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William Wilberforce
Duecentoquattro anni fa, era il 25 marzo 1807, l’autorità reale inglese dichiara il proprio consenso alla legge approvata dalla Camera con 283 si e 16 no. Il commercio degli schiavi viene definitivamente dichiarato illegale in tutte le colonie Britanniche.

Protagonista di questo cambiamento epocale, senza precedenti nella storia dell’umanità, fu William Wilberforce. Sir Wilberforce fu un uomo che, contro il comune sentire dei contemporanei e contro la volontà della maggioranza, decise di combattere per la causa in cui credeva. Decise di lottare per i suoi principi e impersonò, con la propria vita, anno dopo anno, sconfitta dopo sconfitta, i valori di libertà e uguaglianza in cui credeva. In famiglia come nella professione.

Era deputato del Parlamento Inglese e l’impegno della sua vita fu propugnare i diritti di coloro che non avevano voce. Di coloro che non erano considerati nemmeno esseri umani e pertanto trattati come bestie, comprati e venduti. La loro vita valeva solo in funzione del duro lavoro di coltivazione dei prodotti esotici che allietavano le case degli aristocratici inglesi.

Fu da subito considerata una folle impresa quella di cominciare a combattere per questo ideale d’uguaglianza, in un tempo in cui la tratta degli schiavi era considerata del tutto lecita e fondamentale per l’economia dell’Impero. Per vedere realizzato il suo sogno dovette attendere 46 anni.

Fu un giorno d’inverno del 1787 quello in cui Wilberforce annuncio pubblicamente alla Camera dei Comuni che avrebbe, di lì a poco, presentato una mozione volta ad abolire il “fiume di scelleratezza e crudeltà”.

A questa causa dedicò la sua esistenza, i suoi talenti, le sue risorse. Tutto il suo essere fu concentrato sulla sua missione di coerenza tra l’uomo e la sua carica politica. Dopo vent’anni di lavoro e undici bocciature, il 25 marzo 1807 apparve il primo attesissimo spiraglio di luce. La sua proposta di legge per l’abolizione della tratta degli schiavi fu finalmente approvata. Era solo il primo passo.

ABOLIZIONE DELLA SCHIAVITU’

Ci vollero infatti ulteriori ventisei anni di proposte di legge, raccolta di prove, sconfitte, aggressioni, minacce, delusioni e petizioni per vedere la schiavitù definitivamente abolita nelle colonie Britanniche. Per sempre. Era il 26 luglio 1833. William Wilberforce aveva vinto. Tre giorni dopo, sul letto di morte, si spense. Aveva fatto in tempo a vedere il suo sogno realizzarsi.

“Al tempo di Wilberforce… la schiavitù era normale come la nascita, il matrimonio e la morte… La stessa idea di civilizzazione senza la schiavitù era inimmaginabile. L’idea di abolire la schiavitù in quel tempo era talmente fuori discussione che Wilberforce e i pro-abolizionisti non potevano neanche parlarne in pubblico. Focalizzarono la loro attenzione su un livello inferiore, l’abolizione del commercio degli schiavi. Mai si permisero di parlarne apertamente. La speranza che segretamente custodivano era infatti che una volta abolito il commercio di esseri umani, sarebbe stato possibile muovere un ulteriore passo in avanti”1. E così fu. In tutto ci vollero quarantasei anni.