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Storia dei Numeri (Fonte)
La matematica proprio come la musica può stimolare e alimentare un modo supremo del pensiero, ampliando la felicità di coloro che la creano o la capiscono. Le equazioni possono essere paragonate alla poesia; come la poesia ci aiuta a sondare i misteri dell'invisibile e i margini dell'universo.

Origini dei Numeri
I Numeri non sono una invenzione dell’umanità, sono una scoperta, esistevano già in modo del tutto indipendente dalla razza umana. I numeri sono un linguaggio che tutti noi dobbiamo parlare ogni giorno della nostra vita.

L'essere umano non sempre sa riconoscere le quantità ad occhio; con un'occhiata non si riesce a superare il 4: a partire da questa quantità bisogna incominciare a contare. Il modo più primitivo consiste nel confrontare uno ad uno gli oggetti che fanno parte di due gruppi diversi.
Una delle prime attività umane fu la pastorizia ed il pastore primitivo trovandosi nella necessità di contare i capi di bestiame ricorse ad un sistema meccanico incidendo su di un tronco d'albero un segno per ogni capo, era così in grado, di verificare se vi fossero capi mancanti. Le prime testimonianze in questo senso sono fossili di 30 mila anni fa, coperti di buchi o di segni troppo regolari per essere casuali. Oltre a tacche nel legno venivano usati nodi, dita di mani e piedi, buchi, incisioni, tagli su pezzi d'osso o di legno. In questo modo si introduce il concetto di numero cardinale.
Ancora oggi gli Eschimesi contano sulle dita fino a cinque, e, con l'aiuto delle dita delle mani e dei piedi, possono arrivare fino a venti, ciò che viene chiamato "un uomo intero". Certe tribù ancora più arretrate si fermano al due o al tre. Gli abitanti della Papua Nuova Guinea si toccano varie punti del corpo per identificare un numero arrivando fino al numero 22. In Asia venivano usate le falangi delle dita riuscendo così a contare fino a 28. In Australia e in Polinesia è stata osservata una numerazione per coppie, ma il sistema per cinque, con l'aiuto delle dita, è il più largamente diffuso in tutto il mondo.
Anche se si vogliono raggruppare oggetti si possono usare raggruppamenti naturali come quelli a cinque a cinque che corrispondono alle dita di una mano, o a dieci a dieci se consideriamo entrambe le mani. Quest'ultimo sistema fu quello che dette origine al nostro sistema di numerazione decimale.
La lingua francese conserva ancora traccia del sistema di numerazione in base 20 (dita delle mani e dei piedi) infatti per dire 83 si dice quatre-vingt-trois (quattro volte venti più tre).
Un altro esempio è il sistema che adottiamo per designare il passare del tempo o la misura degli angoli, in cui si usa la base 60 che deriva dal sistema sumero/babilonese.

I numeri servono a contare, ma anche a calcolare ossia ad elaborare i dati per ottenere informazioni supplementari; il termine calcoli designava le pietre che portavano incisioni geometriche e che servivano per contare. Anche i Sumeri usavano i "calcoli" che erano sassolini sagomati (un cono piccolo = 1, una sfera piccola = 10, un cono grande = 60...). Il termine calcolo deriva dal latino calculus, cioè sasso, da cui anche il termine italiano "calcolo", pietruzza, che in medicina indica le concrezioni calcaree, i sassolini che ingombrano i reni e le vie urinarie. I popoli antichi per far di conto non usavano cifre scritte ma oggetti fisici, come abachi e pallottolieri. Altri esempi di oggetti usati per il calcolo sono i quipos incas, cordicelle variamente annodate, in uso in Sud America dal XII al XIX secolo.
Il limite di questi strumenti deriva dal fatto che i conti così eseguiti non hanno "memoria" ossia non permettono di ripercorrere le fasi di un calcolo per localizzare un eventuale errore, inoltre per contare è utile rappresentare graficamente i numeri, per questi motivi quasi tutte le civiltà inventarono simboli.
Un altro problema è sempre stato quello di scrivere, con un numero limitato di simboli, un numero illimitato di numeri, dato che non si poteva avere un simbolo per ogni numero; vennero così inventati, in tempi diversi e presso popolazioni diverse, molti sistemi di numerazione.
I più antichi concetti di numero si possono riscontrare nella lingua inglese odierna dove i vocaboli eleven e twelve significavano, in origine, "uno in più" e "due in più".

I numeri servivano alla misurazione del tempo, ai primi commerci ed anche a misurare per cui furono usati per risolvere problemi legati all'attività agricola, si può supporre che da questo e da osservazioni di fatti naturali siano nate le prime intuizioni geometriche.

I primi numeri scritti che noi conosciamo sono quelli che furono usati circa 5000 anni a.C. dagli Egiziani e dai Sumeri.

I Numeri dei Sumeri
I Sumeri per scrivere i numeri, usavano soltanto due simboli a forma di cuneo, uno verticale rappresentava il numero 1 ed una riga orizzontale il 10, erano in grado di calcolare le potenze di un numero, di estrarne la radice, e sapevano risolvere equazioni anche con due incognite. Ciascun numero, da 1 a 59, era scritto con una combinazione di questi simboli. Organizzarono il loro sistema di numerazione anche in forma sessagesimale e, per il 60, usarono lo stesso simbolo che usavano per indicare l'unità; per distinguere i due segni inventarono il sistema posizionale, lasciando dello spazio tra i simboli che rappresentavano il 60 e quelli che rappresentavano meno di 60.

Anche la numerazione in base 60 e' una numerazione di tipo "naturale" in quanto derivata dalla geometria elementare: la geometria elementare compie una serie di azioni su figure geometriche con il solo uso di riga non graduata e compasso. Con questi due semplici strumenti e' possibile dividere in due o tre parti uguali un angolo senza doverlo misurare. Dividendo a più riprese un angolo si ottengono prima 3 porzioni uguali, le quali ulteriormente suddivise per due e tre portano a piccole sezioni che rendono l'angolo sempre multiplo di 3 e di 2. Con lo stesso principio un angolo retto diventa la somma di 3 angoli (30+30+30 gradi) e così via...
Del sistema di numerazione a base 60 rimangono tracce anche oggi nella misurazione degli angoli e nella suddivisione del tempo, rappresentato dal movimento rotatorio delle lancette negli orologi. Hanno lasciato, impresse sull'argilla, molte tavole matematiche, usate per il calcolo; in un documento di scrittura cuneiforme c'è addirittura, a testimonianza dello sviluppo dell'aritmetica commerciale, una formula per calcolare un interesse composto del 20% in un determinato periodo di tempo.

I Numeri in Egitto
Gli Egiziani avevano un sistema di cifre con cui potevano superare il milione. Per i primi 9 numeri usavano gruppi di linee; per le decine una U rovesciata e per le centinaia una spirale.
Le quantità maggiori erano rappresentate con i geroglifici, come l'uomo seduto con le braccia rivolte verso il cielo che indicava un milione. Quando scrivevano su un supporto diverso dalla pietra, il papiro, la tecnica usata era diversa.
Anche i simboli del nuovo tipo di scrittura, che fu chiamata ieratica, erano diversi dai precedenti della scrittura geroglifica.
L'invenzione dell'alfabeto portò molte civiltà, come quella greca e quella ebraica, ad utilizzare le lettere per rappresentare i numeri.

I Numeri in Grecia
In Grecia, a partire dal quinto secolo a.C., si sviluppò una scrittura che adoperava, per indicare i numeri, le 24 lettere dell'alfabeto, con l'aggiunta di tre segni ausiliari presi a prestito da alfabeti di altre lingue, come, per esempio, il "vav" semitico, poi caduti in disuso. Alle lettere adoperate come numeri veniva aggiunto un apice in alto a destra, per distinguerle dalle lettere ordinarie. I numeri di più cifre venivano formati mediante addizione, mantenendo la successione di grandezza e allineando i numeri da sinistra a destra, come nella nostra scrittura, in ordine decrescente. Si tralasciava allora l'apice e si poneva una riga orizzontale sopra il numero. In un sistema così costruito si poteva fare a meno dello zero, che i Greci, infatti, non usavano. Per le migliaia adoperavano i numeri dall'uno al nove, che contrassegnavano con un apice in basso a sinistra, e c'erano sistemi anche per rappresentare le decine di migliaia.
Il sistema greco era troppo complicato per permettere di eseguire calcoli con scioltezza: specialmente la moltiplicazione e la divisione richiedevano un lavoro faticoso.
Per non accumulare troppi segni, popoli come gli Ebrei fecero ricorso ai propri alfabeti, dando alle lettere anche il valore di numeri: A=1 B=2 e così via.


I Numeri dei Maya
I Maya la cui civiltà si sviluppò nel Sud del Messico e nell'America centrale circa 5000 anni fa, usarono uno dei sistemi di numerazione più interessanti dell'antichità. Poiché la loro civiltà era completamente tagliata fuori dalle civiltà sorte sulle rive del Mediterraneo, tutta la loro cultura si sviluppò in modo indipendente e così pure il loro sistema di numerazione, che si basava solo su tre simboli: un punto, un segmento e un quadrato.
I Maya potevano scrivere qualsiasi numero usando solo questi simboli che venivano scritti verticalmente. Il loro sistema di numerazione, che si ispirava al calendario, era a base 20. Matematici abilissimi, conoscevano il concetto di zero, cioè di un numero che indica la quantità nulla, e lo rappresentavano con un simbolo speciale, un occhio stilizzato: ovale. La loro più grande invenzione fu quella di un sistema posizionale in cui le cifre hanno valore diverso secondo la posizione (ad esempio quelle a destra indicano l'unità).

I Numeri in Cina
I Cinesi ebbero tre sistemi distinti di numerazione, tutti a base 10.
Il più diffuso si basava sul metodo additivo, poiché il simbolo dell'unità veniva ripetuto tante volte quante erano le unità che si volevano rappresentare, e sul metodo moltiplicativo.
I numeri sono molto eleganti; i numeri ordinali sono uguali a quelli cardinali, ma sono preceduti da un segno distintivo particolare.

I Numeri dei Romani
Anche i Romani, per scrivere i numeri, utilizzarono le lettere del loro alfabeto: I, un dito, corrispondeva a una unità; II, a due unità; V, la mano aperta, indicava cinque unità; VI, cinque unità più uno; X, entrambe le mani aperte, significava dieci unità.

Più tardi la numerazione si perfezionò: alcuni numeri vennero indicati con lettere dell'alfabeto (ad esempio, L = cinquanta; C = cento); per moltiplicare un numero per mille, vi si poneva sopra una lineetta, così, per esempio, V sormontato da una lineetta, indicava 5000. I Romani ignorarono sempre l'uso dello zero. Il loro sistema di numerazione è detto additivo perché nell'indicare un numero si addizionano o si sottraggono i valori dei diversi simboli; la posizione dei simboli è importante perché si fa un'addizione o una sottrazione a seconda che un simbolo sia alla destra o alla sinistra di un altro.

I Numeri in India
Agli Indiani si deve l'invenzione del sistema di numerazione posizionale in base dieci portato in occidente dagli arabi. Abili calcolatori, manipolavano numeri molto grandi. Adoperarono quei numeri irrazionali che i greci tratteranno con diffidenza. Operavano su radici quadrate e cubiche. Inventarono lo zero ed i numeri relativi. Utilizzavano la terna pitagorica <5,12,13>. Una terna pitagorica è un insieme di 3 numeri interi corrispondenti alle misure dei lati di un triangolo rettangolo, e quindi legati fra loro dalla relazione espressa dal teorema di Pitagora.

La facilità con cui percepiamo il diverso valore di un numero a seconda della posizione che occupa è il risultato di una delle invenzioni più importanti della storia dell'umanità: i sistemi di numerazione posizionale; ad esempio siamo abituati ad attribuire il valore 300 al 3 che si trova nel numero 2361, il valore 30 nella cifra 1635 o 3000 nel numero 3972.
Nei sistemi di numerazione non posizionale, il simbolo che rappresenta un numero ha lo stesso valore in qualunque posizione si trovi. Ad esempio nel sistema di numerazione romano il numero 5, rappresentato dalla lettera V, ha lo stesso valore nelle cifre XIV, XVI, VIII.
Il sistema di numerazione decimale che usiamo oggi nacque nel nord dell'India nel V sec. a.C. e perché questo evento si verificasse è stata necessaria la coincidenza di 3 fattori: un sistema di cifre che indicassero le unità dall'1 al 9 e che potessero essere:

  • rappresentate da un simbolo grafico;
  • un sistema di numerazione posizionale;
  • la scoperta dello zero.

I Numeri moderni
Il nostro sistema di numerazione, il sistema decimale o a base 10, fu importato in Europa da Leonardo Fibonacci nel 1223, che in "Liber Abaci" spiega questo nuovo modo di scrivere i numeri, già in uso presso gli Arabi e appreso dagli Arabi stessi in India, e denominato perciò indo-arabico.
Il nome zero deriva da "zefiro" (dolce venticello). Gli storici pensano che questo sistema di numerazione abbia raggiunto lo sviluppo finale, con l'uso dello zero e la sua forma posizionale, tra il 400 e il 700 d.C., cioè soltanto 1500 anni fa.
Si serve di dieci simboli fondamentali: 0, 1, 2 ,3, 4, 5, 6, 7, 8, 9, che si chiamano cifre e con i quali si può scrivere qualunque numero, anche molto grande.
Algoristi e abacisti svilupparono sistemi di calcolo automatizzati in base 10, tuttavia già nei secoli XVII e XVIII venivano usate anche basi diverse (dalla base 10), una di esse è la base 2 con cui si costruisce il sistema binario, fu studiata da Leibniz ed è stata utilizzata per le macchine calcolatrici e per i computer. È il sistema di numerazione più semplice, nel quale vengono utilizzati solo due numeri, lo 0 e l'1.
Usato dalla civiltà cinese molto tempo prima della nostra era presenta il vantaggio di non richiedere la conoscenza di una tavola di addizione o di moltiplicazione, anche se la rappresentazione binaria di un numero richiede circa il triplo delle cifre richieste per la sua rappresentazione decimale. Essendoci un numero minimo di simboli, le espressioni richiedono un tempo molto lungo di elaborazione, poiché si vengono a creare lunghe file di 0 e di 1, ma la velocità del computer ha saputo risolvere anche questo problema.
Un numero in codice binario è quindi ottenuto dalle cifre 0 e 1 che, da destra a sinistra, indicano le potenze di 2 necessarie a formare il corrispondente numero decimale; ad es. 11001 corrisponde a 25.

Le basi possono essere anche superiori a 10, ad esempio base 16 detta esagesimale, in questo caso, essendo necessarie più di 9 cifre, vengono impiegate anche delle lettere, ad esempio 20285 del sistema decimale, viene rappresentato nel sistema esagesimale come 4F3D.

Secondo le stime fatte dai glottologi al mondo si parlano circa 1500 lingue diverse.
Negli anni sono stati fatti molti tentativi di inventare una nuova lingua che potesse essere universale, la più famosa è l'esperanto che fu ideata dall'oculista polacco Leizer L. Zamenhof nel 1887.
Tuttavia si può asserire che la lingua utilizzata con maggior successo a livello mondiale è la matematica.

Le equazioni possono essere paragonate alla poesia in quanto trasmettono informazioni in tempi relativamente brevi ma è impossibile apprezzarne la bellezza se non la si capisce, ossia se non si capisce il linguaggio con cui è scritta; come la poesia ci aiuta a sondare dentro di noi, così la matematica ci aiuta a vedere molto al di là di noi stessi, ci aiuta a sondare, se non proprio a capire, i misteri dell'invisibile, a sondare i margini dell'universo.

di Donata Allegri