezza, non merita libertà né sicurezza".
Ed è ciò che sta avvenendo. Verso uno stato penale? Con la
legge patriottica, possono venire insediati tribunali militari
speciali per cittadini stranieri accusati di terrorismo, concedendo
una discrezionalità assoluta al governo di decidere chi sarà
perseguito e in virtù di quali leggi, e di rivedere condanne
e sentenze violando così il principio di separazione tra potere
esecutivo e giudiziario. L'Unione americana per le libertà
civili, dando voce alla protesta di altre 120 associazioni,
ha obiettato che questi nuovi poteri potranno essere usati
anche contro cittadini americani, che non risultano sott'inchiesta,
contro immigrati che si trovano legalmente negli Stati Uniti
e anche contro coloro le cui attività politiche o civili non
piacciono al governo. La legislazione prevede, infatti, la
detenzione obbligatoria di ogni cittadino straniero definito
"presunto terrorista", che rischia così di rimanere in carcere
per un "tempo ragionevole", rinnovabile ogni sei mesi, ovvero
per un periodo indeterminato. Subito dopo l'attacco a Manhattan,
l'Fbi ha proceduto a oltre mille arresti e ad alcune migliaia
di interrogatori di persone sospette; il governo non ha fornito
per diverse settimane i nomi dei fermati per "attività investigative
legate agli attentati". Centocinquanta di questi erano stati
in realtà fermati a causa di violazioni del visto d'ingresso,
mentre altre centinaia di persone venivano detenute per aver
violato leggi federali o locali o senz'alcuna accusa specifica.
Alle varie proteste, gli inquirenti hanno replicato che gli
arresti possono aver prevenuto altri attentati. Al 10 dicembre,
i detenuti erano ancora in attesa di giudizio o di specifici
capi di imputazione. A questo proposito, Amnesty International
ha precisato che "sono centinaia le persone in carcere in
violazione dei loro diritti processuali: non sono note le
accuse, non si conosce il luogo di detenzione, non sono state
informate le ambasciate. Sono molte le denunce di maltrattamenti
e abusi ai danni dei detenuti...". Il Washington Post ha aggiunto
che "il dipartimento di Giustizia sta facendo un uso straordinario
dei suoi poteri di arresto e detenzione dei singoli. Sia i
giuristi che i cittadini dicono di non ricordare un altro
periodo, in cui tante persone siano state arrestate e imprigionate
senza vincolo d'accusa. E già prima dell'11 settembre ricordava
che "restrizioni della libertà personale, del diritto della
libera espressione delle proprie opinioni, compresa la libertà
di stampa, e dei diritti di associazione e di riunirsi in
assemblea, violazioni della privacy delle comunicazioni postali,
telegrafiche e telefoniche; permessi di perquisizione, ordini
di confisca e restrizioni sulla proprietà, sono ritenuti leciti
al di là dei limiti legali altrimenti prescritti". In forza
anche dei nuovi poteri attribuiti, l'Fbi ha iniziato intanto
ad indagare anche su organizzazioni che a suo avviso potrebbero
essere "collegate a terrorismo"; tra queste il movimento delle
"Donne in nero", che lotta contro la violenza in Israele e
nei territori palestinesi occupati. La legge patriottica prevede
inoltre il ricorso ad agenti da infiltrare nelle varie organizzazioni
e incoraggia la delazione, criminalizzando chi non informa
l'Fbi dei suoi "ragionevoli sospetti". Essa dà anche il potere
di ascoltare le conversazioni tra i detenuti e i loro avvocati.
L'American Civil Liberties Union, una delle maggiori organizzazioni
statunitensi di difesa dei diritti civili, ha attaccato duramente
la decisione di controllare i detenuti, in quanto "minaccia
di negare la pietra angolare del nostro ordinamento, il diritto
a una difesa legale competente". Saranno coinvolti in un simile
trattamento quei detenuti "ragionevolmente sospetti di poter
usare le comunicazioni per compiere o facilitare atti di terrorismo".
Ma la possibilità di essere controllati indurrebbe invece
molti detenuti a non parlare chiaramente con il proprio avvocato,
minando così l'efficacia della difesa. I controlli riguarderanno
sia le conversazioni detenuto-avvocato che le telefonate e
la posta. Negli Stati Uniti, ogni anno, vengono già intercettate
da funzionari del governo, due milioni di conversazioni telefoniche.
Quei Tribunali molto "speciali" Con la nuova legge, Bush ha
istituito le commissioni militari speciali, da cui verranno
giudicati gli stranieri in odore di terrorismo. Il decreto
prevede, infatti, la costituzione di corti speciali che hanno
il potere di giudicare persone accusate di attività terroristiche,
incarcerate a tempo indeterminato per indagini preventive,
senza diritto a essere valutate da una giuria. Costoro possono
essere condannati fino alla pena capitale con una sentenza
emessa all'unanimità dagli ufficiali-giudici, al termine di
un processo almeno in parte segreto e sulla base di prove
non ammesse dai tribunali ordinari. "Chi sarà sospettato di
avere legami terroristici, non si merita le stesse tutele
costituzionali dei cittadini americani". Parola del ministro
della Giustizia. Il New York Times ha scritto: "Il piano del
presidente Bush di utilizzare tribunali militari segreti per
processare i terroristi è un'idea pericolosa. Con un tratto
di penna, ha in sostanza cancellato le norme della giustizia
americana, meticolosamente riunite nel corso di oltre due
secoli". E c'è dell'altro: la legge prevede non solo processi
da tenersi su territorio statunitense contro cittadini non
americani, ma l'istituzione di tribunali speciali militari
americani, ovunque ciò venga unilateralmente ritenuto necessario:
su un aereo che sorvola i cieli del Pakistan, dell'Arabia
Saudita, o su una nave al largo delle coste indonesiane o
europee. Cioè in tutti quei paesi che sono sospettati di praticare
o coprire i terroristi di turno, a danno della politica estera
e dell'economia statunitense. A questo punto, saranno Bush
e il ministro della Difesa Rumsfeld a decidere chi perseguire
e condannare. Il direttore del Centro per i diritti costituzionali
dei cittadini americani e non, impegnato nelle lotte contro
la discriminazione razziale e degli obiettori di coscienza
nella guerra del Vietnam, ha ricordato che ci si trova davanti
ad "una violazione delle norme e dei principi costituzionali
che ispirano questo paese. Una discrezionalità presidenziale
che si configura come abuso di potere da parte del presidente".
Questo perché il concetto di "associazione terroristica" è
stato tenuto volutamente ampio e vago: al suo interno (non
per niente si parla già da tempo del "terrorismo ecologico"
di alcune associazioni ambientaliste, di "terrorismo informatico",
ecc.), ci può stare di tutto. L'Inghilterra non ha perso tempo
nel seguire le orme dell'ex colonia: la nuova legge antiterrorismo
dà alla polizia maggiori poteri e prevede il carcere per atti
di protesta come "rivelare l'itinerario dei treni che trasportano
scorie nucleari o rifiuti tossici". Greenpeace è avvisata!
Diritto internaziona1e: quando le regole non valgono per tutti
Da Carter fino a Clinton e Bush junior, tutti i presidenti
americani hanno sempre sottolineato l'importanza dei diritti
umani, quando questa retorica serviva per denunciare l'inefficienza
dell'Onu; depotenziamento di cui - è bene ricordarlo - loro
sono stati tra i maggiori responsabili sia sul piano politico
che economico. Gli Stati Uniti hanno usato la legge internazionale,
solo quando portava loro qualche vantaggio o non entrava in
conflitto con la propria normativa: se nel '79 denunciarono
l'Iran alla Corte internazionale di giustizia dell'Aja perché
teneva in ostaggio dei diplomatici americani, quattro anni
dopo rifiutarono di riconoscere la giurisdizione di quella
stessa Corte a seguito della denuncia nei loro confronti da
parte del Nicaragua che li accusava di sostenere attività
militari e paramilitari all'interno del proprio territorio
nazionale. In tale occasione, Washington aveva esplicitamente
ordinato all'esercito mercenario dei contras antisandinisti
(definiti da Reagan "combattenti per la libertà") di colpire
obiettivi non militari (soft targets), ovvero i civili indifesi.
In sostanza, un via libera ad operazioni terroristiche. Tutti
i commentatori del tempo, sulle maggiori testate americane,
lodarono l'efficacia dei metodi utilizzati al fine "di rovinare
l'economia (del Nicaragua) e condurre per procura una guerra
lunga e sanguinosa". Pur essendo attaccato dal Golia del continente
(armamenti, supporto logistico, consiglieri militari, istruttori,
controllo aereo, ecc. erano tutti made in Usa), Managua non
pensò di bombardare la capitale statunitense come legittimo
atto di ritorsione nei confronti di chi stava massacrando
il suo popolo. Così decise di affidarsi al diritto internazionale
e quindi di ricorrere alla Corte internazionale dell'Aja,
la quale le diede ragione, ordinando nel contempo agli Stati
Uniti di fermarsi e di ripagare i danni materiali causati.
Washington non solo respinse con sdegno tale sentenza, ma,
in tutta risposta, intensificò gli attacchi omicidi. Pazientemente
il Nicaragua si appellò al Consiglio di sicurezza delle Nazioni
Unite. Questo mise a punto una risoluzione che chiedeva a
tutti gli stati, indistintamente, di obbedire al diritto internazionale,
ma gli Stati Uniti posero il loro veto. Allora Managua si
rivolse all'Assemblea generale dell'Onu, dove fu presentata
una mozione simile alla precedente, ottenendo finalmente l'approvazione
della maggioranza (153 voti), meno quella di due membri: Stati
Uniti e Israele. Il passaggio che non approvavano era quello
in cui si affermava che "nulla nella presente risoluzione
può in alcun modo pregiudicare il diritto all'autodeterminazione,
alla libertà, all'indipendenza così come rivendicato nella
Carta delle Nazioni Unite, dei popoli privati con la forza
del loro diritto, in particolare i popoli soggetti a regimi
coloniali razzisti e all'occupazione straniera o ad altre
forme di dominazione coloniale, né il diritto dei popoli a
lottare per questo fine e a cercare e ricevere aiuto". In
pratica le lotte di liberazione o antirazziste, così come
difendere il proprio territorio da attacchi esterni che ne
minacciassero l'integrità, erano legittime. In sostanza, gli
Stati Uniti sono l'unica nazione al mondo condannata per terrorismo
dalla Corte internazionale, che si è rifiutata di sottostare
al diritto accogliendo una risoluzione, la cui richiesta a
tutti i governi era semplicemente quella di rispettare le
leggi in vigore.
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