Vi sarà sicuramente qualche sepolcro imbiancato che cercherà di
distribuire uniformemente le colpe tra chi ha aggredito e chi è
stato aggredito, tra chi ha usato gli aerei e gli elicottericontro
una città di 70 mila abitanti, e chi aveva in mano solo fucili e
mitragliatrici per difendersi.
Ci sarà domani chi spiegherà che gli osseti del sud hanno provocato
e sono stati respinti. E poi, sull'onda della contr'offensiva, quasi
per forza di cose, igeorgiani sono andati a occupare ciò che, in
fondo, era loro di diritto, avendoosato gli ossetini dichiarare
e applicare l'idea del rifiuto di tornare sotto ilcontrollo di chi
li massacrò la prima volta nel 1992.
Ci sarà, posso prevedere con assoluta certezza ogni parola di questi
mascalzoni bugiardi, chi affermerà che tutta la colpa è di Mosca,
che – non contenta dell'amicizia tra Tbilisi e Washington-
voleva punire il povero presidente Saakashvili impedendogli di entrare
in possesso dei territori di Abkhazia (il prossimo obiettivo) e
di Ossetia del Sud. E così via mescolando le carte e contando sul
fatto che il grande pubblico sa a malapena, sempre che lo sappia,
dove stia la Georgia, e, meno che mai l'Ossetia del Sud.
Ma le cose non stanno affatto così, anche se il pericolo che questo
conflitto siallarghi è grande, tremendo, e chi scherza col fuoco
sa che sta facendo rischiare ai suoi cittadini molto di più di quanto
essi stessi pensino.
Giocatorid'azzardo, irresponsabili, che puntano tutte le carte sul
disastro e il sangue. Chiunque dovrebbe essere in grado di capire
che una piccola comunità, con meno di 100 mila persone, disperse
in duecento villaggi e una capitale, Tzkhinvali, che è più piccola
di Pavia, non possono avere alcun interesse ad attaccare un nemico
– questa è l'unica parola possibile alla luce di quanto staaccadendo
– che è 50 volte superiore in uomini e armi, che ha l'aviazione
(e l'ha usata ieri e oggi, mentre scrivo, con assoluta ferocia,
bombardando anchel'unica strada che collega l'Ossetia del
Sud con l'Ossetia del Nord, in territorio russo, per impedire che
i civili possano rifugiarsi dall'altra parte dellafrontiera), che
non ha ostacoli di fronte a sé. Chiunque potrebbe capire che l'Ossetia
del Sud non ha rivendicazioni territoriali e non ha quindi in mente
alcuna espansione al di fuori del suo microscopico territorio.
Chiunque potrebbe capire – qui ci vuole un minimo di sforzo
intellettuale, quanto basta per liberarsi di qualche schema mentale
inveterato – che nemmeno la Russia può avere alcun interesse
a inasprire la situazione. Certo Mosca è interessata allo status
quo, con l'Ossetia del Sud indipendente di fatto, ma senza essere
costretta a riconoscerne lo status, per evitare difficoltàinternazionali.
Ma chi ha la testa sul collo dovrebbe riconoscere che è megliouna
tregua difficile che una guerra aperta; che è meglio negoziare,
anche per anni, che uccidere a sangue freddo civili, bambini, donne.
Io sono stato a Tzkhinvali, la primavera scorsa, e adesso mi piange
il cuore a pensare a quelle vie dall'asfalto sgangherato, buie la
sera, a quelle case senza intonaco, dal riscaldamento saltuario,
a quelle scuole ancora diroccate,ma piene di gente normale, di giovani
orgogliosi che non vogliono diventare georgiani perché sono cresciuti
in guerra con la Georgia e della Georgia hanno conosciuto solo la
violenza dei tiri sporadici sui terri delle loro case. Mi chiedo:
e poi? Che ne sarà di quei giovani? Come si può pensare di tenerli
a forza in un paese che non ameranno mai, di cui non potranno mai
sentirsi cittadini? Se ne andranno, ovviamente, dopo avere contato
i loro morti, a migliaia, in Ossetia del Nord, in Russia, di cui
quasi tutti sono cittadini a tuttigli effetti, con il passaporto
in tasca.
E' questo il modo di sciogliere il nodo georgiano? Lo chiederei,
se potessi, al signor Solana, che dovrebbe svolgere il ruolo di
rappresentanza dell'Europa inquesta vicenda. Che l'Europa, invece
di aiutare a risolvere, non ha fatto altroche incancrenire, ripetendo
a Tbilisi la giaculatoria che la Georgia ha diritto alla propria
integrità territoriale, e dunque ha diritto a riprendersi Ossetia
del Sud e Abkhazia. Certo – gli si è detto con untuosa ipocrisia
– che non doveva farlo con la forza. Ma, sotto sotto, gli
si è fatto capire che, se l'avesse fatto, alla fin dei conti, si
sarebbe chiuso un occhio. E' accaduto. Saakashvili non ha nemmeno
cercato di nascondere la mano armata con cui colpiva. Non ha nemmeno
fatto finta. Ha detto alla televisione che voleva “ristabilire
l'ordine” nella repubblica ribelle. Un “ordine”
che non esistevadal 1992, cioè da 16 anni. Perché adesso? Qual era
l'urgenza? Forse che Tbilisi era minacciata di invasione da parte
degli ossetini?
La risposta è una sola. Saakashvili ha agito perché si è sentito
coperto da Washington, in prima istanza, essendo quella capitale
la capitale coloniale della attuale Georgia “indipendente”.
E, in seconda istanza si è sentito coperto da Bruxelles. Queste
cose non si improvvisano, come dovrebbe capire il prossimo commentatore
di uno dei qualunque telegiornali e giornali italiani.Col che si
è messo al servizio della strategia che tende a tenere la Russia
sotto pressione: in Georgia, in Ucraina, in Bielorussia, in Moldova,
in Armenia, in Azerbajgian, nei paesi baltici. Insomma lungo tutti
i suoi confini europei. Saakashvili ha un suo tornaconto: alzare
la tensione per costringere l'Europa a venire in suo sostegno, contro
la Russia; ottenere il lasciapassare per un ingresso immediato nella
Nato e, subito dopo, secondo lo schema dell'allargamento europeo
e dell'estensione dell'influenza americana sull'Europa, l'ingresso
in Europa.
Secondo piccione: chi muove Saakashvili conta anche sul fatto che
questo atteggiamento dell'Europa finirà per metterla in rotta di
collisione con la Russia. Perfetto! Con l'ingresso della Georgia
nella Nato e in Europa gli StatiUniti avranno un altro voto a loro
favore in tutti i successivi sviluppi economici, energetici e militari
che potrebbero vedere gli interessi europei collidere conquelli
americani.
Javier Solana ha la capacità di sviluppare questo elementare ragionamento?
Ovviamente ce l'ha. Solo che non vuole e non può perchè ha dietro
di sé, alle sue spalle, governi che non osano mettere in discussione
la strategia statunitense, o che la condividono.
Cosa farà ora la Russia è difficile dirlo. Certo è che, con la presa
di Tzkhinvali, le forze russe d'interposizione, che sono su quei
confini interni alla Georgia,dovranno ritirarsi. Il colpo all'Ossetia
del Sud diventa cos' un colpo diretto allaRussia. Che, questo è
certo, non è più quella del 2000, al calare di Boris Eltsin e delle
sue braghe.
L'emblema di questa tragedia, che è una nuova vergogna per l'Europa,
è stato il fatto che Saakashvili ha annunciato l'attacco, dalla
sua televisione, avendo dietro le spalle, ben visibile, la bandiera
goergiana e quella blu a stelle gialle europea. Peggiore sfregio
non poteva concepire, perchè la Georgia non è l'Europa, non ancora.
E meno che mai dovrebbe esserlo dopo questo attacco che offende
- o dovrebbe offendere - tutti coloro che credono nel diritto all'autodeterminazione
dei popoli. Che è sacrosanto per chi se lo guadagna, molto meno
con chi usa quella bandiera per vendere subito dopo l'indipendenza
a chi l'ha sostenuta dietro le quinte.
Qual è la differenza con il Kosovo? Una sola: la Serbia era un prossimo
suddito riottoso e doveva essere punita. La Georgia è invece un
vassallo fedele e doveva essere premiata.
L'Ossetia del Sud questo diritto se lo è guadagnato. E non c'è spazio
per alcun atteggiamento salomonico, perchè la ragione sta tutta
da una sola parte, e io sto da quella stessa parte.
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