GuidaMacropolis

 

 

Scrivere i numeri / Torna a Indice

Il concetto di numero è presente in moltissime culture fin dai tempi più antichi, anche se, presso molti popoli "primitivi", la nozione di calcolo si risolve nella enumerazione di oggetti di solito di ordine materiale. Prima di provare il bisogno di scrivere i numeri gli uomini si sono accontentati di far corrispondere alle unità da contare piccoli oggetti, di segnare una pietra, o di incidere tacche su pezzi di legno. Le prime necessità di contare sono legate alla registrazione di beni, provviste (img), capi di bestiame, ma anche alla misurazione del tempo e ai primi commerci. L'invenzione delle scritture matematiche, o di insiemi di segni tali da consentire calcoli di una certa complessità, rientra in quella più generale della scrittura, e caratterizza le prime grandi civiltà dove i sistemi numerici rispondono a finalità di ordine amministrativo e religioso.

Numeri e civiltà: come contano i primitivi

Come tutte le astrazioni, anche il concetto di numero presso la maggior parte dei popoli primitivi è molto imperfetto. Gli Eschimesi contano sulle dita fino a cinque, e, con l'aiuto delle dita delle mani e dei piedi, possono arrivare fino a venti, ciò che viene chiamato "un uomo intero". Certe tribù ancora più arretrate si fermano al due o al tre. In Australia e in Polinesia è stata osservata una numerazione per coppie, ma il sistema per cinque, con l'aiuto delle dita, è il più largamente diffuso in tutto il mondo.

Le tacche incise sul legno

Un primordiale sistema di scrittura, utile soprattutto per segnare delle quantità numeriche, per annotare debiti, multe, tasse era quello di segnare delle tacche (la nostra parola tacca deriva dal gotico taikka, che significava "segno"), degli intagli su un tronco o su un pezzo di legno. Anche oggi ne rimane una traccia nell'uso di segnare con tacche fatte semplicemente con la matita, sullo stipite di una porta, il progressivo sviluppo in altezza di un bambino. Ci sono rimaste tacche usate nel 1700 a Sampeyre, in Piemonte, (img) dai contadini analfabeti che così marcavano debiti e crediti di giornate di lavoro.

I calcoli

Il termine calcoli designava le pietre che portavano incisioni geometriche e che servivano per contare. Deriva dal latino calculus, cioè sasso, da cui anche il termine italiano "calcolo", pietruzza, che in medicina indica le concrezioni calcaree, i sassolini che ingombrano i reni e le vie urinarie. A Susa sono state trovate pietre che risalgono al periodo neolitico.

Dagli abnu alle tavolette d'argilla

Quando negli archivi di Susa, una delle più antiche città dell'impero persiano, furono ritrovati sferette, cilindri, coni e dischi di piccole dimensioni racchiusi in una palla d'argilla, si pensò che si trattasse di simboli usati per designare oggetti e animali, prima di arrivare a una vera e propria registrazione scritta. Le forme di questi piccoli oggetti, gli abnu, (img) erano quelle che si potevano ottenere modellando rapidamente con le mani un pezzetto d'argilla, e non c'era alcun rapporto di somiglianza tra il rappresentante (sfera, cono,...) e il rappresentato (anfora, pecora,...). Gli abnu venivano racchiusi in un contenitore d'argilla sigillato, che costituiva così una specie di 'bolla', di 'fattura' che comprovava la quantità e il tipo di merce scambiata. Successivamente, per facilitare i controlli, si cominciò a imprimere sull'involucro la forma degli oggetti contenuti: triangoli, cerchi, rettangoli; infine fu eliminato il contenitore e i segni furono scritti sulla superficie piana di una tavoletta d'argilla.

Nodi o quipu, quasi una scrittura

Il quipu si compone di un cordone al quale sono attaccate alcune cordicelle di diversi colori, paralleli o partenti da un punto in comune. Esso esprime nello stesso tempo cifre e significati: i nodi indicano le cifre e i colori i significati. All'estremità inferiore della cordicella i nodi rappresentano le unità, più sopra le decine, più in alto ancora le centinaia. quindi le migliaia e le decine di migliaia. Gli indiani, inventori del quipu, avevano inventato anche un equivalente dello zero: l'intervallo senza nodo, il posto rimasto vuoto. Per leggere la cordicella si cominciava dall'alto. Soltanto pochi erano in grado di decifrare i quipu, e questo ne garantiva la segretezza.

Sistemi di numerazione

Tra le conquiste più interessanti e più importanti dell'uomo c'è certamente la scrittura dei numeri e di conseguenza l'invenzione di un sistema di numerazione. Uno dei problemi fondamentali è sempre stato quello di scrivere, con un numero limitato di simboli, un numero illimitato di... numeri. Poichè non si poteva avere un simbolo per ogni numero, vennero inventati, in tempi diversi e presso popolazioni diverse, molti sistemi di numerazione. I primi numeri scritti che noi conosciamo sono quelli che furono usati circa 5000 anni a.C. dagli Egiziani e dai Sumeri. Uno dei sistemi di numerazione più interessanti dell'antichità fu senz'altro quello usato dai Maya, mentre molto eleganti sono i numeri cinesi. Greci e Romani, per scrivere i numeri, utilizzarono le lettere dei loro rispettivi alfabeti, e le basi del nostro attuale sistema di numerazione arrivano dall'India e dall'Arabia.

Il sistema di numerazione dei Sumeri e dei Babilonesi

I Sumeri erano eccellenti matematici. Erano in grado di calcolare le potenze di un numero, di estrarne la radice, e sapevano risolvere equazioni anche con due incognite.Scrivevano i numeri già dal 5000 a.C. e, quando furono conquistati da una popolazione semitica e fu fondato l'Impero Babilonese, il loro sistema di numerazione non subì mutamenti. Hanno lasciato, impresse sull'argilla, molte tavole matematiche, usate per il calcolo; in un documento di scrittura cuneiforme c'è addirittura, a testimonianza dello sviluppo dell'aritmetica commerciale, una formula per calcolare un interesse composto del 20% in un determinato periodo di tempo. I sumeri, per scrivere i numeri, usavano soltanto due simboli, che rappresentavano rispettivamente la decina e l'unità. Ciascun numero, da 1 a 59, era scritto con una combinazione di questi simboli. Organizzarono il loro sistema di numerazione anche in forma sessagesimale e, per il 60, usarono lo stesso simbolo che usavano per indicare l'unità; per distinguere i due segni inventarono il sistema posizionale, lasciando dello spazio tra i simboli che rappresentavano il 60 e quelli che rappresentavano meno di 60. Del sistema di numerazione a base 60 rimangono tracce anche oggi nella suddivisione dell'ora in minuti e nella misurazione degli angoli.

Il sistema di numerazione degli Egiziani

Gli Egizi, circa 6000 anni fa, scrivevano cifre, incidendole sulla pietra, nella scrittura geroglifica. Per indicare i numeri da 1 a 9 si servivano di un metodo additivo: il simbolo dell'unità, una sorta di astina, veniva ripetuto tante volte quante erano le unità che si volevano rappresentare. Il simbolo dello zero non esisteva. Gli Egiziani non lo avevano inventato e perciò usavano, per indicare le decine, le centinaia, le migliaia, simboli di tipo diverso. Il fior di loto, per esempio, rappresentava 1000 e un uccellino rappresentava 100.000. Quando scrivevano su un supporto diverso dalla pietra, il papiro, la tecnica usata era diversa. Anche i simboli del nuovo tipo di scrittura, che fu chiamata ieratica (img), erano diversi dai precedenti della scrittura geroglifica.

I numeri dei Greci

In Grecia, a partire dal quinto secolo a.C., si sviluppò una scrittura che adoperava, per indicare i numeri, le 24 lettere dell'alfabeto, con l'aggiunta di tre segni ausiliari presi a prestito da alfabeti di altre lingue, come, per esempio, il "vav" semitico, poi caduti in disuso. Alle lettere adoperate come numeri veniva aggiunto un apice in alto a destra, per distinguerle dalle lettere ordinarie. I numeri di più cifre venivano formati mediante addizione, mantenendo la successione di grandezza e allineando i numeri da sinistra a destra, come nella nostra scrittura, in ordine decrescente. Si tralasciava allora l'apice e si poneva una riga orizzontale sopra il numero. In un sistema così costruito si poteva fare a meno dello zero, che i Greci, infatti, non usavano. Per le migliaia adoperavano i numeri dall'uno al nove, che contrassegnavano con un apice in basso a sinistra, e c'erano sistemi anche per rappresentare le decine di migliaia.Il sistema greco era troppo complicato per permettere di eseguire calcoli con scioltezza: specialmente la moltiplicazione e la divisione richiedevano un lavoro faticoso. I Greci, grandissimi geometri, furono, insomma, pessimi scrittori di numeri.

I numeri dei Romani

Per indicare i numeri, fin dai tempi più antichi, i Romani impiegarono alcuni simboli convenzionali. I, un dito, corrispondeva a una unità; II, a due unità; V, la mano aperta, indicava cinque unità; VI, cinque unità più uno; X, entrambe le mani aperte, significava dieci unità. Più tardi la numerazione si perfezionò: alcuni numeri vennero indicati con lettere dell'alfabeto (ad esempio, L = cinquanta; C = cento); per moltiplicare un numero per mille, vi si poneva sopra una lineetta, così, per esempio, V sormontato da una lineetta, indicava 5000. I Romani ignorarono sempre l'uso dello zero. Il loro sistema di numerazione è detto additivo perchè nell'indicare un numero si addizionano o si sottraggono i valori dei diversi simboli; la posizione dei simboli è importante perchè si fa un'addizione o una sottrazione a seconda che un simbolo sia alla destra o alla sinistra di un altro.

Il sistema di numerazione dei Maya

I Maya, la cui civiltà si sviluppò nel Sud del Messico e nell'America centrale circa 5000 anni fa, usarono uno dei sistemi di numerazione più interessanti dell'antichità. Poichè la loro civiltà era completamente tagliata fuori dalle civiltà sorte sulle rive del Mediterraneo, tutta la loro cultura si sviluppò in modo indipendente e così pure il loro sistema di numerazione, che si basava solo su tre simboli: un punto, un segmento e un ovale. I Maya potevano scrivere qualsiasi numero usando solo questi simboli che venivano scritti verticalmente. Il loro sistema di numerazione, che si ispirava al calendario, era a base 20. Matematici abilissimi,.usarono un sistema di numerazione, ispirato al calendario, a base 20, e conoscevano il concetto di zero, cioè di un numero che indica la quantità nulla, e lo rappresentavano con un simbolo speciale. La loro più grande invenzione fu quella di un sistema posizionale in cui le cifre hanno valore diverso secondo la posizione (ad esempio quelle a destra indicano l'unità).

I numeri dei Cinesi

I Cinesi ebbero tre sistemi distinti di numerazione, tutti a base 10. Il più diffuso si basava sul metodo additivo, poichè il simbolo dell'unità veniva ripetuto tante volte quante erano le unità che si volevano rappresentare, e sul metodo moltiplicativo. I numeri sono molto eleganti; i numeri ordinali sono uguali a quelli cardinali (img), ma sono preceduti da un segno distintivo particolare.

numeri cardinali cinesi numeri ordinali cinesi

Il sistema decimale

Il nostro sistema di numerazione, il sistema decimale o a base 10, fu importato in Europa da Leonardo Fibonacci, che in un libro intitolato "Liber Abaci" spiega questo nuovo modo di scrivere i numeri, già in uso presso gli Arabi e appreso dagli Arabi stessi in India, e denominato perciò indo-arabico. Gli storici pensano che questo sistema di numerazione abbia raggiunto lo sviluppo finale, con l'uso dello zero e la sua forma posizionale, tra il 400 e il 700 d.C., cioè soltanto 1500 anni fa. Si serve di dieci simboli fondamentali: 0 1 2 3 4 5 6 7 8 9, che si chiamano cifre e con i quali si può scrivere qualunque numero, anche molto grande.

Leonardo Fibonacci

Bonaccio era un impiegato di dogana per la Repubblica di Pisa. La sua sede di lavoro era l'Algeria, nell'Africa settentrionale, e intratteneva quindi rapporti di lavoro con le popolazioni arabe di quella regione. Poichè i commerci delle nostre Repubbliche marinare erano fiorenti, il lavoro di Bonaccio, che consisteva nel fare i conti e tenere i registri, era sicuramente molto.Volendo avviare il figlio Leonardo al suo stesso tipo di lavoro, e avendo osservato che i procedimenti aritmetici usati dagli Arabi erano più comodi dei suoi, pensò di dare al figlio insegnanti arabi e di farlo viaggiare, affinchè familiarizzasse con la cultura araba, in particolare con l'aritmetica. Fu così che Leonardo, figlio di Bonaccio (Fibonacci) studiò il sistema di numerazione indo-arabico. Nel 1202 la pubblicazione del suo testo "Liber abaci" fu la prima importante tappa per la diffusione nel mondo occidentale del sistema decimale posizionale.

Misurare il tempo: il calendario

Con i primi insediamenti stabili e la nascita dell'agricoltura, rendersi conto dell'avvicendarsi delle stagioni divenne una necessità e la gente dovette imparare a tener conto del trascorrere del tempo. Il calendario permetteva di fare previsioni per la semina e per i raccolti, e per determinare il ritmo dei lavori nei campi. Il calendario però non poteva essere affidato alla memoria, e le tacche e isegni, necessari a misurare il passare dei giorni, sono stati tra le prime forme di scrittura. In Mesopotamia, in Egitto e in Cina calendari affidabili si ebbero soltanto con lo sviluppo di un'efficiente astronomia. Nell'America Centrale i Maya, grandi astronomi e abili matematici,. produssero un calendario astronomico, complesso ma esattissimo.


Il calendario Maya

I Maya erano addirittura ossessionati dal conteggio del tempo. Quasi tutti gli altari, le stele e le lastre incise dai Maya hanno per oggetto il tempo, tanto che un centro maya è una specie di enorme calendario. Come altri popoli, a differenza degli Occidentali, credevano nella ripetizione ciclica e nella circolarità del tempo (img). Per i Maya i giorni erano dei: ogni giorno aveva un numero e un nome. Il tempo, quasi fosse uno zaino, veniva portato a turno da una schiera di dei: finito il suo periodo, il dio si toglieva il fardello e lo passava a un'altra divinità. All'incirca nei secoli IV e III a.C. il calendario maya raggiunse la sua perfezione. Possiamo valutare l'accuratezza dei calcoli compiuti dai Maya confrontando i valori da essi ottenuti per la durata dell'anno con quelli che stimiamo esatti oggi. Per noi l'anno dura 365,2422 giorni; per i Maya la durata era di 365,2420 giorni.