ROBERTO ASSAGIOLI
GLI ANNI DELLA FORMAZIONE

Roberto Assagioli, medico psichiatra, nacque a Venezia il 27 febbraio 1888. Nato Roberto Marco Greco (cognome originario di Assagioli) da genitori ebrei, rimasto orfano di padre a soli due anni e adottato dal dottor Alessandro Emanuele Assagioli, si dimostrò subito dotato di capacità di apprendimento straordinarie e imparò contemporaneamente, oltre all'italiano, l'inglese e il francese (e, in seguito, anche il tedesco). A Venezia visse fino al 1904, anno in cui conseguì la maturità al liceo Foscarini.

Frequentò l'università a Firenze, iscrivendosi in medicina e chirurgia. La scelta di uno studio di tipo scientifico non limitò, però, i suoi interessi culturali, che furono e restarono vastissimi: letterari, filosofici, spirituali, tutti ad orientamento transculturale. Viaggiò molto all'estero, frequentando i più conosciuti psichiatri e psicologi e partecipando a numerosi congressi internazionali.

Contemporaneamente, si dedicò all'approfondimento di uno dei suoi principali interessi, ossia lo studio del pensiero orientale in genere e della grande tradizione spirituale indiana in particolare (soprattutto attraverso un testo sacro fondamentale come la Bhagavad-Gita), nonché delle discipline esoteriche e delle varie forme di spiritualità e misticismo.

Assagioli cominciò a pubblicare molto giovane: del 1903 sono due articoli apparsi sul “Giornale di Venezia” e il 22 novembre 1903 esce sul quotidiano “La Nazione” un suo articolo dal titolo La crisi del libro in Francia. Nel 1906 esce sulla “Rivista di psicologia” Gli effetti del riso e le loro applicazioni pedagogiche, dove sostiene che il riso stimola l’intelligenza e sviluppa il senso critico producendo un’azione distensiva. Come vedremo, Assagioli manterrà inalterato nel tempo il suo giudizio fortemente positivo espresso sull’umorismo.

Dal 1906 al 1908 Assagioli fu bibliotecario della Sezione Psicologica, inserita nell'insegnamento di Filosofia Teoretica dell'Università di Firenze. La Biblioteca fu un ambiente favorevole per un libero scambio di idee, frequentata principalmente da persone che, pur ispirate da una volontà di reazione al positivismo, cercavano un punto d’incontro tra la ricerca scientifica e l’indagine metafisica.

Negli stessi anni collaborò con Papini e Prezzolini alla redazione del “Leonardo”, rivista aperta al misticismo e all’occultismo, interessata al pragmatismo americano e critica nei confronti del ruolo predominante assunto della scienza e propugnato dai positivisti.

Il “Leonardo” uscì a Firenze il 4 gennaio 1903 in formato di "foglio", proponendo l’immagine di una rivista filosofica, ma in fondo era la letteratura o meglio, l’aspetto letterario dell’esposizione, ad avere la meglio, in quanto mancava a livello teorico un pensiero organicamente strutturato. Intuizionismo, attivismo, misticismo, onnipotenza magica erano gli ingredienti della miscela irrazionalistica che alimentava le pagine della rivista, frammisti alla presentazione di filosofi ancora assenti dal nostro panorama come Bergson, Kierkegaard, Dewey. Nonostante vi venisse esaltata la personalità dei due fondatori, rilevante fu il ruolo e l’influenza del “Leonardo” sulla cultura italiana nei primi anni del Novecento.

GLI SCRITTI GIOVANILI
Nel febbraio del 1906 Assagioli sul “Leonardo” pubblica l’articolo L’arte della creazione: Edward Carpenter ‘the art of creation. Qui mostra un forte interesse per gli stati inesprimibili di super-coscienza mistica di cui parla il Carpenter. Nell’ opera si dà infatti importanza al continuo scambio dal sentimento al pensiero e da questo all’ azione, dal mondo dei sogni al mondo delle cose reali. Il Carpenter dimostra che non c’ è differenza essenziale tra questi due mondi e la stessa arte della creazione li produce entrambi. L’uomo, egli sostiene, ha in sé il potere di proiettare le immagini mentali direttamente nel mondo esterno in modo tangibile e visibile ed avvalora questa tesi con esempi di fatti riguardanti il sonno, i mediums, la creazione intellettuale. Assagioli prende dal Carpenter l’idea che dobbiamo imparare a praticare l’ Arte della Creazione su noi stessi.

Fu in questo periodo che iniziò a delinearsi la prima espressione del suo pensiero: già dai primi articoli qui pubblicati infatti, Assagioli sostenne il principio che dovrebbe animare il corso della vita di ognuno, cioè quello dell’evoluzione interiore come conquista di livelli sempre più alti di coscienza. In particolare il famoso scritto Fantasia in re interiore (uscito nel febbraio del 1907) rivelò un momento centrale della vita dell’autore, di cui Alessandro Berti offre una interessante chiave di lettura: “Mediante questa complessa allegoria egli comunica in realtà un mutamento avvenuto nel suo interno, e partecipa agli altri la gioia derivatagli da una sua personale illuminazione interiore”[1].

La favola sembra preannunziare un disegno dell’autore già prefigurato nelle sue linee essenziali: vi troviamo infatti in embrione tutti i riferimenti di una ricerca di elevazione spirituale. Fantasia in Re Interiore narra di una città posta ai piedi di un’alta montagna la cui vetta, sempre avvolta dalle nuvole, non era visibile. I suoi abitanti vi conducevano una vita dedita alle normali attività del quotidiano, rivolgendo di tanto in tanto uno sguardo verso l’alto, finché un giovane intravide, in uno squarcio delle nubi, la vetta della montagna e su questa un castello. Allora molti ricordarono una leggenda che raccontava l’esistenza di un Castello invisibile posto sulla cima della montagna, ed all’interno del quale viveva prigioniero un Re che attendeva da tempo immemorabile di essere liberato. La vita della città ne fu turbata, molti si ponevano domande ma nessuno osava scalare la montagna che appariva inaccessibile. Finché un giorno arrivò in città un vecchio straniero, i cui occhi “avevano uno splendore straordinario”[2], il quale, venuto a conoscenza del fatto, volle radunare nella piazza della città tutti gli abitanti per raccontare loro la sua storia. Egli proveniva da una città simile a quella, posta ai piedi di una montagna sulla cui cima, nascosto dalle nuvole, vi era un “Castello di Luce”. Coloro che tentarono la scalata della montagna, perirono perché impreparati all’impresa. Solo un giovane dalla “fede ardente, dal cuore puro e dalla volontà indomabile”, dopo avere a lungo cercato un passaggio, resistendo ad ogni tentazione e superando ogni ostacolo trovato sul suo cammino, riuscì nell'impresa. Egli non fece più ritorno, ma rimase in contatto con i suoi concittadini inviando loro, in modo misterioso, messaggi di gioia ed armonia. A questo punto del racconto il vecchio venne interrotto dall’intervento delle autorità che, giudicandolo colpevole di turbare l’ ordine, lo condannarono a morte. La sentenza fu immediatamente eseguita, ma subito dopo le nubi si squarciarono rivelando la vetta luminosa.

Nella lettura della rappresentazione simbolica della favola, la scalata della montagna potrebbe significare il percorso di quell’evoluzione interiore cui dovrebbe tendere ogni uomo, per la conquista di livelli sempre più alti di coscienza, fino ad arrivare al Re o Sé interiore. Sebbene il mondo delle cose ci svii continuamente, basta intravedere, in uno squarcio tra le nubi, il Castello di Luce, ricevere un’illuminazione, per risvegliare in noi quell’aspirazione alla spiritualità che c’è in ogni uomo. Ma questo richiamo, da solo, non è sufficiente: è necessario prepararsi, possedere fede ardente, purezza di intenti, volontà indomabile. Allora, guidati da un maestro spirituale, si riuscirà ad arrivare agli “abissi di Luce” dai quali non si ritorna. Nella simbologia, la morte del vecchio straniero potrebbe forse significare che ogni rinascita è preceduta da una morte e, nel caso specifico, può essere interessante considerare che è una morte stabilita dalla legge degli uomini.

Del 1907 è l’articolo Per un nuovo umanesimo ariano, pubblicato nel “Leonardo”. Qui Assagioli propone una fusione di due civiltà millenarie, l’europea e l’antica cultura indiana. Seguendo quell’indirizzo della cultura europea che guarda all’Oriente nella nuova ricerca spirituale, Assagioli trova nella cultura indiana quegli elementi vitali di cui la civiltà europea ha bisogno. Egli evidenzia tuttavia la difficoltà degli studiosi occidentali a comprendere una civiltà così diversa, alla quale erroneamente applicavano metodi e schemi intellettuali occidentali. E’ il lato mistico ed esoterico a sfuggire alla comprensione degli occidentali. Allo stesso Paul Deussen, dice Assagioli, al quale egli pur riconosce di avere realizzato il miglior studio, dal punto di vista filosofico, della letteratura vedica e del sistema Vedanta, sembra mancare una corrispondente conoscenza di quegli argomenti, soprattutto riguardo alle Upanisad[3].

Egli rilevava come fosse in aumento negli ultimi anni nella cultura europea ed in quella americana un potente risveglio delle tendenze idealistiche come reazione al materialismo, indifferente ai lati più nobili, fecondi e trascendenti della natura umana, ed all’insufficienza della spiegazione meccanica dell’universo. Si avvertiva il bisogno di una nuova impostazione metafisica dei grandi problemi filosofici e specialmente di quello della vita, un bisogno capace di realizzare una personalità armonica in grado di coordinare in una sintesi superiore gli elementi discordanti del nostro io. E’ questa sintesi, sostiene Assagioli, che tutti cerchiamo. Nell’uomo occidentale esiste una profonda disarmonia fra due opposte personalità, dovuta, secondo Assagioli, al contrasto fra il pensiero e il sentimento, fra la ragione e la fede, e troppo spesso tutto si traduce in una sterile lotta fra queste antinomie. Nella personalità armonica, al conflitto si sostituisce la cooperazione dei diversi io, delle diverse energie per la realizzazione della nostra vita interiore, e scopriamo, in questa ricerca, che possediamo forze, possibilità ancora sconosciute a noi stessi. Ma in questo percorso di ricerca interiore, come già indicava in Fantasia in Re Interiore, abbiamo bisogno che una guida sicura e sapiente ci indirizzi e ci diriga. Assagioli individua questa guida nell’ antica civiltà indiana nella quale questo dissidio interiore non esiste. Le civiltà classiche, latina e greca, egli spiega, non avrebbero soddisfatto questo bisogno perché sarebbero state, come la nostra, essenzialmente esteriori, mirando, quella latina, alla massima attività pratica e al più grande dominio e possesso materiale, e, quella greca, alla più perfetta espressione artistica della bellezza formale. A farci da guida attraverso l’ignoto labirinto del nostro io ci sono, per Assagioli, le Upanisad, i sistemi Vedanta e Yoga: “Ma colui che, padroneggiando i sensi mediante la mente, intraprende con distacco la pratica dello yoga dell’azione, mettendo in opera le proprie facoltà attive, quegli eccelle”[4]. Lo Yoga in particolare dimostra di possedere conoscenze per noi nuove sulla complessa struttura del nostro io interiore, e ci fornisce un insieme armonico di norme pratiche allo sviluppo e alla direzione di quelle forze che individua in noi. Il fine dello Yoga è l’ annientamento della nostra piccola, meschina, ristretta coscienza individuale e la identificazione con la coscienza universale. In particolare, nel Raya-Yoga Assagioli trova espresse e mirabilmente fuse e coordinate alcune dottrine psicologiche conosciute in Europa solo negli ultimi anni, come il will to believe e il mind stream del James, la suggestione, l’attività del subcosciente, ecc. E’ sempre in India, nel Buddismo, che Assagioli trova un’ulteriore risorsa alla esigenza di rinnovamento morale, un rinnovamento che alla febbre di possesso sostituisca la serenità interiore e l’ infinita pietà per il riconosciuto universale dolore. Dalla lettura della Bhagavad-Gita e degli aforismi di Patanjali, Assagioli rileva come la psicologia introspettiva indiana sia più avanzata della psicologia contemporanea europea, soprattutto riguardo agli stati più elevati di coscienza, arrivando a profetizzare che “tra non troppi anni i progressi della psicologia interiore in Europa renderanno necessaria l’ adozione di molti termini tecnici indiani per designare stati di coscienza per i quali tutte le lingue europee mancano di equivalenti, e si parlerà di pratyahara, di dharana, di dhyanam, di samadhi, ecc.”[5].

Significativo è anche l’articolo dell’aprile-giugno 1907 comparso sempre sul “Leonardo” dal titolo Il nuovo pensiero americano. Il New Thought, in cui vengono anticipate molte idee che costituiranno più tardi i fondamenti della psicosintesi. Qui Assagioli individua la volontà come lo strumento con il quale l’uomo può realizzare quel processo di evoluzione interiore il cui fine è il raggiungimento di stati di coscienza sempre più alti fino al percepire di essere la stessa Vita Universale. Egli fa suo l’ottimismo dinamico del “Nuovo Pensiero”[6], la convinzione dell’infinita possibilità di trasformazione del mondo per mezzo di leggi spirituali, e della continua trasformabilità interiore dell’uomo il quale ha il compito di realizzarla e governarla. E’ questo il lato mistico del Nuovo Pensiero, dice Assagioli, ed ha caratteri che lo distinguono dal misticismo europeo e da quello orientale. “gli uomini, oltre alla possibilità di sviluppare le facoltà che esistono già in loro, hanno anche quella di acquistare, sia pure gradatamente, delle facoltà completamente nuove, di diventare esseri completamente diversi dagli uomini ordinari.”[7]

Da questa capacità di trasformare sé stessi dipende anche la possibilità di cambiare il mondo in cui viviamo. Alla volontà è riconosciuto un grande potere: essa è una forza che deve essere allenata, sviluppata tramite il suo concentrarsi su una rappresentazione, su una immagine mentale. Facendo propria una frase di P. Mulford: ”i pensieri sono cose, come un uomo pensa egli è”, Assagioli riconosce l’influenza reale, la forza nell’azione pratica delle immagini mentali. La nostra capacità di concentrazione si disperde nel fluire di immagini, ma se noi, dice Assagioli, staccandoci da tale fluire, riusciamo a “concentrare per lungo tempo tutta la nostra volontà su una stessa immagine o proposito, questa acquisterà un’incredibile, terribile potenza”[8], potrà trasformarsi in atti esterni o interni capaci di produrre modificazioni durature. Anticipando i concetti di disidentificazione (cfr. cap. 4) e dell’ ”agire come se” che applicherà in Psicosintesi, Assagioli sviluppa la “volontà di credere” di W. James in “volontà di credere di essere” attribuendo alla volontà una funzione creatrice e di trasformazione interiore; un richiamo, questo, all’Arte della Creazione del Carpenter ed alle “forme-pensiero” insegnate da Annie Besant[9], la quale negli anni 1898 e 1900 diffondeva in Italia i contenuti del movimento teosofico già trasmessi dalla Blavatski[10], fondatrice quest’ultima della Società Teosofica.

Secondo Annie Besant “l’ aura dell’ uomo è la parte esteriore della sostanza nebulosa dei suoi corpi superiore, interpenetrantisi l’uno con l’altro. (…) due di questi corpi, il mentale e il corpo dei desideri, sono quelli maggiormente interessati nella comparsa delle così dette forme-pensiero. (…) Ogni pensiero mette in movimento una serie di vibrazioni (…) Il corpo, sotto questo impulso, espelle una parte vibrante di se stesso, (…) In questa operazione avviene che la parte espulsa attrae a sé materia elementale del mondo mentale, materia che è di natura straordinariamente sottile. Otteniamo così una forma-pensiero pura e semplice, una entità oltremodo attiva, che attinge vitalità all’idea che l’ha generata. Se essa è fatta di materia delle più sottili, avrà grande forza ed energia, e sotto la direzione di una volontà calma e forte potrà servire da agente potentissimo”[11].

Importantissimo, nel Nuovo Pensiero, rileva Assagioli, è il lato mistico. Diversamente dal pensiero europeo ed orientale, l’autore pone come scopo di questa trasformazione l’acquisizione di facoltà completamente nuove, di facoltà che ci facciano diventare esseri completamente diversi dagli uomini ordinari. Al centro di questo processo Assagioli pone la coscienza, indicata come la parte più intima ed essenziale di ogni individuo, perché ad una sua trasformazione corrisponde una trasformazione di tutta la nostra personalità.

Le cause che determinano le oscillazioni della coscienza sono generalmente indipendenti dalla nostra volontà, ma per il nuovo misticismo la volontà e la concentrazione sono fondamentali e possono condurre la nostra coscienza a stati superiori a quelli ordinari, stati nei quali ci si sente una cosa sola con la natura. La volontà, con la meditazione prolungata su immagini mentali, può portarci a questi stati di coscienza, ed entrando in comunione con il mondo, si può arrivare a degli stati di coscienza cosmica, dove l’ uomo è in comunione con lo stesso principio che anima tutte le cose e tutte le creature. Viene superata anche la nozione di tempo: nel quotidiano la sua misura è data infatti, dice Assagioli, dai mutamenti che avvengono nelle cose ed in noi stessi, mentre in questi stati di coscienza non si avverte alcun mutamento, ma solo la presenza dello Spirito Immutabile, ed il tempo si dissolve in Eternità. Assagioli chiarisce che perdere la nozione della propria personalità ristretta, non significa annichilimento, come potrebbe erroneamente intendere la nostra visione dualistica che oppone: Spirito a Materia, Piacere a Dolore, Bene a male; significa bensì un’intensificazione della propria individualità perché si sente di vivere con la (e nella) Vita Universale. Svilupperemo allora, ci dice Assagioli, l’Intuizione, cioè la capacità di conoscenza diretta senza la mediazione dell’esperienza o del lavoro intellettuale, ed una maggiore capacità di controllo sul corpo. Nel concepire in questo modo la conoscenza, Assagioli si rifà a quella che è la conoscenza tipo per il tantrismo: “Dunque la conoscenza-tipo per il tantrismo – così come per la mistica e l’esoterica in genere – è quella immediata della percezione diretta; ossia è non pensare, ma essere la cosa conosciuta secondo un rapporto di identità assoluta. Secondo un radicale positivismo i Tantra respingono tutto ciò che viene da interferenza e da mediazione”[12].

Il corpo non è più ostacolo ma strumento per lo svolgimento delle nostre facoltà. Gli impedimenti allo sviluppo della coscienza spirituale sono infatti psicologici prima che fisici e questi ultimi spariranno da sé quando saranno state distrutte le condizioni psicologiche che li hanno creati. Si potrebbe considerare questa un’anticipazione dell’interesse per la psicosomatica cui si dedicherà successivamente Assagioli: il corpo sarebbe perciò un indicatore del problema da risolvere e, contemporaneamente, nuova via per arrivare alla soluzione stessa. Andranno eliminate anche tutte quelle passioni che turbano l’ampiezza e la limpidezza della coscienza, rivolgendola all’esterno o limitandola entro una stretta cerchia di immagini mentali, in un’ azione potenzialmente distruttiva per noi. Diretto dalla volontà, invece, il sentimento è strumento indispensabile al raggiungimento di più alti stati di coscienza.

Facendo propri molti dei concetti del Nuovo Pensiero, Assagioli si allontanava sempre più da Papini e Prezzolini: se questi infatti intendevano la volontà in quanto “volontà di potenza”, egli cercava invece di svilupparne la forza quale strumento dell’evoluzione interiore.

L’esperienza “leonardesca” di Assagioli fu contemporanea alla sua evoluzione di pensiero e questo condizionò anche la sua stessa amicizia con Papini e Prezzolini, i quali non accettarono di buon grado il connubio tra misticismo e psicologia proposto da Assagioli. In realtà, era proprio la critica al positivismo che portava una rivalutazione non solo del misticismo, ma del senso religioso in genere: “Dalla legittimazione della religione come fatto pratico, nasce quindi una psicologia religiosa che, dopo la conoscenza delle opere del James nelle traduzioni del Ferrari e Calderoni, sollecitava l’interesse dei leopardiani e del Circolo Filosofico fiorentino”[13]. Comunque, alla rottura contribuì successivamente l’adesione di Papini al fascismo, regime che perseguitò Assagioli il quale, ricordiamo, era ebreo.

In quello stesso periodo Assagioli fu in relazione con E.Claparède, che pubblicò suoi articoli sulla rivista "Archives de Psychologie”: "Ho visto parecchie volte e a lungo Claparède, due volte Flournoy ristabilito in salute, sono stato a colazione da ambedue”[14]. Con Claparède Assagioli approfondì le teorie di James, di Freud e di Jung. Possiamo collocare in questo periodo il suo primo incontro con la psicanalisi.

Il 1909 è un anno particolarmente importante per Assagioli, infatti pubblica Per una nuova psicagogia e La psicologia delle idee – forza e la psicagogia, dove sostiene la necessità di unificare le esperienze sulla psiche in una sola disciplina, la psicagogia, appunto, il cui nome stesso riunisce quelli di psicologia e pedagogia. Nel primo articolo dimostra il suo vivo interesse per l’educazione dei giovani ed evidenzia ”quanto i metodi ora vigenti siano dannosi, anzi veramente distruttivi per la personalità dei giovani“[15]. La pedanteria, il propinare cognizioni inutili, il non considerare le diverse attitudini, la mancanza di una educazione sulla vita sessuale indicano quanto sia necessaria una nuova impostazione pratica di tutto il problema pedagogico. Nel chiarire ciò che egli intende come educazione Assagioli anticipa alcuni concetti che svilupperà nella psicosintesi: ”l’educazione consiste essenzialmente nel favorire l’armonico sviluppo della personalità del giovane, nel temprare il suo carattere, nel fare un continuo appello alle sue più nobili energie e nel mostrargli le sue più alte possibilità”[16]. Egli propone che si costituisca una scienza applicata alla quale dà il nome di Psicacogia e, riconoscendo l’ importanza del linguaggio come possibile fonte di incomprensioni, intende chiarire bene ciò che essa vuole essere, cioè una combinazione di quanto c’è di meglio nella psicologia e nella pedagogia. La parola psicagogia, dice Assagioli, è già presente in Platone ed Aristotele e solo recentemente è stata ripresa dal Colozza e dal Lombardo-Radice. Riferendosi agli scritti di quest’ultimo autore, Assagioli nota come il limite della pedagogia sia il non considerare nel fanciullo il futuro uomo. La psicagogia invece, considera che l’educazione deve proseguire tutta la vita, poiché l’uomo non è mai qualcosa di definito, ma è in continua formazione. Essa non è una scienza che si crea dal nulla, molti dei suoi elementi esistono già, basta saperli trarre dalle varie discipline, saperli coordinare ed armonizzare fra loro. Quali sono le discipline alle quali maggiormente attingere? Non dalla psicologia sperimentale, né dalla psicologia teorica, bensì da quella parte della psicologia e della psicoterapia, delle opere dei grandi educatori religiosi[17], compresi i mistici orientali, e nei movimenti anglo-americani designati nuovo pensiero e scienza mentale i quali “contengono geniali intuizioni psicologiche ed offrono metodi molto pratici ed efficaci”[18]. Assagioli conclude l’articolo con l’invito che più gli preme: incitare gli uomini a non trascurare le possibilità latenti racchiuse in loro ed il dovere che essi hanno di attuarle.

Nello scritto La psicologia delle idee-forza e la psicagogia, soffermandosi appena su quella che riconosce essere la geniale intuizione del Fouillée, per la quale gli stati di coscienza sono azioni e reazioni, ed ogni idea contiene un elemento emotivo da essa inscindibile[19], Assagioli evidenzia come la psicagogia consideri quei fatti psichici che noi chiamiamo solitamente idee e sentimenti, quali idee-forza, cioè: ”stati di coscienza in cui l’elemento intellettuale e l’elemento emotivo sono intimamente fusi”[20]. Caratteristica di queste idee-forza è, per Assagioli, possedere in sé un alto potenziale di energia che tende ad esplicarsi all’esterno in atti ed in modi diversi “dalla benefica irradiazione che sorregge attraverso lunghi anni di difficoltà e di sacrificio, all’atto violento ed impulsivo che sopprime la vita”[21]. Quando queste emozioni vengono represse, possono turbare le funzioni della mente e del corpo. Sullo studio di questi fatti si basa, dice Assagioli, il metodo psicoterapeutico di Freud.

Critico verso coloro che credono essere la psiche una cosa rigida ed i sentimenti e le emozioni come capricciosi ed incontrollabili, egli afferma la possibilità di prevenire e controllare le idee-forza attraverso gli esercizi meditativi e la conoscenza delle leggi psicagogiche. La psiche, dice Assagioli, è meravigliosamente plastica e può essere modificata. La disciplina capace di realizzare la sintesi feconda delle discordanti energie della psiche è la psicagogia che, indipendentemente da ogni dottrina filosofica, può controllare l’azione delle idee-forza e realizzare la “cultura integrale di tutta la psiche”. Come già nell’articolo Per una moderna Psicagogia, egli identifica i grandi psicagoghi negli psicologi religiosi cristiani, negli indiani, e nei new thinkera anglo-americani. I loro metodi sono capaci di risvegliare una facoltà latente in tutti gli uomini: l’intuizione spirituale, la coscienza cosmica. Infatti, scopo della psicagogia è sia il perfezionare la coscienza ordinaria, sia estenderla “alla conquista delle misteriose ed affascinanti regioni del subcosciente e della coscienza spirituale”[22].

[1] A. Berti, Roberto Assagioli profilo biografico degli anni di formazione, Firenze, Istituto di Psicosintesi 1973, p. 16.

[2] R. ASSAGIOLI, Fantasia in re interiore, “Leonardo”, III, V, n. 1, 1907, p. 97.

[3] Assagioli indica, in una nota, i testi del Deussen ai quali si riferisce: “Das System des Vedanta 1883. – Die Sutras des Vedanta 1867. – Allgemeine der Philosophie. – I. Die Philosophie des Veda bis auf die Upanishad’s 1894. – II. Die Philosophie del Upanishad’s 1899.” R. ASSAGIOLI, Per un nuovo umanesimo ariano, “Leonardo”, III, V, n. 2, 1907, p. 168.

[4] A. M. Esnoul, a cura di, Bhagavadgita, Milano, Adelphi 2000, p. 50.

[5] R. Assagioli, Per un nuovo Umanesimo Ariano, “Leonardo”, III, V, n. 2, 1907, pp. 178.

[6] Assagioli si riferisce alla corrente di pensiero nata in America nel 1800 e ne afferma la vicinanza, in alcuni suoi contenuti, al pensiero di W. James :”Nell’America yankee (…) è sorto da parecchi anni un vasto movimento intellettuale, rivolto esclusivamente allo studio pratico dei più importanti problemi dello spirito. Questo movimento si presenta col nome promettente di “Nuovo Pensiero”. (…) ammette e dimostra ed applica su vasta scala la geniale intuizione di William James (il quale rappresenta splendidamente la filosofia “ufficiale” in America) del will to believe, alla quale il “Nuovo Pensiero” era arrivato indipendentemente …”R. ASSAGIOLI, Il ‘Nuovo Pensiero’ americano. Il ‘New Thought’, “Leonardo”, III, V, n. 2, 1907, pp.201-202.

[7] Ivi, p. 206.

[8] Ivi, p. 203.

[9] A. Besant (1847-1933) nel 1901 pubblicava, con la collaborazione del chiaroveggente C.W.Leadbeater, il primo libro ove spiegava le forme-pensiero e come alla qualità del pensiero corrisponda un colore, alla sua natura una determinata forma ed alla sua precisione la nitidezza. Questo libro, forse conosciuto da Kandinsky, Mondrian ed altri pittori futuristi (come sostengono alcuni critici d’arte) è stato di recente ripubblicato dalla Società Teosofica Italiana.

[10] “La signora H.P. Blavatzsky ha stabilito per la prima volta, dopo un lungo soggiorno in India, uno stretto legame tra quei ‘selvaggi’ e la nostra cultura. E’ nato così un importante movimento spirituale che oggi comprende un gran numero di persone e ha preso figura fisica nella Società Teosofica. Questa società è composta di logge, che cercano di accostarsi ai problemi dello spirito attraverso la conoscenza interiore”. W. KANDINSKY, Lo spirituale nell’arte, tr., Milano, SE 1989, p. 31.

[11] A. Besant e C.W. Leadbeater, Le Forme Pensiero, tr., Torino, Adyar 1997, pp. 12-14.

[12] J. Evola, L’uomo come potenza, tr., Roma, Mediterranee 1988, p.36.

[13] A. Berti, Roberto Assagioli profilo biografico degli anni di formazione, cit., p. 27.

[14] Ivi, p. 36.

[15] R. ASSAGIOLI, Per una nuova psicagogia, “La Voce”, I, n. 2, 1909, p. 41.

[16] Ibid.

[17] Degli scrittori mistici ed educatori religiosi, Assagioli cita Pascal, Sant’Ignazio di Loyola, San Francesco di Sales ed il Molinos, nei quali, egli dice, si trovano veri tesori di psicologia pratica.

[18] Ibid.

[19] Assagioli si riferisce all’opera di A. Fouillée: La psicologie des Idée-Forces. Cfr. R. ASSAGIOLI, La psicologia delle idee-forza e la psicagogia, “Rivista di Psicologia Applicata”, V,n. 15, 1909, p. 2 della dispensa disponibile l’Istituto di Psicosintesi di Firenze.

[20] Ivi, p. 3.

[21] Ivi, p. 10.

[22] Ivi, p. 11.

IL DISTACCO DALLA PSICANALISI
Dal 1907 Assagioli cominciò a frequentare la Burghölzli, la nota clinica psichiatrica di Zurigo, dove conobbe Jung, del quale rimase amico per tutta la vita. I due studiosi, tra l'altro, erano uniti da un comune interesse per le culture orientali, per i fenomeni paranormali (ricordiamo che Jung si laureò nel 1902 discutendo una tesi dal titolo Psicologia e patologia dei cosiddetti fenomeni occulti), per l'alchimia e l'astrologia. Contemporaneamente cominciò a occuparsi della psicanalisi freudiana, che allora suscitava grande interesse ma anche tante polemiche.

Tuttavia, si discostò ben presto da Freud, perché riteneva che desse troppa importanza al lato più basso ed istintivo della sessualità umana, e soprattutto alle sue aberrazioni. Freud infatti fissava il suo interesse esclusivamente nel vissuto interiore e pensava che l'uomo fosse in gran parte determinato da processi inconsci che occorreva decifrare e rendere consci. Secondo Assagioli, Freud aveva un'immagine dell'uomo troppo tetra e pessimista, in quanto si occupava soprattutto di processi psichici morbosi. L'uomo era visto come un essere distruttivo e aggressivo, mosso da impulsi che andavano indeboliti e canalizzati.

Dopo Freud andò via via sviluppandosi un'immagine più positiva dell'uomo ed iniziò una psicoterapia orientata in senso psicologico, caratterizzata dalla tendenza a mettere in rilievo l'autorealizzazione, la creatività, la crescita. E lungo questa linea si mosse Assagioli che, alle concezioni freudiane contrapponeva le manifestazioni superiori dell'amore, ed invece della celebre “rimozione” freudiana (la tendenza a mantenere fuori dalla coscienza pensieri condannati dal Super-Io), preferiva sottolineare il processo di “sublimazione”, che permette di trasformare le forze istintive in elevate energie emozionali e spirituali.

Proprio attraverso la sublimazione, Assagioli propugnava il risveglio interiore dell'uomo. E infatti nel 1910 a Firenze, durante il primo Convegno Italiano sulla Questione Sessuale, suscitò lo stupore dei presenti parlando di superamento dei vincoli materiali per esplorare la propria anima e studiare i misteri della vita umana.

Si laureò il 1 luglio del 1910. Anche nella sua tesi di laurea confutò quelle che gli apparivano limitazioni della teoria freudiana, limitazioni che riesaminò più tardi nell’articolo La psicologia del subconscio – la psicanalisi, pubblicato nel 1912 nella rivista “Psiche” da lui fondata: qui egli fa una breve storia della psicoanalisi freudiana e critica l’eccessiva importanza attribuita alla sessualità e alla interpretazione dei sogni, e quindi l’incompletezza del metodo freudiano.

GLI ANNI DELLA MATURITA'
Con la rivista “Psiche” si chiude una prima fase del percorso intellettuale di Assagioli, esperienza che porterà al suo distacco definitivo da Freud ed al passaggio alla psicosintesi.

A differenza di Freud e dei suoi allievi, Assagioli riteneva che della psiche umana è necessario considerare non soltanto i conflitti ed i complessi, ma soprattutto le potenzialità sane e creative. Su questo si basava la sua “psicologia della salute”, che anticipò molti temi caratteristici della psicologia transpersonale.

Infatti, essa si occupava anche di stati di coscienza che vanno al di là di una percezione limitata dell'io, come, per esempio, le esperienze di tipo spirituale, religioso, intuitivo, estatico, così determinanti per l'evoluzione umana. Di qui, dunque, l'importanza dello studio approfondito delle religioni e delle filosofie orientali, nonché l'apertura alla dimensione spirituale.

Tutti questi elementi confluirono nella psicosintesi; il termine "sintesi", viene inteso in senso alchemico, come trasformazione, armonizzazione, sublimazione a livello individuale e collettivo, ma anche, a livello culturale, come fusione di Oriente e Occidente.

Nel 1926, a Roma dove si era trasferito, fondò l' "Istituto di cultura psichica", che nel 1933 prese il nome attuale di “Istituto di Psicosintesi”, eretto in Ente Morale dello Stato nel 1965.
L'Istituto dovette chiudere i battenti solo sei anni dopo, nel 1933, poiché Assagioli, essendo ebreo ed avendo molti contatti con la comunità scientifica internazionale, non era ben visto dal regime fascista. Riaprì dopo la fine della seconda guerra mondiale a Firenze (dove ha sede ancora oggi, in quella che era l'abitazione del grande scienziato).

L'anno prima di morire Assagioli favorì la costituzione di una associazione finalizzata alla preparazione di psicoterapeuti: la “Società Italiana di Psicosintesi Terapeutica” (S.I.P.T.) fondata dai suoi più stretti collaboratori.

L’Istituto fu diretto dallo stesso Assagioli fino al 1974, anno della sua morte, avvenuta il 23 agosto 1974 a Capolona d'Arezzo.

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