La prima donna laureata della storia si
chiamava Elena Lucrezia Corner Piscopia, ed era italiana. Proclamata
dottore in Filosofia il 25 giugno 1678, figlia di Giovanni Battista,
Procuratore di San Marco, Elena a 22 anni conosce greco, latino, francese,
inglese e spagnolo, ed è in grado di dissertare di matematica
o filosofia. Oblata benedettina, doveva essere proclamata dottore in
Teologia, ma Gregorio Barbarigo, vescovo di Padova e per questo cancelliere
dellateneo, si oppose. Alla discussione si narra che assistettero
30mila persone.
Elena Lucrezia nasce a Venezia nel 1646 da illustre famiglia patrizia.
Ma suo padre, Giovanni Battista, che pur detiene la carica di Procuratore
di San Marco, la seconda per importanza dopo quella di doge, lha
combinata grossa: ha sposato una popolana originaria del Bresciano
(al tempo territorio della Serenissima), se non addirittura prostituta.
I figli generati dalla coppia non potranno essere iscritti nel Libro
doro, entrare in Maggior consiglio e quindi far parte del patriziato.
Il padre ricchissimo comprerà la nobiltà
per i maschi e imporrà alla figlia femmina coltissima,
ma assolutamente disinteressata al riconoscimento accademico
di laurearsi per dare lustro alla famiglia. Giovan Battista, accorto
politico, sa che il record renderà celebre il nome dei Corner.
Elena vive nel palazzo di famiglia che in seguito passerà ai
Loredan e oggi è uno dei due edifici sede del Municipio di
Venezia. La bambina è un piccolo genio, la sua capacità
di apprendere è fuori dal comune. A 22 anni conosce greco,
latino, francese, inglese e spagnolo, ed è in grado di dissertare
di matematica o filosofia passando indifferentemente da una lingua
allaltra. La giovane donna ama davvero la cultura e non le interessano
affatto le ambizioni paterne, ma non è uso, in quei tempi,
contraddire il volere dei genitori; nel frattempo diventa oblata benedettina,
in pratica rispetta i voti delle monache, pur continuando a vivere
in famiglia. Elena si massacra tra studio e preghiera; molto probabilmente
per questo il suo fisico non regge e si ammala, già prima di
laurearsi. Impegnata negli studi teosofici, decide di imparare pure
lebraico e prende lezioni dal rabbino di Venezia, Shemuel Aboaf.
La fama della giovane si sparge fuori dai confini della Serenissima
e dotti di tutta Europa accorrono a Venezia per sentirla.
Si iscrive allo Studio di Padova (luniversità) e chiede
di essere laureata in teologia. Compila la domanda per l'ammissione
alla laurea e la presenta ai riformatori dello Studio di Padova
in pratica i rettori Angelo Correr, Battista Nani e Leonardo
Pesaro (i riformatori sono sempre tre patrizi veneziani). La richiesta
viene da una gentildonna che ha studiato con celebri e stimati docenti
dello Studio e quindi la accolgono senza difficoltà; anzi danno
ordine che i docenti si apprestino alla discussione accademica. Viene
addirittura stilato il verbale di conferimento della laurea in teologia.
Sembra tutto pronto, il rivoluzionario conferimento del titolo di
dottore in teologia a una donna pare questione di ore. Ma si sono
fatti i conti senza loste e in questo caso loste si chiama
Gregorio Barbarigo, vescovo di Padova e cardinale, destinato a diventare
santo (lha canonizzato papa Giovanni XXIII). Senza il suo consenso,
nessuno né uomo né tantomeno donna si
può laureare in teologia perché, in quanto vescovo della
città, è anche cancelliere dellateneo. La chiesa
post tridentina, per evitare che si sconfinasse di nuovo verso il
protestantesimo, è rigorosissima nell'insegnamento della dottrina
cattolica: i maestri devono essere solo persone capaci e ben preparate.
Poiché la Chiesa è persuasa dell'inferiorità
della donna rispetto alluomo, la ritiene incapace di ragionamenti
difficili, tanto più sulle verità della fede, le viene
quindi vietato ogni insegnamento di grado superiore, secondo quanto
scritto da San Paolo nella Prima epistola a Timoteo: «Non permetto
alla donna dinsegnare, né dusare autorità
sul marito, ma stia in silenzio».
Inizia così un lunghissimo braccio di ferro che deve salvare
la capra dellonore dello Studio di Padova (che aveva detto sì
alla laurea) e della famiglia Corner e i cavoli della volontà
cardinalizia. Alla fine si arriva a un faticoso compromesso: niente
laurea in teologia, ma in filosofia. Elena, che ora ha 32 anni, va
finalmente a Padova soltanto tre giorni prima della cerimonia. Lavvenimento
è epocale e laula del Collegio, dove normalmente avvengono
le lauree, è gremita allinverosimile, tanto che si decide
di spostare la dissertazione nella vicina cattedrale. La folla che
si è radunata è immensa, fonti contemporanee parlano
di 30 mila persone.
Elena Lucrezia Corner Piscopia diventa una gloria per la sua famiglia,
per luniversità di Padova, per la Serenissima repubblica
di Venezia. Sostiene pubbliche discussioni, diviene membro di accademie,
tutti la vogliono vedere. Addirittura Luigi XIV fa fermare a Padova
sulla via di Roma il cardinale César d'Estrées perché
verifichi se quanto si dice della donna corrisponda a verità.
Questi, accompagnato da due dottori della Sorbona, conversa con lei,
le fa commentare testi in greco ed ebraico, parla in francese, spagnolo
e latino; alla fine Elena dà anche un saggio musicale. Interviene
pure su temi politici, per esempio lodando la rottura dell'assedio
turco di Vienna, nel settembre 1683. In ogni caso non insegnerà
mai: non è uso che un patrizio veneto lavori (a meno che non
sia povero, ma non è proprio il caso dei Corner) e lei non
desidera farlo, visto che si è laureata solo per accontentare
il padre.
La durissima vita di studio e penitenze ha però minato la sua
salute. È lo stesso padre a sottolinearlo, in alcune lettere
che ci sono giunte. Ben presto le condizioni diventano critiche e
Elena Lucrezia muore trentottenne, il 26 luglio 1684. Il padre Giovanni
Battista vuole che la memoria della figlia (e della famiglia) sia
celebrata nei secoli e chiede di erigere un monumento sepolcrale.
Ma i benedettini di Santa Giustina, dove loblata viene sepolta
a terra, secondo il suo desiderio, lo impediscono e allora il procuratore
si rivolge ai padri conventuali del Santo che accordano il permesso
di costruire un cenotafio in onore della defunta. La volontà
del procuratore però non solo non sfida i secoli, ma neanche
i decenni. Passeranno soltanto 38 anni e il cenotafio sarà
demolito: il figlio di Giovanni Battista, nonché ultimo rampollo
dei Corner Piscopia, cederà alle pressioni dei frati che vogliono
eliminare il monumento perché limita la vista dellaltar
maggiore; la cosa cadrà a fagiolo perché, sperperato
il patrimonio familiare, il patrizio ha bisogno di soldi e in tal
modo può vendersi le statue della sorella.
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