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FRANCO BASAGLIA
Franco Basaglia nacque a Venezia l'11 marzo 1924, ove passo' una infanzia falice ed agiata nel quartiere di San Polo.

Conseguita la maturità classica proseguì gli studi iscrivendosi alla facoltà di Medicina e chirurgia dell'Università di Padova. Nel periodo universitario si dedicò ai classici della filosofia: Sartre, Merleau-Ponty, Husserl, Heidegger.

Terminati gli studi si laureò nel 1949 e più tardi nel 1953 si specializzò in Malattie nervose e mentali, unendosi in matrimonio con Franca Ongaro, che fu coautrice di alcune opere sulla psichiatria e deputata di Sinistra Indipendente.

Nel 1958 lavorò presso l'Università di Padova, come assistente presso la Clinica di malattie nervose e mentali ed ottenne la libera docenza in Psichiatria. All'epoca il prorettore dell'ateneo di Padova era Massimo Crepet, amico personale di Basaglia.

Per le sue idee innovative e rivoluzionarie Basaglia non venne bene accolto in ambito accademico, cosicché nel 1961 decise di a rinunciare alla carriera universitaria e di trasferirsi a Gorizia.

Fu direttore dal 1961 dell' dell'Ospedale Psichiatrico di Gorizia dove vi fu un forte impatto con la realtà manicomiale: c'era la massima segregazione dei malati mentali, la contenzione, la camicia di forza e l'elettroshock. Basaglia sosteneva con i medici e gli infermieri dell'ospedale psichiatrio che "Un malato di mente entra nel manicomio come ‘persona’ per diventare una ‘cosa’. Il malato, prima di tutto, è una ‘persona’ e come tale deve essere considerata e curata (...) Noi siamo qui per dimenticare di essere psichiatri e per ricordare di essere persone".

Basaglia applicò un moderno metodo terapeutico consistente nel non considerare più il malato mentale alla stregua di un un individuo pericoloso ma al contrario un essere del quale devono essere sottolineate, anzichè represse, le qualità umane. Il malato è di conseguenza in continui rapporti con il mondo esterno, in quanto gli è permesso di dedicarsi al lavoro e al mantenimento dei rapporti umani.

Questo metodo di cura, non è esente da concezioni politiche e sociali (vedi più sotto Antipsichiatria). Per un nuovo rapporto tra medico e paziente Basaglia si ispirò alla "comunità terapeutica" di origine inglese; i riferimenti teorici furono Sartre, soprattutto per quanto riguarda il concetto di libertà, Foucault e Goffman per la critica all'istituzione psichiatrica.

Basaglia si avvicina all'antipsichiatria, una corrente di pensero sorta in inghilterra nel quadro della contestazione e dei fermenti rivoluzionari del 1968 ad opera principalmente di D. Cooper (n. Capetown 1931).

L'antipsichiatria e l'azione dello stesso Basaglia prendono spunto dall'infelice situazione degli ospedali psichiatrici; il movimento si oppure alla psichiatria tradizionale. La psichiatria tradizionale, accusata di non aver compreso i sintomi della malattia mentale, doveva cessare di giocare un ruolo nel processo di esclusione del "malato mentale ", voluto da un sistema politico convinto di poter negare ed annullare le proprie contraddizioni allontanandole da sé, rifiutandone la dialettica, per potersi riconoscere ideologicamente come una società senza contraddizioni.

Questo in sostanza il fondamento dell'ideologia di Basaglia che naturalmente non era distante nè scevra da altre idee politiche del tempo; la psichiatria stessa e le soluzioni proposte erano e sono tutt'oggi fortemente contaminate dalla politica; è ben noto che l'eccessiva politicizzazione comporta o crea il rischio di una possibile utilizzazione per finalità eufemisticamente definibili "extra-assistenziali", sia che il malato mentale venga considerato "vittima sociale" o "espressione del capitalismo".

Scopo dell'antipsichiatria è di coinvolgere nella propria concezione polemica tutte le istituzioni: famiglia,, scuola, fabbrica. L'antipsichiatria rifiuta il modello medico biologico della malattia; è un modello fortemente impregnato di sostanziale libertà e anti-istituzionale., secondo il quale non si deve agire in difesa del malato mentale ma pensare solo di ricondurlo nell'ambito di una norma stabilita dal "potere".

Per il trattamento dei casi singoli essa riconosce validi esclusivamente gli interventi di ordine psicoterapico e a quelli politico-sociologici che avrebbero il compito di suscitare nel malato la presa di coscienza della vera origine della propria sofferenza; collega la prevenzione a un radicale rinnovamento del sistema sociale.

In Italia i fermenti e diversi motivi e affinità con il movimento psichiatrico sono stati ripresi da Basaglia, Jervis, con differenti versioni della psichiatria alternativa e un coinvolgimento politico di alcune forze della sinistra italiana.

La rivoluzione iniziò a Gorizia dove il manicomio fu profondamente trasformato tramite l'eliminazione di qualsiasi tipo di cura o contenimento e l'apertura dei cancelli, per dar luogo alla "comunità terapeutica"; i pazienti tornavano ad essere uomini, ovvero persone in crisi - anche esistenziale - quindi non più "malattia" e "diversità".

Diceva Basaglia: "Una cosa è considerare il problema una crisi, e una cosa è considerarlo una diagnosi, perché la diagnosi è un oggetto, la crisi è una soggettività’." ed ancora: "La follia è una condizione umana. In noi la follia esiste ed è presente come lo è la ragione. Il problema è che la società, per dirsi civile, dovrebbe accettare tanto la ragione quanto la follia, invece incarica una scienza, la psichiatria, di tradurre la follia in malattia allo scopo di eliminarla. Il manicomio ha qui la sua ragion d' essere".

Sue sono le opere del 1967 Basaglia "Che cos'è la psichiatria?" il volume succcessivo del 1968 "L'istituzione negata. Rapporto da un ospedale psichiatrico". Ma non dimentichiamo anche "Psichiatria e Antipsichiatria", una lunga intervista nella quale Basaglia illustra e si rifà ad una serie di teorie di Esterson, Laing e Cooper dove senza mezzi termini si afferma che "la famiglia è il crogiolo della schizofrenia". Proprio nella famiglia si individua quel difetto di comunicazione teorizzato da alcuni antipsichiatri e battezzato successivamente come double bind (doppio legame), teoria oggi obsoleta e del tutto sconfessata, ripresa da alcuni italiani come Cancrini.

Per le sue idee Basaglia fu in parte osteggiato anche negli stessi ambienti psichiatrici, specialmente in seguito ad un omicidio commesso da un paziente psichiatrico dimesso dal Basaglia che per tale ragione nel 1968 fu incriminato. Assolto, lasciò la direzione dell'Ospedale Psichiatrico di Gorizia.

Nel 1969 lo troviamo all'ospedale di Colorno a Parma e due anni dopo direttore del manicomio San Giovanni di Trieste; è il periodo, dove sono ancora caldi i fermenti del 1968, che precede la chiusura dei manicomi e la promulgazione della legge di riforma psichiatrica.

Basaglia a Trieste rivoluzionò l'ospedale psichiatrico avviando laboratori di pittura e di teatro. Venne formata anche una cooperativa di pazienti, che iniziavano a svolgere lavori riconosciuti e retribuiti. Nel 1973 Trieste venne designata "zona pilota" per l'Italia nella ricerca dell'Oms sui servizi di salute mentale. Tutt'oggi i servizi di Trieste propongono come slogan il motto "La libertà è terapeutica".

Nel medesimo anno gli psichiatri che identificarono le loro idee in Basaglia si coalizzarono in Psichiatria Democratica, un movimento tutt'ora esistente ed attivo nelle audizioni parlamentari, appoggiato dalle forze della sinistra italiana. Il movimento fu determinante nel dare impulso al superamento del manicomio tramite una serie di manifestazioni di protesta.
Nel gennaio 1977 nel corso di una conferenza stampa Franco Basaglia e Michele Zanetti, presidente della Provincia di Trieste, annunciarono la chiusura dell'ospedale psichiatrico San Giovanni.

L’anno seguente, il 13 maggio 1978, fu promulgata in Parlamento la legge di riforma psichiatrica, L. n.180/78. Secondo Basaglia il movimento di Psichiatria democratica doveva allora andare oltre la chiusura dei manicomi ed affrontare quel disagio sociale attraverso il quale miseria, indigenza, tossicodipendenza, emarginazione, delinquenza, conducono alla follia (ndr: oggi le cause sono tutt'ora sconosciute).

Nel novembre del 1979 Basaglia lasciò la direzione di Trieste e si trasferì a Roma, dove assunse l'incarico di coordinatore dei servizi psichiatrici della Regione Lazio.

Nell'agosto del 1980 Basaglia spirò nella sua casa a Venezia, dopo una lunga malattia.