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2003: un anno di guerre imperiali, crisi economiche e sollevazioni popolari
di James Petras | 28 dicembre 2002

Le lotte politiche e sociali del decennio passato hanno provato ancora una volta che i "profeti" dei lunghi cicli basati sulle proiezioni economiche non possono comprendere gli eventi più fondamentali della storia contemporanea. Non sono le "forze della produzione" ma le "relazioni sociali della produzione" comprese ampiamente come potere statale, sistemi produttivi e relazioni di classe che sono le forze guida della storia.

Essenzialmente il nome del sistema non è un amorfo "capitalismo mondiale" o "impero" ma un sistema imperialista. Il sistema non è controllato da un "centro" e da una "periferia" sociologicamente vacui ma concretamente da uno stato imperiale USA che ha ricolonizzato il terzo mondo e subordinato i rivali imperiali in Europa ed in Asia. Lo stato imperiale non è puramente un prodotto delle "forze di mercato" ma il risultato di un potere militare e politico dettato dalle classi dominanti nelle economie imperiali guida. Il comportamento delle classi dominanti è meno un derivato dei "lunghi cicli" e più un risultato delle loro politiche strategiche ed alleanze politiche. Per capire gli eventi determinanti di passato, presente e futuro dobbiamo avere una teoria che sia derivata da forze politiche chiaramente identificate che agiscono in circostanze concrete e non proiezioni a lungo termine basate su formulazioni astratte separate dal principio politico e dalle lotte sociali.

Vi sono quattro lotte storiche globali nel sistema imperialista. La prima è la lotta dell'imperialismo USA per conquistare il mondo, con guerre ( Iraq, Afghanistan ), presenza militare ( Colombia ), blocchi economici ( Venezuela ), minacce con armi di distruzione di massa (Corea del Nord) e ricatto diplomatico (Europa e Giappone). La seconda principale lotta si trova nei movimenti di liberazione nazionale e sociale, nella loro resistenza all'imperialismo e nella loro capacità di conquistare spazio politico - nelle strade, campagne, giungle e parlamenti in tutto il mondo. La terza grande lotta è tra le classi dominanti di USA, Europa e Giappone che cercano di espandere investimenti, scambi e conquistare mercati in tutto il mondo ed i lavoratori salariati, stipendiati e disoccupati che soffrono delle conseguenze del rapido deterioramento delle economie nazionali. Il quarto grande conflitto è tra i regimi imperialisti di guerra e conquista ed i movimenti antimperialisti e pacifisti in Europa, Medio Oriente, America Latina, Asia, Nord Africa e Nord America. I risultati delle loro lotte avranno un profondo impatto sul futuro dell'umanità nel prossimo decennio.

Nel breve termine, lo stato imperialista USA è preparato ad impegnarsi in una serie di guerre di conquista, cominciando con l'Afghanistan, l'Iraq e la Corea del Nord e continuando con il Venezuela, l'Iran ed altri paesi ricchi di petrolio. E' probalile che il risultato rafforzi la posizione geopolitica, geopetrolifera e militare degli USA nell'economia mondiale.

Comunque, allo stesso tempo l'economia interna sta entrando in una profonda recessione che indebolirà le fondamenta finanziarie e fiscali domestiche dell'impero ed avrà un profondo impatto negativo sulle economie dei regimi pro imperialisti in tutto il mondo che dipendono dai mercati e dagli investimenti USA.

L'impatto combinato di guerre imperialiste di conquista ed una recessione mondiale rafforza la posizione dei movimenti di liberazione avanzati nel Terzo Mondo: il crollo del neoliberalismo, la spaccatura del 'libero commercio' e l'indebolimento dei clientes pro USA come anche dei regimi di centrosinistra favorisce i movimenti della sinistra extraparlamentare. Sono probabili importanti sollevazioni nel mondo arabo, potenti movimenti in America Latina potrebbero rovesciare il regime in Argentina, Bolivia, Ecuador ed altrove. Aumenterà la pressione politica per trasformazioni sociali in Venezuela, Brasile, Uruguay e Perù. Gli effetti combinati delle guerre imperiali, delle crisi economiche e di potenti movimenti di liberazione saranno un potente stimolo alla crescita di movimenti di massa in Europa e di ampiezza minore in Giappone e Nord America. Una significativa lotta emergerà particolarmente in Francia, Italia e Spagna per sfidare la complicità dei regimi con le guerre di conquista degli USA. La crescente disoccupazione risultante dalla recessione ed i tagli ai salari ed alla previdenza sociale possono radicalizzare i movimenti europei.

Gli effetti politici delle guerre imperiali, della recessione mondiale e la crescita dei movimenti di liberazione in tutto il mondo e probabile che si intrometta nella politica interna USA. Comunque, la propaganda del terrore in tutti i mass media, la sorveglianza su vasta scala dello stato di polizia, una direzione sindacale corrotta ed impotente ed un sistema a due partiti legato allo stato imperialista limiterà l'influenza politica diretta di un crescente movimento pacifista ed antiglobalizzazione negli USA.

Gli stati europei, nonostante i loro conflitti commerciali con gli USA e le loro "riserve" simboliche e senza valore sulle guerre di conquista degli USA, non offrono alcuna opposizione decisa. Il "dibattito" alle Nazioni Unite sulle guerre USA è di facciata: gli USA sono stati capaci di assicurarsi una risoluzione che fornisce il pretesto per la guerra; l'arbitrario impossessarsi da parte degli USA della documentazione sottoposta al Consiglio di sicurezza dell'ONU e l'eliminazione di ottomila delle undicimila pagine ha incontrato poca opposizione. Senza presentare alcuna prova che l'Iraq fosse in "rottura materiale" di una risoluzione dell'ONU, gli USA hanno programmato un'invasione dell'Iraq nel febbraio del 2003. L'Europa si è lamentata e quindi sottomessa al diktat USA.

In Estremo Oriente, Washington ha rotto l'accordo per la fornitura di energia alla Corea del Nord, accusando quel paese di essere una minaccia terroristica e prepara una guerra di aggressione. La Corea del Sud ed il Giappone si lamentano dell'aggressione USA, ma si sottomettono. L'opposizione viene da milioni di sud coreani che temono più che i nord coreani temono gli USA.

Il 2003 sarà un anno decisivo per conformare il resto del decennio:

nel breve termine l'imperialismo USA conquisterà l'Iraq con l'uso di armi di distruzione di massa in parte basato sulle informazioni degli ispettori agli armamenti delle Nazioni Unite. Il fatto che la maggior parte degli armamenti iracheni siano stati distrutti dalle precedenti squadre di ispettori dell'ONU semplificherà una facile conquista militare. Il sostegno degli stati clienes degli USA in Medio Oriente ( Kuwait, Turchia, Oman ) e del suo alleato Israele assicurerà il successo imperiale. L'offensiva militare imperiale è basata sul monopolio di Washington delle armi di distruzione di massa e sugli sforzi per impedire che altri paesi le sviluppino. La campagna per disarmare e distruggere la capacità militare dell'Iraq è basata sulla strategia imperiale di indebolire i paesi che sono futuri obiettivi ed impedirgli il possesso di armi di deterrenza. Le minacce di Rumsfeld di fare guerra alla Corea del Nord cercano di prevenirla dallo sviluppare i mezzi militari per resistere ad un'invasione USA. L'ideologia dell'"antiterrore" e della "guerra alle armi di distruzione di massa" sono strumenti di propaganda per permettere che la conquista imperiale USA avvenga con l'impunità, con poche vittime USA, con il minimo di costi politici interni ed il massimo di perdite materiali per il paese obiettivo.

Comunque, il successo militare a breve termine dello stato imperiale non impedirà l'acuirsi della recessione - la inasprirà. Prezzo del petrolio in crescita, un dollaro in declino e deficit esplosivi metteranno a dura prova l'economia USA. I costi delle conquiste imperiali saranno scaricati sui lavoratori negli USA e, in misura ancora maggiore, sul Terzo Mondo, soprattutto l'America Latina. Questo prenderà la forma di un maggiore trasferimento di ricchezza ed una maggiore militarizzazione. I regimi clientes dell'America Latina saranno costretti ad accettare le regole dell'impero attraverso l'ALCA. Washington chiederà la privatizzazione delle risorse petrolifere statali in Ecuador, Venezuela e Messico, un puntuale, completo pagamento dei debiti ed un ulteriore abbassamento delle barriere commerciali. L'imposizione di costi aggiuntivi all'America Latina per la costruzione dell'impero accade nel momento nel quale avvengono importanti scontri sociopolitici in Colombia, Venezuela, Argentina e Bolivia e l'esistente modello neoliberale sta crollando oppure è sull'orlo del collasso in Brasile, Paraguay e Perù.

Washington troverà estremamente difficile spremere maggiori risorse economiche dall'impoverito ma combattivo popolo dell'America Latina. Nel medio periodo, lo scontro tra il costo militare dell'impero e la declinante economia nazionale, il sorgere di movimenti di liberazione ed il crollo delle economie neoliberali dell'America Latina eserciterà molto probabilmente un'enorme pressione sui regimi di "centrosinistra" che cercano di navigare a "mezza via" - combinando accordi internazionali con l'impero con riforme sociali interne. La catena dell'impero mondiale di Washington ha il suo anello più debole in America Latina.

Lo sviluppo ineguale dei movimenti sociopolitici in America Latina, la loro frammentazione e la mancanza di una guida nazionale è la più seria debolezza strategica di fronte alla potenza militare ed economica centralizzata dello stato imperiale USA. Mentre il  World Social Forum è utile come terreno d'incontro per diversi dibattiti e conferenze, esso non fornisce la coesione programmatica e strategica necessaria per sconfiggere l'avanzata dell'impero e la decadenza dei regimi clientes. Quello che ci si può aspettare è che avranno luogo cambiamenti profondi a livello degli stati nazione, che a loro volta possono servire come un polo politico o "asse della virtù" per fornire sostegno politico ai crescenti movimenti di liberazione in altri paesi.

Nessuno può predire le piene conseguenze delle guerre imperiali USA nel 2003 perché molto dipenderà dalla risposta soggettiva dei popoli del mondo. Molto dipende dalla risposta a molte questioni politiche. La guerra precipiterà in una sollevazione in Arabia Saudita portando ad un più ampio intervento USA e ad una escalation del conflitto? Israele espellerà milioni di palestinesi durante l'invasione USA dell'Iraq facendo precipitare la situazione in una nuova serie di conflitti arabo-israeliani? Gli accordi dell'FMI con il Brasile porteranno ad una maggiore caduta, una crisi del regime ed un'ulteriore radicalizzazione? I regimi europei possono continuare ad essere complici degli USA di fronte ad una crescente crisi economica, la nascita di movimenti di massa e il possibile taglio delle forniture di petrolio? Le risposte a queste domande non possono essere dedotte da astratte formule economiche sulla "Crisi del capitalismo mondiale". Le risposte saranno indotte dal livello della coscienza di classe e nazionale espresse attraverso l'intervento politico diretto.