Le tasse delle corporazioni (le tasse non sono solo le tasse) di E.Georgiakis |
Nessuno ha nai capito come viene fatto il conto delle tasse che paghiamo. A volte si sente parlare del 43% del reddito, qualcuno arriva a suggerire il 70%. Ci sono le asse sul reddito, proporzionali. Poi c'è la tassa
sugli acquisti, chiamata Iva, che solo in minima parte può
essere scaricata dai cittadini, ed è mocratica: uguale per
tutti. Poi ci sono le tasse sui consumi, anch'esse molto democratiche:
l'operaio e il datore di lavore pagano sempre un euro di "accisa"
per ogni litro che comprano. Poi ci sono le tasse locali e quelle
di licenza. Queste ultime gravano solo su certe categorie, ma siccome
sono infinite praticamente toccano ogni categoria. Esiste però un'altra categoria di balzelli che nessuno conteggia come tassa, ma che praticamente lo è. Non vengono considerate tasse perchè non le incamera l'ente pubblico statale o locale, ma una delle migliaia di corporazioni che dominano l'Italia. Il trucco è notissimo. Una categoria fa approvare dallo Stato l'obbligo a tutti i cittadini di versare un "pizzo", in cambio di qualcosa che viene chiamato "servizio", anche se è un'imposizione. La differenza fra tassa coprorativa o "pizzo" e costo di un servizio è che quest'ultimo è atle solo se scelto liberamente e rifiutabile. Non si chiama tassa ma lo è, l'obbligo di rivolgersi al
notaio per aprire o chiudere una semplice cooperativa giovanile. L'elenco è infinito, tanto quanto lo sono le fameliche corporazioni
che sostengono lo Stato italiano. Uno Stato democratico dovrebbe
difendere i cittadini dall'avidità delle corporazioni, ma
lo Stato italiano non può perchè è fatto di
corporazioni (che se si fanno chiamare partiti) |