Antologia

La Luna e la Guerra di NICOLA PIOVANI

(tratto dalla rivista bimestrale  MicroMega N°2/2003)

Qualche giorno fa ascoltavo alla radio una di quelle trasmissioni in cui giornalisti, opinionisti, economisti parlano della guerra imminente sfoderando il meglio del loro cinismo laico/democratico. Una di quelle trasmissioni in cui si citano posizioni morali come slogan da spot. “Senza se e senza ma” fra non molto piomberà nella pubblicità di qualche superalcolico o di qualche acqua oligominerale. Gli esperti di guerre planetarie facevano ad alta voce calcoli sulle possibili perdite, come se si trattasse di cifre astratte e non di vite umane. Discutevano e soppesavano i pro e i contro con la serenità degli osservatori esterni che non si fanno coinvolgere emotivamente, che mantengono il bene prezioso della lucidità. Io invece faccio molta fatica a rassegnarmi a questa asetticità diffusa, nell’attendere l’inizio dei massacri prossimi venturi come se fosse l’inizio di un grande spettacolo mediatico, punteggiato da surriscaldate edizioni straordinarie ad alto share. Mi turbano questi conti alla rovescia che da settimane vengono strillati sulle prime pagine.
Dei guerrafondai poi non voglio neanche parlare: non ne ho sentito uno che adducesse una scusa minimamente dignitosa al perché, fra tanti criminosi tiranni mediorientali, africani, sudamericani, perché proprio Saddam e proprio ora dovrebbe legittimare cannoneggiamenti sulle popolazioni irachene, sulle vittime del tiranno (le bombe intelligenti sono un concetto tragicomico di qualche anno fa, e nessuno le cita più).
Lo so, lo so che capire la politica non è facile, specie per chi come me fa tutt’altro mestiere. Ma se i padroni del mondo, a margine delle loro imprese belliche, chiedono il nostro consenso, è normale che noi cittadini riscopriamo il dissenso di una bandiera arcobaleno stesa alla nostra finestra. “Quelle bandiere e le vostre marce per la pace non fermeranno la guerra”, soloneggiava un giornalista semidemocratico. “Io sono contro la guerra”, precisava un altro, “ma con una valanga di se e di ma”. Quello che mi ha colpito però in modo raggelante è stato l’intervento di un polemologo, di cui non ho capito il nome – o non lo ricordo o non lo voglio ricordare. Ci diceva di essere quasi certo che l’inizio della guerra scoccherà in una notte senza luna: con la luna piena gli attacchi aerei vengono peggio, il buio favorisce le incursioni fulminee e sorprendenti.
Ci penso ogni giorno a questo concetto, che peraltro mi dicono ovvio e risaputo fra i militari. E immagino un villaggio di contadini iracheni… immagino un padre di famiglia che abbia anche lui ascoltato o letto o in qualche modo saputo che col plenilunio gli attacchi dal cielo sono improbabili. Lo immagino scrutare il firmamento luminoso e sentirsi un po’ rassicurato nel chiudere la porta di casa sul sonno dei figli, aspettando con tanto batticuore le notti buie e senza luna.
“Hai un’idea deamicisiana della politica internazionale”, mi obiettano gli esperti di economia e di petrolio. “Le vostre poesie non fermeranno la guerra. E poi non è vero quel che dice Gino Strada: Bush non è Hitler!”. D’accordo, a rigore neanche Saddam è Hitler, e Tony Blair non è Churchill, e Berlusconi non è De Gasperi e così via. Ma resto dell’idea che tutto quel che si può tentare va tentato, per provare a fermare, limitare o ritardare l’annunciata carneficina di sudditi innocenti: o comunque per non farsene complici.