Sigmund Freud

 

Medico e psicanalista austriaco (Freiberg, oggi Pribor, Repubblica ceca, 1856 - Londra, 1939).

Spesso isolato di fronte agli oppositori come ai suoi allievi, irriso dagli ambienti scientifici ufficiali viennesi, il fondatore della psicoanalisi ha operato una vera rivoluzione all’inizio del XX secolo con la “scoperta” dell’inconscio, attraverso l’interpretazione dei sogni come anche dei motti di spirito, con la rivelazione dell’importanza della sessualità nella vita psichica tanto normale che patologica e con la sua teoria del modo di funzionamento della vita psichica in generale.

Sigmund Freud visse le grandi rivoluzioni sociali e politiche del suo tempo nella Vienna di fine secolo capitale dell’impero austro-ungarico e vivaio di intellettuali e di scienziati come mai nella storia dell’umanità (pari all’Atene del V sec. a.C, alla Firenze del ‘500, alla Parigi del XIX secolo). Odiava questa città ma la lasciò soltanto sotto costrizione dopo l’Anschluss. Aveva tre anni quando Darwin pubblicò, Le origini delle specie (1859), undici anni quando Karl Marx fece apparire il primo libro del Capitale (1867), e diciannove quando uscì il libro di Nietzsche Umano, troppo umano (1875).

Gli anni giovanili

Sigismond Schlomo Freud nacque il 6 maggio 1856 a Freiberg, piccola città della Moravia. Suo padre, Jacob Freud, commerciante di lana, si sposò due volte. Dal primo matrimonio, ebbe due figli, Emmanuel e Philippe. Vedovo, sposò Amalia Nathansohn, di venti anni più giovane di lui. Sigmund - che modificò il suo nome all’età di ventidue anni - è il primo figlio nato da quest’unione. Suo padre aveva allora quarant’anni. Il primo amico di Sigmund Freud fu suo nipote John, di un anno appena più grande. In seguito nacquero cinque fratelli e sorelle. Avendo fatto fallimento Jacob Freud condusse nel 1870 la famiglia a Vienna dove visse poveramente; il piccolo Sigmund ha quattro anni.

All’istituto universitario, dove entra con un anno in anticipo, è un allievo brillante. Affascinato da Annibale, Napoleone, legge avidamente Ludwig Börne, Goethe, Shakespeare e la Bibbia. Alla fine dei suoi studi secondari, riceve le lodi dal suo professore di lettere per il suo stile. Sigmund Freud resterà segnato dalla sua cultura d’origine: «Essendo ebreo, mi trovavo scevro da numerosi pregiudizi (...) ero già preparato a pormi all’opposizione (...)». Ma, più che da una preoccupazione generica d’originalità, egli dimostrò «Un desiderio di sapere, che aveva come riferimento tuttavia più la condizione umana che quella della natura».

Freud sceglie di studiare medicina dopo avere assistito ad una conferenza dove era esposto il Saggio sulla natura, attribuito a Goethe. Le teorie di Darwin, allora molto discusse, ebbero anch’esse grande influenza su di lui. All’università, dove si iscrive nel 1873, non avrà vita molto facile.

Dopo alcune ricerche sulle ghiandole sessuali delle anguille, entra nel laboratorio del fisiologo Brücke, dove resterà a proprio agio sei anni (1876-1882). Nel corso delle sue ricerche, è molto vicino a scoprire il neurone che sarà descritto qualche tempo dopo da Waldeyer. Alla fine dei suoi studi, si dedica alla ricerca pura in anatomia patologica. Tuttavia, il suo maestro, Brücke, gli consiglia - certamente a causa dell’antisemitismo ambientale e della sua povertà che gli interdicono una carriera universitaria - di scegliere una pratica clinica. Si orienta verso la neurologia e lo studio di ciò che si chiamavano allora le malattie nervose. «Né a quest’epoca né più tardi, io ebbi una particolare predilezione per la condizione e le preoccupazioni solite del medico (...), ero piuttosto in preda ad una generica sete di sapere».

Della neurologia all’isteria

Freud pubblica alcuni articoli d’istologia nervosa. Seguendo i consigli del suo maestro, passa nel 1881 gli esami finali di medicina e lavora all’ospedale generale di Vienna. È chiamato a servizio dello psichiatra Meynert nel 1883. Da allora, l’onestà intellettuale ed il rigore che aveva appreso presso Brücke ed esercitato sugli elementi microscopici trova campo di impiego sull’ampio spettro delle persone.

Durante questo periodo fa due incontri fondamentali: quello di Martha Bernays, con il quale si fidanza (attenderà cinque anni l’apertura del suo studio per sposarla), e quello del neurofisiologo Josef Breuer, che avrà un posto rilevante nella sua vita e nelle sue ricerche. Nel 1885, ottiene una borsa di studio che gli permette di recarsi a Parigi, presso Charcot, i cui studi vertono sull’isteria. È in quest’ambito che scopre ad un tempo la potenza dell’ipnosi e la natura psichica dei sintomi isterici. Impressionato, rientra a Vienna, dove fa scandalo pronunciando una conferenza sull’isteria maschile, basata sugli studi di Charcot. «Da allora non ho più messo piede alla Società di medicina di Vienna». Apre il suo studio la domenica di Pasqua del 1886, e si sposa infine con Martha Bernays. Per trattare i pazienti che riceve, pratica allora l’elettroterapia e l’ipnosi. Traduce in tedesco le Lezioni del martedì di Charcot. Nel 1889, Freud fa un viaggio a Nancy per incontrare Bernheim, specialista dell’ipnosi. Tuttavia, il 1891, lo vede ancora dedito alla neurologia: esce allora il suo lavoro Sul concetto di afasia, nel quale critica la teoria delle localizzazioni cerebrali.

Josef Breuer, che aveva incontrato da Brücke e che aveva aiutato moralmente e finanziariamente il giovane studente Freud, sempre in preda a difficoltà materiali, gli aveva anche parlato, prima del suo viaggio a Parigi, di Bertha Pappenheim, che sarà la famosa Anna O. degli Studi sull’isteria: aveva scoperto che i sintomi di questa giovane paziente, colta ed intelligente, scomparivano quando poteva, sotto ipnosi, collegarli ad eventi “traumatizzanti” (il termine è di conio freudiano) del suo passato.

Fu il genio di Freud a stabilire una connessione d’ordine epistemologico tra gli sforzi di “modellizzazione” di Charcot - che restavano fondati su un’ipotesi meccanicistica-, ed i tentativi terapeutici di pratica clinica di Breuer: «Questi sintomi avevano dunque un senso, e corrispondevano ai residui o reminiscenze di situazioni emozionali». Ad un tempo, Freud, osservava il ruolo curativo della parola - il chimney sweeping (“spazza camino”) come lo chiamava Anna O. (Bertha Pappenheim) - che dava altra luce al sintomo. Quindi la ricerca freudiana prese un’altra direzione: essa non si doveva fare più in laboratorio, ma sulle e a partire dalle emozioni del paziente, e, anche, di quelle del ricercatore.

Freud concepì rapidamente l’idea che il trauma (termine ch’egli introdusse nel linguaggio corrente, originato dal tedesco Traum, sogno) primigenio era sempre d’ordine sessuale, fatto che Breuer, recalcitrante, non volle accettare. Charcot ne aveva avuto l’intuizione, senza tuttavia soffermarvisi. Freud seppe trarre le dovute conseguenze, sorprendenti per l’epoca, di quest’osservazione. Poneva così le fondamenta del suo particolare determinismo psichico, ossia la convinzione che ogni atto della nostra vita psichica (una dimenticanza, un lapsus, un motto di spirito etc) ha da essere messo in connessione con i dati nascosti della nostra psiche (inconscio) e questa con la nostra vita sessuale fin dai primi atti della vita neonatale. Nel 1896, Freud pronunciò una conferenza intitolata “L’eziologia sessuale dell’isteria”, che fece nuovamente scandalo. Era nato il pansessualismo freudiano - l’accusa invero che gli venne sempre rivolta e che non era distante dal cogliere il nucleo profondo della sua teoresi scientifica -, ossia che molti disagi psichici degli individui hanno un’origine sessuale ad essi ignota a livello conscio (inconscio).

Un anno prima, aveva pubblicato con Breuer Studi sull’isteria, che segna la nascita della psicanalisi freudiana facendo tuttavia apparire la divergenza teorica tra i due autori. Freud riconoscerà sempre il suo debito nei confronti di Breuer, ma d’ora in poi i loro cammini si separeranno. «Sotto l’influenza della mia scoperta sorprendente» (cioè dell’importanza delle “emozioni di natura sessuale”), scrisse Freud, «abbandonai lo studio dell’isteria ed iniziai ad esplorare la vita sessuale dei nevrastenici».

Parallelamente, elabora un metodo, che si affranca dall’ipnosi, ed una teoria, quella del trasfert (sostituzione per trasferimento, nelle relazioni emozionali del soggetto, da una persona a un’altra) e del primato della sessualità. L’ipnosi favorisce uno scarico emozionale che allevia il paziente attenuando o facendo scomparire temporaneamente i sintomi del malessere: è ciò che Breuer chiamava il metodo catartico. L’osservazione degli isterici che ha in cura conduce Freud ad abbandonare questa metodica a favore di una tecnica detta delle associazioni libere. «Feci fronte al nuovo stato di cose nominando il metodo d’indagine e di cura non più catarsi ma psicoanalisi». Da ora in poi egli è sensibile alle parole dei pazienti, ai loro sogni, alle loro memorie, che segue nell’espressione verbale dei loro conflitti interni. Capisce poco a poco che ciò che è stato dimenticato è “penoso, terribile, imbarazzante...” e scopre così i meccanismi della resistenza (rifiuto del soggetto a riconoscere un materiale inconscio) e della rimozione (tentativo di mantenere a livello inconscio un materiale psichico ritenuto inconfessabile): sono i primi tasselli della rappresentazione teorica del funzionamento della psiche e dell’inconscio.

Questo periodo di scoperta segna la vita personale e familiare di Freud. Ha sei figli, tutti recanti un nome in ricordo delle personalità ammirate o amiche: Jean Martin come Charcot, Oliver come Cromwell, Ernst come Brücke, il suo primo “maestro” in medicina, Mathilde come la signora Breuer, Sofia come la signora Paneth, moglie di un amico molto stretto, Anna come la figlia del professore d’ebraico della sua infanzia.

La nascita della psicoanalisi

Nel momento in cui si stacca da Breuer, Freud si lega fortemente ad un altro medico, Wilhelm Fliess, un otorinolaringoiatra berlinese. Dal 1890 al 1900 si scambieranno una fitta corrispondenza nella quale si mescolano i resoconti di fatti quotidiani e dei loro svaghi, i commenti di letture, le riflessioni sull’affare Dreyfus. Freud vi esprime anche le difficoltà che incontra nell’elaborazione teorica del suo sistema, le sue esitazioni dinanzi al carattere rivoluzionario che sottende il suo metodo di osservazione e cura dei pazienti, e la confusione profonda nella quale lo gettano talora le sue ipotesi scientifiche. Nonostante il dubbio e la sua ripugnanza, intellettuale e morale, dinanzi a ciò che scopre, Freud non rinuncia mai ad avanzare. La sua corrispondenza con Fliess fungerà da stanza di compensazione necessaria contro lo smarrimento in cui vien gettato dall’avventura scientifica in atto, e vi troverà incoraggiamento e comprensione. I due uomini si incontrano quanto più spesso possibile, in incontri che chiameranno il loro “congresso”.

Nel 1896, Freud è sconvolto dalla morte del padre. Come testimoniano le sue lettere a Fliess, si rende conto che ha riversato sull’amico un affetto e ne ha ricavato una dipendenza da cui dovrà liberarsi. È interrogandosi su questa relazione che progredirà nella conoscenza del suo stesso inconscio. Così arriverà ad avere l’audacia di consegnarsi ad un’auto-osservazione psicanalitica, ad autoanalisi che lo condurrà inevitabilmente alla rottura con Wilhelm Fliess.

Freud capisce che «i sintomi nevrotici non si collegano direttamente ad eventi reali, ma a residui, tracce di desiderio». Così, nella nevrosi, la realtà psichica, ovvero ciò che colpisce l’individuo, può avere più importanza della stessa realtà materiale, di ciò che effettivamente è successo. In altre parole non conta il fatto in sé, ma l’eco che rimbomba nella testa del soggetto, la rappresentazione mentale, inconscia, che egli se n’è fatta. Questa scoperta scuote completamente le sue osservazioni precedenti e modifica del pari la tecnica della psicanalisi. Applicando a se stesso questo metodo di indagine e quindi comprendendo meglio la natura della relazione intercorsa con il padre, anziano, e con la giovane madre, egli getta la base di ciò che chiamerà il complesso di Edipo, e assume per la prima volta uno dei suoi sogni come oggetto d’analisi. È il "sogno", si vorrebbe dire con un gioco di parole, di Giuseppe l’Ebreo della Bibbia, quello di divinare, interpretare i sogni e assegnare ad essi, attraverso un complesso processo di decifrazione simbolica il loro contenuto latente, il loro significato.

L’interpretazione dei sogni esce nel 1900. Accolta nell’indifferenza generale, è tuttavia un’opera capitale. I sogni - produzioni apparentemente assurde dello spirito - diventano improvvisamente un oggetto di studio principale, sono la “via reale verso inconscio”. Nel “lavoro del sogno” sono all’opera diversi meccanismi psichici: condensazione, spostamento, rovesciamento nel loro contrario dei pensieri inconsci sottostanti. Il contenuto manifesto del sogno è soltanto la messa in scena di un contenuto latente, che l’interpretazione - atto fondamentale dello psicanalista - mette in luce.

Alcune persone cominciano a interessarsi alle sue teorie: andranno a costituire il gruppo dei primi discepoli: Alfred Adler, Rudolf Reitler, Max Kahane, Wilhelm Stekel. Iniziano a riunirsi, fin dal 1902, ogni mercoledì sera, da Freud. Presto li raggiungono Paul Federn ed Hans Sachs.

Lo stesso anno, Freud fa un viaggio a Roma, di grande importanza per lui: fino ad allora non aveva potuto realizzare il suo desiderio di vedere la Città Eterna a causa di una fobia dei viaggi e di una sensazione ambivalente al riguardo di una città che incarnava per lui elementi di conflitti edipici. Dopo questo viaggio, rinsaldato nelle sue convinzioni, avanza la sua candidatura a titolo di professore aggiunto alla Facoltà: è nominato, grazie all’intervento di una paziente che riesce a rintuzzare le riserve delle autorità al suo riguardo. La concezione psicoanalitica della sessualità continua, infatti, a fare scandalo. Le tre prove sulla teoria della sessualità sconvolgono molti luoghi comuni: Freud vi sostiene che anche il bambino (un tempo ritenuto esente dai turbamenti del sesso come gli angioletti dei pittori) manifesta un sessualità attiva e che non ci sono frontiere tra il normale ed il patologico, che tutte le forme di sessualità, anche le più perverse, esistono nell’intimo di ogni essere umano. Si cerca di incastrare Freud a proposito del caso di Dora, resoconto della cura di una giovane donna che esprime desideri considerati inconfessabili. Attraverso questo caso, Freud consolida la costruzione del modello del transfert, benché la cura si riveli un fallimento terapeutico. Simultaneamente alla pubblicazione differita di questo caso, fa pubblicare, nel 1905, Il motto di spirito nelle sue relazioni con inconscio.

L’ ascesa del movimento psicoanalitico

Nel 1906, all’età di cinquantun’anni, Freud esce dall’isolamento. Psichiatri prestigiosi si accostano alla psicoanalisi; si tratta di Eugen Bleuler e del suo allievo Carl Gustav Jung, svizzeri entrambi, che conferiscono così alla scienza nascente una viatico universitario ed una dimensione internazionale. Il movimento prende slancio. Nel 1908, la Società psicanalitica conta trentadue membri e tiene il suo primo congresso a Salzburg. Lo stesso anno esce il primo giornale di psicanalisi («Jahrbuch für psychoanalytische und psychopathologische Forschung») sotto la direzione di Bleuler e di Freud, di cui Jung è il redattore in capo; la pubblicazione del giornale si interromperà durante la prima guerra mondiale. Gli zurighesi difenderanno ormai la psicanalisi, ed il metodo avrà diritto di cittadinanza nell’ospedale di rinomanza mondiale del Burghöltzli.

Sándor Ferenczi psicoanalista ungherese, diventerà in quel tempo un amico personale della famiglia Freud. Uomo di clinica medica, è spinto dalla sua curiosità intellettuale ad interessarsi ad ogni specie di situazioni cliniche ed assistere pazienti difficili; teorico, è interessato ad allargare il campo della psicoanalisi ( Thalassa, prova sulla teoria della genialità , 1924); visionario pragmatico, Sándor Ferenczi acquista una posizione crescente nel gruppo di Freud e dà così avvio ad una corrente fortemente rappresentata in Ungheria, quindi in Gran Bretagna ed in America del Sud. Sarà anche un compagno di viaggio di Freud, di seguendolo come un figlio spirituale.

Abraham Brill, ed Ernest Jones – il futuro biografo di Freud -, introducono la psicanalisi Oltremare. Karl Abraham fonda, nel 1910, la Società psicanalitica di Berlino; discepolo fedele di Freud, prenderà sempre le sue difese nei contrasti che lo opporranno a Adler, a Jung o a Rank. La sua opera, copiosa, approfondisce i concetti freudiani nella più assoluta ortodossia.

Nel 1909, Freud è invitato negli Stati Uniti. Pronuncia una serie di conferenze sulla psicoanalisi alla Clark University a Worcester. Jung e Ferenczi lo accompagnano. Freud riceve un’accoglienza molto favorevole, che contrasta con la sfiducia o l’ostilità montante in Europa.

Primi dissensi

Nel 1910, al secondo congresso del movimento psicoanalitico, a Norimberga, scoppiano conflitti tali che Freud lascia la presidenza del gruppo viennese a Adler, mentre Jung diventa presidente della «Società internazionale di psicoanalisi» che ha appena isitutuito Ferenczi. Le riviste di psicoanalisi si moltiplicano: la «Zentral Blatt für Psycho-Analysis», animata da Adler e Stekel, quindi «Imago», diretta da Sachs e Rank. Presto, Adler crea un gruppo dissidente, la «Società di psicoanalisi libera». La sfida teorica è di grosso spesso teorico: si tratta di ridurre al minimo l’importanza della sessualità e del derivante determinismo psichico a favore del potere di direzione della volontà degli uomini. Quindi è Stekel che lascia il movimento nel 1912. La separazione da Jung è più delicata, poiché si mescolano delle considerazioni teoriche, politiche ed emotive. Freud aveva puntato su Jung per la propria successione alla direzione del movimento. All’inizio dei loro primi rapporti intellettuali, Freud si sforzò di ignorare la tendenza di Jung a psicologizzare la teoria psicoanalitica ed a sostituire il funzionamento psichico interno con una visione mistica ed universale (teoria degli archetipi). Se Adler trasformava la libido in una forza che si esercita sul piano sociale, Jung, diluiva questo concetto fino a farne una forza vaga e sfocata, una sorta d’energia interiore. Il concetto freudiano di una forza motrice, di natura sessuale, presente fin dall’infanzia, è stato e resta all’origine delle più grandi contestazioni alla psicoanalisi.

Freud non si accontenta di respingere queste resistenze e queste deviazioni, le utilizza piuttosto per approfondire il suo pensiero ed elaborare un altro modo di concepire il funzionamento psichico inconscio: Introduzione al narcisismo (1914) è un testo animato in modo sotterraneo dal suo desiderio di mostrare le differenze tra la sua teoria della libido è quella di Jung. Freud distingue ormai due forme di libido: una libido oggettiva (esterna, proiettata verso l’oggetto del desiderio pulsionale), e una libido narcisista, incentrata sull’individuo stesso. Questa distinzione, oggi classica, comportava una più grande complessità a livello teorico, seminando scompiglio fra gli allievi di Freud.

Adler si dimette nel 1911, prima del congresso di Weimar, e Jung nel 1913, dopo quello di Monaco. Per prevenire altre rotture, sempre molto penose per Freud, Jones istituisce un “comitato segreto” allo scopo non soltanto di aiutare Freud nei suoi lavori e di diffondere le sue idee, ma anche di proteggere dalle scosse inevitabili la disciplina ancora nascente. Il comitato, che si riunisce per la prima volta il 25 maggio 1913, è composto da Jones, Ferenczi, Rank (che abbandonerà a sua volta), Sachs, Abraham.

In questo periodo, Lou Andreas-Salomé s’accosta al movimento. Letterata, amica di Nietzsche, musa Egeria di Rainer Maria Rilke, diventa molto amica di Freud.

È un periodo molto fertile per Freud. In Cinque conferenze di psicoanalisi(1911), lo studio a partire dalla monografia sul presidente Schreber, che gli era stata indicata da Jung, gli permette di aprire il campo sull’esame clinico della paranoia e dei fenomeni di proiezione, connessi all’omosessualità rimossa. Quella dell’”uomo dei lupi”, un paziente di Freud sofferente per una grave nevrosi, gli dà l’occasione di opporsi formalmente alle concezioni di Adler e di Jung, che volevano provare il nesso tra l’insorgenza della nevrosi con l’accadere di eventi sociali o personali recenti nella vita del paziente. In questo studio, Freud insiste sulla nevrosi infantile e si dichiara stupefatto dal materiale sessuale infantile che la psicanalisi del suo paziente ha fatto emergere. Lo studio del caso del piccolo Hans (1909), figlio di un allievo di Freud, viene anch’esso a confermare l’importanza dei residui traumatici sessuali infantili nell’insorgenza di disordini nevrotici. Questi testi, oltre al loro interesse teorico, sono rivelatori dello stile di Freud, che coniuga, in modo quasi romantico, la complessità e la flessibilità del pensiero alla limpidezza delle frasi e delle parole usate.

Allo stesso tempo, in Totem e tabù (1913), Freud dà un’ampiezza nuova al suo pensiero estendendo le sue indagini alla storia delle religioni e delle società, di cui compara il processo evolutivo a quello dell’individuo. Freud radica l’origine delle società umane in un evento: l’omicidio del padre dell' orda primitiva, che unisce tutti i figli in un sentimento di colpevolezza comune. Per difendersene e sfuggire alla reiterazione della violenza cui hanno dato avvio, organizzano norme di vita e leggi sociali. Le prime tra esse sono i tabù: divieto di incesto, dell’omicidio dei rappresentanti totemici del padre, ed istituzione dell’esogamia. Si riconoscono qui le caratteristiche della situazione conflittuale edipica, che qualsiasi individuo attraversa nella sua infanzia. Freud riprenderà questo tema nel suo libro Mosè e il monoteismo .

Nel corso di questi anni, Freud allargherà ancora il campo della sua riflessione ad altri ambiti, in particolare, con lo studio sul romanzo di Jensen, Gradiva, ed il suo lavoro su Leonardo da Vinci, dove sono analizzate, attraverso le opere d’arte, le relazioni tra la curiosità sessuale infantile, la pulsione di conoscenza e la sublimazione.

Gli anni della Grande Guerra

Prima dello scoppio del conflitto, le condizioni di vita di Freud sono relativamente soddisfacenti. Segue l’istruzione dei suoi sei figli, ospita in casa la cognata, trascorre ogni estate le vacanze in famiglia e in montagna e fa alcuni viaggi. La guerra distrugge questo bell’equilibrio. I suoi tre figli maschi partono al fronte, la clientela è dispersa. Di tutti i suoi parenti, solo Sachs resta a Vienna. Queste disgrazie pubbliche e private conducono Freud ancora una volta ad una ulteriore evoluzione teorica. «L’umanità, non ne dubito, si riprenderà anche da questa guerra, ma sono certo che né io né i miei contemporanei troveranno un mondo felice (...) tutto succede come la psicanalisi avrebbe potuto prevedere secondo la conoscenza che essa ha dell’uomo e del suo comportamento». Ma si rimette al lavoro e pubblica nel 1915 Metapsicologia , dove studia in particolare la questione della pulsione, dell’inconscio e della rimozione, di cui distingue tre aspetti: dinamico, topico ed economico. Nel 1916 e nel 1917, dà una serie di conferenze all’Aula Magna della clinica psichiatrica di Vienna, che saranno pubblicate nel 1917 sotto il titolo Conferenze d’introduzione alla psicoanalisi.

Due personaggi importanti gli si avvicineranno: Georg Groddeck, il promotore della medicina psicosomatica, ed il mecenata Anton von Freund, la cui generosità permetterà di creare una casa editrice specializzata in testi di psicanalisi. Prima della fine delle ostilità, Abraham organizza a Budapest il quinto congresso internazionale, il cui successo si basa sulla scoperta e lo studio psicanalitico delle nevrosi di guerra.

Freud è colpito da gravi lutti. Perde il fratellastro Emmanuel e il suo amico e mecenata Anton von Freund e, scomparsa penosa tra tutte, la figlia Sophie, portata via dalla spagnola all’età di ventisette anni. L’anno 1920 è quello di un’altra svolta nell’opera di Freud: mentre scrive il saggio sull’Io e l’Es è colpito da un nuovo lutto: il piccolo Heinz, uno dei figli di sua figlia appena deceduta, al quale era molto attaccato, muore a sua volta.

Nel 1923, il suo amico e medico Felix Deutsch gli diagnostica un cancro al cavo orale (Freud fumava molto il sigaro). Poco dopo, subirà il primo dei trentatre interventi praticatigli sulla mandibola. Accetterà con coraggio il deterioramento progressivo delle sue condizioni fisiche dovuto alla malattia che gli ostacola l’uso della parola e gli impone una protesi ingombrante e affliggente. Senza lagnarsi mai, si batterà per non perdere la sua lucidità. Fino alla fine, accetterà serenamente la propria morte, tenendosi sempre distante dall’accettazione di ogni credo religioso. «Considero come una vittoria poter conservare una chiarezza d’intelletto in qualsiasi circostanza», scriverà ad un amico in una lettera datata del 1926.

Nel 1923, nel momento in cui Freud è provato da queste avversità, il Comitato segreto è lacerato da dissensi e rivalità, acuiti dall’eventualità che Freud possa morire rapidamente per via del cancro. Le clausole del Comitato prevedevano che tutti i membri dovessero presentare le loro pubblicazioni agli altri: nel 1923, Rank e Ferenczi disattendono il vincolo e pubblicano «Lo sviluppo della psicanalisi», volume che Freud accoglie favorevolmente. Tuttavia Rank vi espone già le sue teorie della nascita intesa come trauma primigenio ed universale; Ferenczi, a sua volta, vi espone i suoi tentativi di psicanalisi breve ed attiva. Là dove Freud vede uno sforzo di ricerca, gli “ortodossi”, riuniti intorno ad Abraham, individuano un’eresia.

Il trionfo

Freud ormai è considerato unanimemente come un pensatore di fama universale. La sua riflessione si innalza sempre più dalle indagini clinico-mediche dalle quali era partita e si pone come una teoria generale e complessiva sulla vita dell’uomo sia come individuo che come specie. Pubblica, nel 1927, Il futuro di un’illusione , dove lumeggia il funzionamento del bisogno religioso, della sua illusione e dei suoi rapporti con la verità, e conclude con un omaggio al procedimento scientifico.

Mostra con ancora più precisione ne Il disagio della civiltà (1930) che la religione veicola dei bisogni arcaici inconsci. La società e la cultura hanno come funzione precipua la repressione degli istinti e recano in sé un potenziale di disagio e di conflitti insorgente tra i bisogni naturali dell’uomo e le costrizioni della vita collettiva; questo disagio è interiorizzato a livello psichico tra gli impulsi di vita (Eros) e gli impulsi di distruzione (Thanatos).

In questo periodo, Freud si astiene da ogni attività di medico analista e sottopone ad analisi soltanto gli allievi in tirocinio. Oggetto di frequenti sollecitazioni, scambia una fitta corrispondenza con i grandi intellettuali del suo tempo: Romain Rolland, Thomas Mann, Arthur Schnitzler, Stefan Zweig, Alfred Einstein. Nel 1933, su richiesta di quest’ultimo, pacifista militante, scrive un testo per la Società delle Nazioni, Perché la guerra , dove indica come fondo della natura umana la violenza e l'odio.

Nel 1930 gli viene assegnato il premio «Goethe», che la figlia Anna - la sola dei suoi figli che diventerà psicoanalista - riceverà al suo posto. Il suo settantacinquesimo compleanno è segnato da manifestazioni d’amicizia e d’ammirazione nel mondo intero.

L’esilio

Durante l’ascesa del nazismo, di cui segue con timore l'avanzata in Austria, Ferenczi lo incita a fuggire, ma, stanco e malato, Freud non teme la morte. Ben presto, tuttavia, i suoi libri sono bruciati in pubblica piazza a Berlino, la psicanalisi è denunciata come una “scienza ebrea”, nonostante gli sforzi di alcuni che tentano “di salvarla” attraverso la fondazione di un istituto di psicoterapia a Berlino. Per parte sua, in questo frangente, Jung opta per quella che definisce una “psicologia ariana”.

Freud subisce senza recriminare, e a volte con umorismo, le “attenzioni” della Gestapo austriaca. Tuttavia, dopo l’ Anschluss, nel marzo 1938, Ernest Jones, la principessa Marie Bonaparte, cofondatrice della società psicanalitica di Parigi e della Rivista francese di psicanalisi, e William O. Bullitt, ambasciatore degli Stati Uniti in Francia, organizzano la partenza per Londra della famiglia Freud. Furono probabilmente le minacce d’arresto pendenti su Anna che indussero Freud a lasciare Vienna; egli stesso era troppo famoso per essere attaccato personalmente, e sotto il suo prestigio trovarono riparo numerosi allievi che poterono fuggire prima di lui. La società viennese di psicanalisi fu sciolta. Le quattro sorelle di Freud, rimaste in Austria, furono deportate e morirono in campo di concentramento.

Il 4 giugno 1938 Freud lascia Vienna per sempre e si reca a Londra, dopo una sosta a Parigi. Accolto con entusiasmo nella capitale britannica, isolato tuttavia sul piano personale a causa della sua malattia, si affida al lavoro e riceve soltanto alcuni ospiti stranieri di rango come Malinowski, Chaïm Weizmann, Salvador Dalí, che ne fa il ritratto, Stefan Zweig. Allo stremo delle forze, in preda a sofferenze atroci, si rivolge al suo medico curante Schur: « Mi avete promesso di aiutarmi quando non ne avrei potuto più. Adesso è soltanto una tortura e ciò non ha più senso ». Una quantità trascurabile di morfina lo addormenta placidamente. Muore il 23 settembre 1939.

Che possieda o no pienamente lo statuto di una formulazione scientifica, che sia o meno una pratica clinica efficace per la cura dei disagi psichici (quella malalingua di Karl Kraus diceva che la pisicoanalisi è una malattia di cui vuole essere la terapia), sicuramente la psicoanalisi e il freudismo nello scoprire quel "continente sommerso" che è l'incoscio e nell'offrire congetture teoriche di grande fascino argomentativo e forza rivelatrice sull'uomo in quanto individuo e in quanto specie, resta uno dei costrutti teorici più importanti che mente umana abbia mai consegnato all'umanità perché essa possa capire, e mai come in questo caso, per capirsi.

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