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PIPELINEISTAN

Parte I - Le regole del gioco di Pepe Escobar

Guerra contro il terrorismo? Assolutamente no. Ricordate: è per il petrolio.

Basta un rapido sguardo alla carta geografica. Non è una coincidenza che la mappa del terrore in Medio Oriente ed in Asia Centrale sia praticamente intercambiabile con la mappa del petrolio. vi sono Giustizia Infinita, Libertà Duratura - ed Eterni Profitti da fare: non solamente dal complesso industrial-militare americano, ma specialmente dai giganti del petrolio americani ed europei.

Dov'è in questi giorni il regno dell'ex segretario di stato James Baker, dell'ex consigliere per la sicurezza nazionale Brent Scowcroft, dell'ex capo di gabinetto della Casa Bianca John Sununu e dell'ex segretario alla difesa ed attuale Uomo Invisibile Dick Cheney? Stanno tutti felicemente sognando e lavorando per la nascita di Pipelineistan.

Pipelineistan è il futuro dorato: un paradiso di opportunità nella forma di 5 trilioni di dollari di petrolio e gas nel bacino del Caspio e delle ex repubbliche sovietiche dell'Asia Centrale. Nella petrostrategia globale di Washington si suppone che ciò sia la fine della dipendenza americana dal petrolio dell'OPEC. Questo è naturalmente il nocciolo della questione nel Nuovo Grande Gioco - nei confronti del quale l'originale Grande Gioco el 19° secolo tra la Russia zarista e l'impero britannico era un infantile passatempo con i soldatini di stagno.

L'Afganistan stesso ha del gas naturale nel nord del paese, vicino al Turkmenistan. Ma più importante è la sua posizione ultra-strategica: tra il Medio Oriente, l'Asia Centrale e l'Asia Meridionale, tra il Turkmenistan e gli avidi mercati del subcontinente indiano, la Cina ed il Giappone. L'Afganistan è nel cuore del Pipelineistan.

Il Caspio contiene almeno 200 milioni di barili di petrolio, e l'Asia Centrale possiede 6,6 trilioni di metri cubi di gas naturale che si sono appena iniziati a sfruttare. L'Uzbekistan ed il Turkmenistan sono i due maggiori produttori: il Turkmenistan non è niente di meno che una "repubblica del gas". A parte il petrolio ed il gas, vi sono rame, carbone, tungsteno, zinco, ferro, uranio e oro.

Le uniche vie d'esportazione per ora passano attraverso la Russia. Così la maggior parte del gioco consiste nel costruire condutture alternative verso la Turchia e l'Europa occidentale, e verso est per i mercati dell'Asia. L'India sarà un giocatore chiave. L'India, l'Iran, la Russia ed Israele stanno tutti progettando di fornire petrolio e gas all'Asia del sud e sudest attraverso l'India.

E' interessante notare che tutti questi paesi o regioni che sono di impedimento alle rotte del Pipelineistan verso ovest hanno subito una diretta interferenza o una guerra aperta: la Cecenia, la Georgia, il Kurdistan, la Jugoslavia e la Macedonia. Verso est i problemi principali sono gli Uiguri dello Xinjiang nell'estremo occidente della Cina e, fino a poco tempo fa, l'Afganistan.

Ma è impegnato molto di più dell'Afganistan. Quello che è in gioco è l'Eurasia. Zbigniew Brzezinski,  super falco ed ex consigliere per la sicurezza nazionale di Jimmy Carter, accentuava le sue personali emozioni sull'Eurasia: "75% della popolazione mondiale, la maggior parte delle ricchezze materiali, il 60% del PNL mondiale, il 75% delle risorse di energia e, dopo gli USA, le sei più prospere economie ed i sei maggiori bilanci militari".  Brzezinski sottolineò che gli USA dovrebbero fare in modo che "nessun'altra potenza prenda possesso di tale spazio geopolitico".

I numeri parlano chiaro. Secondo l'Ente USA per le Informazioni sull'Energia, nel 2001 l'America ha importato una media di 9,1 milioni di barili al giorno - più del 60% del proprio fabbisogno di petrolio greggio. Nel 2020, la richiesta sarà di quasi 26 milioni di barili al giorno di importazione. Dunque Pipelineistan, nel Caucaso ed in Asia Centrale non può non essere un obiettivo militare strategico n. 1 per l'occidente, il Giappone e specialmente per gli USA stessi.

In questo grande disegno geostrategico i talebani erano la proverbiale mosca sull'unguento. La guerra afgana venne decisa molto prima dell'11 settembre. L'11 settembre ha solamente fatto precipitare gli eventi. I piani per distruggere i talebani erano oggetto di discussioni diplomatiche e non da mesi prima dell'11 settembre. Vi fu un incontro cruciale a Ginevra nel maggio 2001 fra funzionari USA del Dipartimento di Stato, iraniani, tedeschi ed italiani dove l'argomento principale era la strategia per rovesciare i talebani e rimpiazzare la teocrazia con "un governo a larga rappresentanza". La questione venne ancora sollevata con forza al vertice del G8 a Genova, in Italia, nel luglio 2001e l'India - osservatore al summit - contribuì con propri piani.

Non casualmente, il Pipelineistan fu l'argomento centrale di negoziati segreti in un hotel di Berlino, pochi giorni dopo il summit del G8, fra funzionari americani, russi, tedeschi e pakistani. A condizione dell'anonimato, alti funzionari pakistani hanno descritto ampiamente un piano preparato alla fine del luglio 2001 da consiglieri americani consistente in attacchi militari contro i talebani da lanciare prima di metà ottobre da basi in Tagikistan.

Più recentemente, mentre la maggior parte della gente era distratta dai festeggiamenti per il nuovo anno, e solamente nove giorni prima che il governo d'interim di Hamid Karzai prendesse il potere a Kabul, Bush II nominava il suo inviato speciale in Afganistan. Non è una sorpresa che sia l'afgano-americano Zalmay Khalizad - ex consulente del gigante dell'energia della California UNOCAL. Khalizad non perse tempo e prese il primo aereo per l'Asia Centrale. La squadra di Bush II non cerca neppure di nascondere che tutto il gioco è sul petrolio. La c.d. nuova "politica afgana" dell'America viene condotta da gente intimamente collegata agli interessi dell'industria del petrolio in Asia Centrale.

Nel 1997 la UNOCAL guidava un consorzio internazionale - il Centgas - che raggiunse un'intesa sulla costruzione di una pipeline di gas naturale da 2 miliardi di dollari, lunga 1.275 km. e larga 1.5 m. da Dauletabad, nel sud del Turkmenistan, a Karachi in Pakistan, attraverso le città afgane di Herat e Kandahar, attraversando il confine con il Pakistan vicino a Quetta. Venne anche considerata un'estensione in India da 600 milioni di dollari. Le trattative con i talebani vennero agevolate dall'amministrazione Clinton e dall'ISI pakistano. Ma la guerra civile in Afganistan semplicemente non terminò. L'UNOCAL dovette rinunciare.

Le conglomerate americane dell'energia, attraverso l'OPIC, stanno ora facendo riemergere questo ed altri progetti. Il progetto UNOCAL venne discusso già lo scorso ottobre ad Islamabad tra il ministro del petrolio pakistano Usman Aminuddin e l'ambasciatore USA Wendy Chamberlain. L'esuberante dichiarazione ufficiale recita: La pipeline apre nuove strade alla cooperazione regionale multidimensionale, particolarmente in vista dei recenti sviluppi geopolitici nella regione".

Ma vi sono problemi pratici con tali "nuove strade". Gli specialisti dell'Istituto James Baker (chi altri?) del Texas sottolineano che i principali beneficiari sarebbero il Turkmenistan e l'Afganistan - che in sè stessa non sarebbe una cattiva idea: l'Afganistan farebbe qualche guadagno e forse sarebbe un poco più stabile. Per quanto riguarda il gas, liquefatto ed esportato da Karachi, sarebbe troppo costoso in confronto al gas dal Medio Oriente.

La UNOCAL ha anche un progetto per la costruzione della c.d. Pipeline del petrolio dell'Asia Centrale, lunga quasi 1.700 km., che collega Chardzou in Turkmenistan alle esistenti condotte russe del petrolio della Siberia ed anche alla costa pakistana del Mare Arabico. Questa pipeline porterà un milione di barili di petrolio al giorno da diverse aree delle ex repubbliche sovietiche, e correrà parallela al tracciato della pipeline del gas attraverso l'Afganistan.

Khalizad è realmente un personaggio molto interessante. E' stato sempre un grande sostenitore dei talebani. Quattro anni fa scrisse sul Washington Post che "i talebani non praticano il tipo di fondamentalismo anti USA praticato dall'Iran". Khalizad abbandonò i talebani solamente dopo che Bill Clinton lanciò sull'Afganistan 58 missili nell'agosto 1998, come rappresaglia per il preteso coinvolgimento di Osama bin Laden e Al Qaeda negli attentati alle ambasciate USA in Kenya e Tanzania. Un giorno solo dopo gli attacchi la UNOCAL bloccò il Centgas, e due mesi più tardi abbandonò i piani della pipeline transafgana.

Poco più di un anno fa Khalizad riapparve sulla stampa nel Washington Quarterly, ora mettendo l'accento sui suoi quattro motivi per i quali sbarazzarsi del regime talebano al più presto possibile: Osama bin Laden, il traffico di oppio, l'oppressione del popolo afgano e, ultimo ma non meno importante, il petrolio.

Fonti della diaspora afgana a Parigi commentano acidamente che Khalizad sarà trattato nientemeno che come un traditore dagli afgani fieramente liberi ed indipendenti. Nato a Mazar-i-Sharif nel 1951, fa parte della classe dirigente afgana. Il padre era un consigliere del re Zahir Shah. Khalizad studiava nella notoriamente conservatrice Università di Chicago quando l'Afganistan fu invaso dall'Armata Rossa nel dicembre 1979.

Più tardi egli divenne cittadino americano e consigliere speciale del Dipartimento di Stato durante gli anni di Reagan. Fu un accanito lobbista per un maggiore aiuto militare ai mujahedeen durante la jihad anti URSS - facendo campagna per un'ampia distribuzione di missili Stinger.

Khalizad fu sottosegretario alla difesa per Bush I durante la guerra contro l'Iraq. Dopo un periodo all'istituto Rand Corp., capeggiò la squadra di transizione Bush-Cheney per il Dipartimento della Difesa e fu consigliere di Donald Rumsfeld. Ma non venne ricompensato con alcuna promozione. La richiesta conferma del Senato avrebbe sollevato domande estremamente scomode sul suo ruolo di consigliere UNOCAL e leale difensore dei talebani. Venne invece assegnato al Consiglio per la Sicurezza Nazionale - non è richiesta alcuna conferma da parte del Senato - dove fa rapporto al Consigliere per la Sicurezza Nazionale Condoleezza Rice.

La Rice stessa è ex consulente di una società petrolifera. Durante l'era di Bush I, dal 1989 al 1992, è stata nel consiglio di amministrazione della Chevron, ed era la principale esperta sul Kazakistan. La Chevron ha investito più di 20 miliardi di dollari nel solo Kazakistan. Come per l'Uomo Invisibile, il Vicepresidente Dick Cheney, per cinque anni presidente della Halliburton, una delle principali fornitrici di servizi per l'industria petrolifera presente in 130 paesi, con 100.000 dipendenti, un fatturato di quasi 20 miliardi di dollari, membro dei Fortune 400. Cheney ha fatto molti affari con la criminale dittatura birmana ed ha investito pesantemente in Nigeria.

Sia Cheney che Bush II hanno passato un'importante parte della loro carriera nella Arbusto, una piccola società diretta da Cheney. La Arbusto non ha mai fatto soldi, ma è stata generosamente sostenuta da sauditi molto ricchi. Tra gli azionisti vi era un certo James Bath, molto intimo di Bush I e capo riciclaggio denaro sporco per dubbie superstar del Golfo, incluso un certo Salem bin Laden, uno dei 17 fratelli di Osama bin Laden.

Tutti i segretari di stato americani dalla seconda guerra mondiale sono stati connessi con l'industria petrolifera - eccetto due: uno di loro è Colin Powell, ma nel suo caso il presidente, il vice presidente ed il consigliere per la sicurezza nazionale ne comunque fanno tutti parte.

Dunque, nella plutocrazia al potere tutti conoscono le regole dello spietato gioco: l'Asia Centrale ha un ruolo cruciale nella petrostrategia globale di Washington. Così lo è un governo "amico" in Afganistan - ora guidato da un Hamid Karzai sempre vestito impeccabilmente e dall'inglese fluente. Non importa che le menti indipendenti dell'Asia Centrale in esilio in Europa unanimemente ridicolizzino Karzai come null'altro che un talebano egli stesso, ed i suoi ministri dell'Alleanza del Nord un gruppo di criminali.

Per quanto riguarda i media americani controllati dalle corporations - dalle reti TV ai quotidiani - essi praticano solamente l'autocensura e rimangono muti su tutte queste connessioni.

http://www.atimes.com

Parte II - I giochi delle nazioni di Pepe Escobar

Due mesi fa la Casa Bianca era enormemente felice dell'apertura ufficiale della prima nuova pipeline del Consorzio Pipeline del Caspio - una joint venture comprendente la Russia, il Kazakistan, l'Oman, la Chevron-Texaco, la Exxon-Mobil ed un gruppo di altre società minori.

Questa pipeline da 2.65 milioni di dollari collega l'enorme campo petrolifero di Tengiz nel nordovest del Kazakistan al porto russo di Novorossiysk sul Mar Nero: da lì il limite è il cielo, cioè il mercato mondiale. Secondo la Casa Bianca Bush II sta sviluppando "una rete di condotte multiple dal Caspio che include anche le pipeline petrolifere di Baku-Tbilisi-Ceyhan, Baku-Supsa e Baku-Novorossiysk e la pipeline del gas Baku-Tbilisi-Erzurum". Dunque, uno dei nodi chiave della petrostrategia americana è composto da Azerbaijan, Georgia e Turchia.

Il consorzio della pipeline Baku-Ceyhan, guidato dalla British Petroleum, è rappresentato dallo studio legale Baker & Botts. Il principale avvocato non è niente meno che la superstar texana James Baker - segretario di stato sotto Bush I e capo portavoce per la campagna elettorale del 2000 di Bush II quando è stata soppressa la riconta dei voti in Florida.

La scandalosa Enron, con base nel Texas, l'Amoco, Chevron, Mobil, UNOCAL e British Petroleum, stavano tutte spendendo miliardi di dollari per pompare le riserve dell'Azerbaijan, Kazakistan e Turkmenistan. Baker, Scowcroft, Sununu e Cheney hanno tutti concluso direttamente ed indirettamente importanti accordi  per conto delle compagnie petrolifere. Ma ora lo scandalo Enron è esploso proprio in faccia all'industria petrolifera - ed alla amministrazione di Bush II. Sarà molto interessante vedere cosa farà di tutto ciò la tradizione americana di giornalismo investigativo.

Una volta la Enron aveva un valore di mercato di 70 miliardi di dollari. Ha chiesto il fallimento nel dicembre 2001 dopo avere ammesso di aver sovrastimato i profitti di quasi 600 milioni di dollari. Paul Krugman ha scritto che "la Enron ha aiutato Dick Cheney a stendere un piano dell'energia che sembra essere stato scritto da e per le società che consigliarono la sua task force". I criminali della Enron - intimi amici di Cheney e Bush II - mettono in ombra ciò che tutti i  "compari capitalisti" americani trovavano da ridire prima e dopo la crisi finanziaria asiatica.

Nell'industria petrolifera i banditi non mancano mai. Il Turkmenistan e l'Azerbaijan  hanno imtime relazioni con l'intelligence militare israeliano. Un c.d. "ex" agente dell'intelligence israeliano, Yousef Maiman, presidente del Mehrav Group israeliano, non è niente meno che "ambasciatore speciale", negoziatore ufficiale e perfino responsabile della politica di sviluppo delle enormi risorse energetiche del Turkmenistan.

Maiman è cittadino della repubblica del gas per decreto presidenziale - firmato dal presidente stesso, il leggendario megalomane Saparmurad Niazov, ex membro del Politburo sovietico. Maiman, secondo il Wall Street Journal, è attivamente coinvolto nel portare avanti gli "obiettivi geopolitici di USA e Israele" in Asia Centrale. Certamente no perde tempo: "Controllare le vie di trasporto significa controllare il prodotto". Nessuno sa da dove provenga il denaro della Mehrav.

Le pipeline progettate dalla Mehrav escludono sia l'Iran che la Russia. Ma, dopo la conquista dell'Afganistan, fonti dell'ambiente petrolifero a Singapore dicono che la Mehrav potrebbe considerare di trattare con l'Iran. E' tutto relativo all'importanza del mercato turco. La Russia ed il Turkmenistan competono aspramente per conquistare il mercato turco del gas. Considerando la relazione strategica tra Turchia e Israele, il gioco israeliano consiste nel prevenire la dipendenza strategica della Turchia dall'Iran. La Turchia fa parte della NATO ed è un alleato chiave degli USA. Gli USA e la Gran Bretagna periodicamente bombardano l'Iraq da basi turche - dalle quali pattugliano le unilateralmente dichiarate "no-fly zones". Queste "no-fly zones" non vengono ovviamente sanzionate dall'ONU.

La Mehrav è anche coinvolta nel criminale progetto di ridurre il flusso d'acqua all'Iraq deviando le acque dei fiumi Tigri ed Eufrate verso il sudovest della Turchia. Anche la Magal Security Systems, una società israeliana, è impegnata in Turchia: essa provvederà alla sicurezza per i 2000 km. della pipeline dal Mar Caspio al porto turco sul mediterraneo di Ceyhan.

La Enron, infestata di criminali, la più grande donatrice di fondi per la campagna elettorale di Bush nel 2000, era ubiquitaria: conduceva studi di fattibilità per la costruzione della Transcaspian pipeline da 2,5 miliardi di dollari da parte di una joint venture siglata quasi tre anni fa tra il Turkmenistan, la Bechtel e la General Electric. Il tramite dell'affare non era niente meno che il Mehrav Group. Il presidente Maiman ha speso una fortuna per assumere la ditta di lobbying di Washington Cassidy and Associates allo scopo di convincere la Washington ufficiale sul progetto della Transcaspian pipeline.

L'intricata relazione tra Israele, la Turchia e gli USA significa che, come la Transcaspian pipeline, anche la pipeline Baku-Ceyhan è assolutamente cruciale. Essa potrebbe essere estesa per portare petrolio direttamente all'assetata Israele. Durante gli anni di Clinton i giganti petroliferi erano sotto tremenda pressione per costruire condutture est-ovest. Ma tutti questi preferivano costruire condotte nord-sud - molto più economiche, ma con l'inconveniente di dover attraversare l'Iran, un assoluto anatema per Washington.

La Russia ha già un contratto con il Turkmenistan per acquistare 30 miliardi di metri cubi di gas all'anno. Ciò rappresenta un grosso colpo ai sogni USA, la Transcaspian pipeline. Ciò significa pure che la Russia non lascerà mai uscire dalla propria sfera d'influenza senza un tremendo scontro. Le repubbliche dell'Asia Centrale sono ai suoi confini, la Russia le ha dominate per secoli e lì vivono ancora milioni di russi. Il russo è ancora la lingua che tutti usano per fare affari l'una con l'altra.

Grazie al campione di scacchi politici Vladimir Putin, la Russia ora è in ottimi rapporti con Washington - e l'antipatia US-Iran apparentemente sta diminuendo. La Russia potrebbe alla fine diventare un partner di Washington in almeno alcuni dei suoi giochi in Asia Centrale - come il Consorzio per la Pipeline del Caspio. La mappa della regione rivela anche che l'Iran, a parte detenere importanti riserve di gas, offre il migliore accesso diretto dal Mar Caspio al Golfo Persico, da dove il petrolio ed il gas possono essere velocemente esportati nei mercati asiatici.

L'Iran ritiene, non del tutto senza ragione, di essere di diritto il guardiano dell'Asia Centrale a causa di secoli di legami etnici, storici, linguistici e religiosi. E l'Iran è ben conscio che i collegamenti militari americani ed ora la loro presenza fisica in Asia Centrale fanno parte di una strategia per circondarlo. Ma, persino in mezzo a così numerose inaspettate difficoltà geopolitiche ed ideologiche, resta il fatto che finché gli USA saranno militarmente coinvolti in Afganistan vi sarà una qualche specie di incontro diplomatico USA-Iran.

Sotto il controllo dell'Ente Nazionale Petrolio della Cina (CNPC), alcune condotte dall'Asia Centrale raggiungeranno anche lo Xinjiang cinese. Fonti dell'ambiente a Singapore sottolineano che ciò significherà certamente un declino per le rotte marine attraverso l'Oceano Indiano ed il Pacifico. Washington è più che consapevole - attraverso i suoi istituti di studio - delle conseguenze: un estremamente probabile riallineamento strategico tra Cina, Giappone e Corea.

I cinesi tengono gli occhi su una sola terrificante prospettiva: l'accerchiamento della Cina da parte degli USA. Washington sta pensando alla robusta economia cinese. Nonostante qualsiasi "guerra al terrorismo", la Cina resta il competitore chiave degli USA nel 21° secolo. Con l'Afganistan nel sacco, la UNOCAL sogna mostruosi profitti nel mercato asiatico - molto più alti che in Europa - mentre Washington sorveglia da vicino l'economia cinese: crescita dell'8% nel 2000, 7% nel 2001, e necessità di tutto il petrolio e gas che possa prendere. Gli strateghi cinesi lavorano notte e giorno per sviluppare forme locali di produzione di energia.

Ciò che accadrà prossimamente sarà strettamente collegato alle deliberazioni dello Shanghai Five, ora Shanghai Six, o, più burocraticamente, l'Organizzazione per la Cooperazione di Shanghai (SCO); la Cina e la Russia, più quattro repubbliche centroasiatiche (Kazakistan, Kirghisistan, Tagikistan e Uzbekistan). Manovrando con estrema cura la Cina usa lo SCO per allineare economicamente e politicamente la Russia verso la Cina ed il nordest dell'Asia. Allo stesso tempo la Russia usa lo SCO per mantenere la propria tradizionale egemonia in Asia Centrale. Il nome del gioco per solidificare l'alleanza è l'esportazione russa delle sue enormi riserve di petrolio e gas.

Dalla guerra della NATO contro la Jugoslavia e l'occupazione de facto del Kosovo - dove gli americani hanno costruito la loro più grande base militare dalla guerra del Vietnam - la Cina e la Russia si sono concentrate sulla Cecenia e lo Xinjiang musulmano. Almeno per il momento, l'America non ha assolutamente alcun modo per interferire in questi problemi interni, dal momento che la Cina e specialmente la Russia appoggiano la guerra al terrorismo.

I talebani non sono mai stati un bersaglio nella "guerra al terrorismo". Essi erano semplicemente un capro espiatorio - meglio, un orda di guerrieri medievali capri espiatori che semplicemente non hanno adempiuto al loro contratto: inserire l'Afganistan nel Pipelineistan. Tutti i giocatori della regione ora sanno che gli USA sono in Asia Centrale per rimanervi, come Washington stessa sta ripetendo ad alta voce in queste ultime settimane, ed influenzerà o tempererà l'economia e la geopolitica della regione. Il mondo intero è assolutamente inconsapevole che questa è la vera posta nel Nuovo Grande Gioco.

All'epoca della guerra del Golfo gli USA non mostrarono alcun interesse nel rimpiazzare "Satana" Hussein. Ciò avrebbe seriamente compromesso il piano americano di impiantare basi nella penisola arabica con il conveniente pretesto di aiutare i poveri sceicchi arabi contro il mostro del male iracheno. Più di dieci anni dopo, Satana Hussein è ancora lì, Bush I è ora Bush II, e falchi vari del Pentagono sono ancora furiosi, e cercano di fabbricare tutte le scuse per riportare Saddam ai tempi della Mesopotamia. Ma Saddam non verrà attaccato perchè egli è la ragione ultima per le basi militari americane nel Golfo - uno splendido affare, soprattutto perchè le spese vengono pagate dagli ultraricchi sceiccati. Ora, dopo la (non ancora conclusa) Nuova Guerra Afgana le forze americane si stanno già sistemando in Asia Centrale e Meridionale ancora una volta per "proteggere gli interessi del mondo libero".

Non verrà ricordato mai abbastanza che dopo la fine del regime comunista in Afganistan, la strategia americana è stata di lasciare scatenare deliberatamente l'estremismo islamico - una maniera perfetta per impaurire gli instabili regimi delle nuove repubbliche centroasiatiche. Il fondamentalismo islamico è sempre stato una carta chiave del disegno strategico americano dai giorni della guerra fredda, quando la CIA affidò all'ISI pakistano il compito della politica armarli-fino-ai-denti nei confronti dei mujahedeen. E' sempre facile dimenticare che i bravi-ragazzi-divenuti-cattivi una volta erano chiamati da Ronnie Reagan stesso all'Ufficio Ovale "l'equivalente morale dei padri fondatori". Gli USA cercano con forza di "prendere" l'Afganistan - il cuore dell'Asia nell'antichità, il crocevia di Pipelineistan nell'Asia odierna - da più di 20 anni. In questo processo, i mujahedeen hanno trasformato l'Afganistan, con la benedizione della CIA, nel maggiore produttore mondiale di eroina, aprendo la cruciale e ultraprofittevole pipeline della droga Afganistan-Turchia-Balcani-Europa occidentale. Più che un martini, il classico cocktail della CIA è petrolio-armi-droga. Questa strada del "Drugistan" è appena stata spettacolarmente riaperta dopo la caduta dei talebani.

Pipelineistan non è un fine in se stesso. Il petrolio ed il gas da soli non sono lo scopo ultimo degli USA. E' tutto sul controllo. In Monopolio, lo scrittore belga Michel Collon ha scritto: "Se volete governare il mondo, dovete controllare il petrolio. Tutto il petrolio. Ovunque". Se gli USA controllano le fonti di energia dei loro rivali - Europa, Giappone, Cina ed altre nazioni che aspirano ad essere più indipendenti - essi vinceranno. Ciò spiega perche le pipeline dal Caspio all'ovest devono essere in mani amiche - cioè Turchia o Macedonia - e non "inaffidabili", cioè controllate dalla Russia. Washington, sempre, deve controllare tutto: questo è ciò che hanno sempre detto Brzezinski e Henry Kissinger. Lo stesso vale per le basi militari in Arabia Saudita, ed ora in Pakistan e Afganistan.

Non vi è alcun affare come la guerra. Grazie alla guerra contro l'Iraq, gli USA hanno le loro basi militari nel Golfo Persico. Grazie alla guerra contro la Jugoslavia, gli USA hanno le loro basi militari in Bosnia, Kosovo e Macedonia. Grazie alla guerra contro i talebani, gli USA ora sono in Turkmenistan, Uzbekistan, Pakistan e Afganistan. E senza menzionare la base di Incirlik, in Turchia. Gli USA sono anche nel Caucaso - in Georgia e Azerbaijan. L'Iran, la Cina e la Russia sono praticamente circondate. Non vi è alcun affare quale lo spettacolo. Sollevate il sipario. Entra in scena il Pipelineistan.

http://www.atimes.com

 

Ultime notizie:

 

ASHGABAT: gli USA appoggiano il progetto di una pipeline attraverso l'Afganistan

31/01/2002

L'assistente segretario di stato per l'Europa e l'Eurasia Elizabeth Jones ha dichiarato che gli USA ritengono promettente il progetto della pipeline del gas transafgana.

Dopo colloqui con il presidente turkmeno Saparmyrat Nyyazow la diplomatica americana ha detto ai giornalisti a Ashgabat che gli USA sosterranno tutti i progetti di costruzione di pipeline per il petrolio ed il gas dal Turkmenistan, purchè ne abbiano benefici commerciali.

Ha detto che gli USA stessi non investiranno nella costruzione di tali pipeline. Ciò dovrebbe essere fatto da compagnie private, ma il governo USA le sosterrà. In particolare, il governo è pronto a tenere colloqui con altri governi sulla creazione di condizioni favorevoli di tassazione per la costruzione di pipeline da esportazione e sul rigido adempimento dei termini contrattuali.

Riguardo alla possibilità di costruire una pipeline dal Turkmenistan attraverso l'Afganistan e fino al Pakistane all'India, Elizabeth Jones ha detto che - tenendo presente il fatto che la domanda di energia della regione è abbastanza elevata - il progetto sarebbe profittevole.

 BBC

http://www.worldoil.com/news/newsstory.asp?ref=http://62.172.7