Quando le venne affidata la guida della Nafdac, l'Agenzia
di controllo sui farmaci e nutrizione della Nigeria,
nessuno ci avrebbe scommesso un centesimo. Dora Akunyili era
del sesso e dell'etnia sbagliata, e non era
nemmeno iscritta al partito del presidente Obasanjo che, nel
2001, le diede l'incarico nel tentativo di dimostrare al mondo
la consistenza del proprio progetto di riforme. Ma occuparsi
di medicine nella patria della contraffazione non è uno scherzo,
soprattutto considerando il fatto che è il settore economico
più redditizio dopo il petrolio, strettamente controllato
da potenti cartelli mafiosi che producono, mettono in vendita
ed esportano le cosiddette medicine. Infatti, più che per
il petrolio o per la situazione esplosiva nel Delta, la Nigeria
è nota nel resto dell'Africa come patria dei farmaci contraffatti,
pessima fama confermata da uno studio condotto proprio dal
Nafdac nel 2001 dal quale risultava che più del 60 per cento
dei campioni prelevati nei mercati non erano regolarmente
registrati. Un problema che non riguarda tanto la questione
dei brevetti - anche se forse è proprio l'appoggio dei grandi
marchi internazionali a mantenere in vita la volitiva signora
- quanto l'efficacia delle cure. Di farmaci contraffatti in
Africa si muore: avvelenati da una partita contaminata, scaduta
oppure semplicemente inefficace. Nel primo caso il fenomeno
emerge - come quando, nel 2003, quattro bambini morirono in
seguito a un trattamento ospedaliero con adrenalina diluita
- nel secondo caso si muore senza nemmeno sapere di avere
assunto acqua distillata al posto della cura. In questa situazione
cosa può fare una donna, per giunta di etnia Igbo, piazzata
sulla poltrona giusto per fare un po' di scena? Moltissimo,
come hanno avuto modo di sperimentare i padrini del redditizio
traffico.
Nata nel 1954 in un villaggio del sud della Nigeria, Dora
Akunyili si è dimostrata subito molto brillante negli studi.
Premi, facilitazioni e borse di studio l'hanno portata a Londra
dove, nel 1988, ha completato la sua formazione in farmacologia
con un master di prestigio. Nello stesso anno, però, ha avuto
modo di sperimentare in prima persona la pericolosità dei
farmaci contraffatti quando sua sorella Vivian, diabetica,
è morta dopo un'iniezione di finta insulina. Evento che, almeno
secondo la leggenda, ha avuto un impatto notevole nella vita
della giovane Dora. Tornata in patria, dopo avere lavorato
nel Nigeria's Petroleum Trust Fund (fondo governativo che
istituito per finanziare progetti socialmente significativi
con i proventi petroliferi) è stata notata dal presidente
Obasanjo appena eletto con un programma riformista. Narra
la leggenda che, impressionato dalla sua onestà - aveva restituito
dei fondi stanziati per delle spese risultate non necessarie
- il presidente l'abbia messa a capo della Nafdac proprio
per dimostrare al paese che aveva davvero intenzione di fare
qualcosa contro la corruzione imperante.
Fin dall'inizio la "professoressa Dora", o "madame"
o "mamma Dora" come la chiamano quelli del suo staff,
si è dimostrata incorruttibile quanto inflessibile. Nel chiudere
mercati e fabbriche, nel requisire farmaci contraffatti e
nell'arrestare i trafficanti. Dura contro i mafiosi ma anche
contro le grandi compagnie come la Nestlè, colpevole di vendere
in Nigeria latte scaduto, madame non ha esitato nemmeno davanti
ai potenti locali, come quando fece chiudere la catena di
pasticcerie della moglie del presidente perché impiegava additivi
chimici vietati o quando multò una fabbrica dello stesso Obasanjo
per avere importato prodotti chimici senza permesso. Ma l'osso
più duro, per sua stessa ammissione, sono proprio quei signori
del farmaco «che da noi sono intoccabili» come ha dichiarato
in una recente intervista «Dall'indipendenza hanno accumulato
sempre più potere e oggi sono quasi delle divinità».
Per arginarli la coraggiosa Dora ha preso alcune misure: ha
ristretto la possibilità di importare medicine a due porti
e due aeroporti per facilitare il controllo e ha stilato una
lista delle 31 peggiori compagnie del mondo, quelle fabbriche
cinesi, pakistane e indiane che riversano in Africa il loro
materiale di scarto. Nel frattempo combatteva la propria battaglia
interna riformando radicalmente l'Agenzia di controllo e piazzando
nei posti chiave collaboratori fidati. Soprattutto donne,
come ebbe a dichiarare, visto che «le donne sono meno corrotte,
e quando ti trovi in una posizione che ti consentirebbe di
intascare centinaia di migliaia di dollari al mese bisogna
essere molto saldi per resistere». Così, mamma Dora ha licenziato
300 dei circa 3.000 addetti che costituiscono il personale
Nafdac, senza fare un'eccezione nemmeno per il fratello del
marito pescato con le mani nel sacco. «Non so se mio marito
mi abbia perdonato» confessa a un giornalista del Financial
Times «ma non avevo scelta: avrei distrutto ogni credibilità
agli occhi del mio staff se avessi fatto altrimenti».
L'attivismo di Dora, naturalmente, non è passato inosservato.
Come da manuale sono arrivati prima i tentativi di cooptazione
- «un milione di dollari? Si può fare», pare le abbiano detto
- e poi sono arrivate minacce e azioni intimidatorie. Come
l'incendio degli uffici dell'Agenzia a Lagos, e ben due tentativi
di omicidio andati a vuoto perché la signora ha imparato presto
a cambiare tragitti e piani di volo. Nel Natale del 2003,
però, mamma Dora è stata meno fortunata: appena il suo convoglio
di auto è arrivato in prossimità della sua abitazione un proiettile
ha sfondato il parabrezza sfiorandole la tempia. Un conducente
di autobus che si è trovato in mezzo al fuoco incrociato è
stato ucciso e «per questo non ho dormito per mesi», ha dichiarato
in seguito la zarina del farmaco.
Da quel Natale la vita di Dora Akunyili è cambiata radicalmente.
Dieci guardie armate fino ai denti la seguono ovunque mentre
una scorta è stata assegnata anche a suo marito che lavora
come medico in ospedale. L'ultimo dei suoi sei bambini è stato
spedito a studiare negli Stati Uniti dopo che due uomini hanno
cercato di rapirlo all'uscita di scuola. L'unico regalo che
la signora ha accettato dai produttori locali di farmaci è
la Bmw corazzata con la quale si sposta. Intimidita? Non sembra
proprio visto che la signora ora ha in mente di ristrutturare
l'intero sistema di distribuzione dei farmaci per garantire
maggiori controlli e, nel frattempo, sponsorizza una legislazione
più dura nei confronti dei produttori di medicine contraffatte
che attualmente pagano soltanto delle multe. Mentre la proposta
di legge langue in Parlamento, in pochi anni Dora è riuscita
comunque ad abbattere del 20 per cento le medicine contraffatte
in circolazione, salvando parecchie vite e spianando la strada
ai produttori onesti del suo paese.