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ISTITUTO CATTANEO / ASTENSIONISMO ELETTORALE: DI DESTRA O DI SINISTRA? / dicembre, 2004

ANALISI DELL’ISTITUTO CATTANEO di Piergiorgio Corbetta e Dario Tuorto


Il risultato delle elezioni suppletive di domenica e lunedì 24-25 ottobre e il recente dibattito sull’opportunità (o meno) di una strategia da parte della GAD rivolta soprattutto a catturare gli “indecisi di centro” hanno riproposto all’attenzione dei commentatori politici il tema dell’astensionismo elettorale. Avendo intenzione, come è costume dell’Istituto Cattaneo, di dare alle nostre considerazioni un fondamento empirico, dobbiamo premettere che il fenomeno dell’astensionismo elettorale è difficilmente esplorabile col tradizionale metodo dell’intervista, in quanto molte persone, alla domanda se sono andate a votare, rispondono affermativamente anche se non si sono recate alle urne (i sociologi chiamano “domande di prestigio” quelle domande alle quali molti intervistati rispondono secondo quello che essi reputano un “buon” comportamento, e non secondo il loro effettivo agire). Per superare questo grave ostacolo, l’Istituto Cattaneo ha condotto questa ricerca sull’astensionismo a partire dalle liste elettorali - che riportano il voto o il non voto degli elettori, unitamente alla loro età, genere e professione - su un campione nazionale di 100 sezioni, pari a ben 80.000 elettori. Successivamente, per esplorare le motivazioni del comportamento stesso, ha intervistato circa 600 elettori astensionisti certi e 600 votanti certi (come risultano dalle liste elettorali), fra loro equivalenti in quanto ad età, genere e sezione di residenza. In questo modo siamo in grado di comparare un campione effettivo di non votanti e uno di votanti e di metterne in evidenza le differenze.

Affronteremo il problema rispondendo a tre interrogativi.


1.   L’astensionismo è un fenomeno di apatia o di protesta?

Il tipico elettore che non va a votare è un cittadino disinteressato alla politica, che non va a votare perché i partiti non sono riusciti a mobilitarlo, a raggiungerlo e a chiamarlo alle urne? Oppure è un cittadino informato sulla politica, che attraverso il non-voto esprime il suo giudizio negativo verso la politica e i partiti, il suo rifiuto delle proposte offerte?

Nel primo caso l’astensionismo è una pura non-azione, che ha alle spalle indifferenza e disinteresse (apatia). Nel secondo caso è un comportamento politicamente attivo, che esprime un atto consapevole di rifiuto (protesta). E’ naturalmente assai probabile che nella quota di persone che ad ogni appuntamento elettorale disertano le urne si trovino sia l’uno che l’altro tipo di astensionisti; sarà tuttavia importante ai fini di un’analisi del fenomeno quantificare l’entità relativa delle due motivazioni.

L’astensionismo da apatia si inquadra nello schema esplicativo più utilizzato per analizzare la partecipazione politica, quello che fa riferimento alla dimensione «centro-periferia», per la quale la partecipazione politica di un individuo dipende soprattutto dalla sua posizione sociale, ed è tanto maggiore quanto più questa posizione si trova prossima al centro della società. Alla centralità sociale concorrono una serie di fattori. Innanzitutto l’età, il genere, la condizione occupazionale (sono più centrali gli adulti che lavorano degli anziani, dei giovani, delle casalinghe...); poi lo status socio-economico (più centrali le classi superiori), il livello culturale (più centrali i più istruiti), l'esposizione alla comunicazione politica, l'integrazione nella comunità locale e nell'istituzione familiare (più centrali i residenti da tempo nel comune e i coniugati); per menzionare infine componenti geografiche (più centrali gli abitanti delle grandi città e del Centro-nord). In questo schema le classi socialmente centrali partecipano di più. E quando per i più diversi motivi diminuisce l’effetto di mobilitazione proveniente dal sistema politico, le prima categorie sociali a non partecipare sono quelle più periferiche (per esempio: le donne anziane, i residenti nei comuni minori del Sud, ecc.).

Se invece l'astensionismo non è la conseguenza passiva di un'estraniazione sociale, ma piuttosto l'espressione attiva di un «nuovo che avanza» in termini di contestazione delle tradizionali espressioni politiche, esso non sarà localizzato nei gruppi sociali più marginali, ma piuttosto in quelli capaci di innovazione, presumibilmente gruppi socialmente centrali, come potrebbero essere i maschi adulti occupati dei capoluoghi del Centro-nord, ecc.

Non potendo entrare nei dettagli di una complessa analisi, ci limitiamo a presentare la distribuzione dell’astensionismo nel 2001 per genere e classi d’età. Se il fenomeno colpisce prevalentemente gli anziani (e in particolare le donne anziane) e le prime leve di giovani, possiamo parlare di astensionismo di apatia; se invece colpisce prevalentemente gli adulti ci orienteremo verso l’interpretazione della protesta.

TAB. 1 Incidenza percentuale di non votanti nel 2001 per età e genere

 

MF

M

F

18-30

16,7

18,6

14,6

31-50

13,6

14,3

12,9

51-65

11,9

11,3

12,5

Più di 65 anni

25,9

17,8

31,6

(N)

(79.164)

(38.110)

(41.054)

Fonte: Istituto Cattaneo - Osservatorio sull’astensionismo elettorale. Il tasso di ufficiale di non votanti è stato di 18,6%.

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Fonte: Istituto Cattaneo, dati tratti dalle liste elettorali di un campione nazionale di 80.000 elettori,.


I dati ci dicono (tab. 1 e fig. 1) che gli anziani, e in particolare le donne anziane, sono nettamente il gruppo d’età più astensionista. Agli anziani fanno seguito, in questa graduatoria di astensionismo, i giovani. Sulla base del modello precedente, possiamo allora dire che la connotazione principale del fenomeno è quella dell’apatia. Le stesse analisi, che hanno esaminato il fenomeno anche nelle sue variazioni nel tempo, ci dicono che l’astensionismo negli ultimi anni è cresciuto di più fra le donne anziane, fra le persone con istruzione inferiore, fra le persone non occupate: cioè in generale nelle categorie sociali più periferiche. Se il cambiamento investe gli elettori politicamente meno attivi, ossia la periferia politica della società, allora risulta difficile attribuire questa trasformazione a una diffusa protesta sociale.


All’origine di questo incremento dell’astensionismo sta quasi certamente non solo e non tanto una trasformazione della cultura politica del paese (minor ideologia, minor passione politica, ecc.), quanto piuttosto lo sfaldamento del vecchio sistema dei partiti, ormai assenti dal territorio e incapaci di mobilitare e portare alle urne l’elettore tiepido.

2.   Qual è il colore politico di questo astensionismo? Si tratta in prevalenza di elettori tendenzialmente orientati verso il centro-destra oppure verso il centro-sinistra?

L’interrogativo è ritornato di attualità in questi giorni a proposito del dibattito sulla strategia politica della Gad; e cioè se convenga “stanare gli astenuti di casa propria” o non piuttosto cercare di sedurre gli elettori di centro. L’indagine dell’Istituto Cattaneo è in grado di portare elementi utili per rispondere a questo interrogativo, avendo chiesto a circa 500 votanti e a 500 astensionisti di collocarsi sulla scala sinistra-destra (“Pensando alla sue opinioni politiche, lei si collocherebbe a sinistra, centro-sinistra…?”).


Come si può vedere da tab. 2 e fig. 2, i non votanti rispetto ai votanti si caratterizzano soprattutto per il fatto di non accettare di definirsi su questa dimensione politica. Su 100 astenuti, il 46% rifiuta questa etichettatura, che è pure rifiutata, ma in misura minore, da chi ha votato (35%). E’ comprensibile che chi non va a votare sia anche più restio a darsi una collocazione politica. Se poi passiamo a considerare coloro che accettano di dichiarare un orientamento politico, osserviamo che fra gli astenuti la presenza di elettori di centro-destra risulta un po’ maggiore rispetto ai votanti. Questo risultato smentisce dunque l’ipotesi che nell’astensionismo ci sia quel deposito di elettorato di centro-sinistra, mobilitabile da un’opportuna politica “di sinistra”. Come minimo, i dati ci dicono che l’elettorato di centro-sinistra parcheggiato nell’astensione non è maggiore (anzi, tendenzialmente un po’ minore) di quello di centro-destra.


TAB. 2. Autocollocazione politica per comportamento di voto nel 2001 (valori percentuali)

 

Ha votato nel 2001

Non ha votato nel 2001

 Diff. % astensionisti - votanti

Sinistra

15,0

12,0

-3,0

Centro-sinistra

19,6

13,4

-6,2

Centro

5,9

6,8

+0,9

Centro-destra

13,9

12,2

-1,7

Destra

10,4

9,1

-1,3

Non si colloca

35,2

46,5

+11,3

Totale

100,0

100,0

-

(N)

(547)

(515)

-

Fonte: Istituto Cattaneo - Inchiesta campionaria sui votanti e i non votanti nel 2001.  

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Fonte: Istituto Cattaneo - Inchiesta campionaria sui votanti e i non votanti nel 2001

Valori positivi = superiore presenza negli astensionisti; valori negativi = superiore presenza nei votanti


3. Dal risultato delle elezioni suppletive di domenica 24 e lunedì 25 ottobre, che ha visto la vittoria del centro-sinistra in presenza di un tasso di votanti attorno al 40%, sembrerebbe che l’astensionismo abbia penalizzato l’elettorato di centro-destra. Come si spiega se, come si è visto sopra, l’astensionismo sembra essere un fenomeno senza particolare colore politico?


Nell’elettorato che vota (alle elezioni politiche) occorre distinguere fra elettori che hanno un atteggiamento attivo verso la politica (“interessati e informati”), che potremmo chiamare votanti attivi, e coloro che invece limitano la loro partecipazione al puro atto del voto - spesso circoscritto alle sole elezioni politiche - ossia che sono “mobilitati” dalle macchine elettorali della politica, richiamati alle urne dai martellanti richiami di stampa quotidiana, manifesti per le strade, spot e dibattiti televisivi, volantini nella posta, sollecitazioni personali, appelli diretti da parte del proprio leader. Li chiameremo votanti passivi. Nello stesso modo, sempre inserendo l’interesse per la politica accanto al comportamento di voto, possiamo distinguere gli astenuti nelle due categorie degli astenuti ma interessati alla politica (che potremmo chiamare i protestatari) e degli astenuti non interessati (gli apatici). Orbene, qual è il colore politico di questi quattro tipi?


Come si vede dalla tab. 3, i votanti attivi sono soprattutto di sinistra e centro-sinistra (49%), mentre sono assai di meno sul fronte del centro-destra (21%). Questo fatto da solo spiega il risultato elettorale di fine ottobre. Quando la mobilitazione elettorale diminuisce, sono gli elettori di centro-destra i primi a cedere e a disertare le urne. Mentre gli apatici, e cioè gli astensionisti stabili, coerentemente con quanto detto in precedenza, si trovano in egual modo a destra e a sinistra.


TAB. 3 Autocollocazione politica per comportamento di voto nel 2001   

 

Votanti attivi  

Votanti passivi 

Astensionisti protestatari

 Astensionisti apatici

Sinistra / Centro-sinistra

48,9

28,8

34,2

23,0

Centro

6,5

5,6

6,7

6,9

Destra / Centro-destra

20,7

25,8

25,0

20,4

Non si colloca

23,9

39,8

34,1

49,7

 Fonte: Istituto Cattaneo - Inchiesta campionaria sui votanti e i non votanti nel 2001.

Per concludere

Non troviamo, nell’elettorato astensionista, un deposito di voti mobilitabile da parte del centro-sinistra o del centro-destra. Il grosso della disaffezione è diffuso su tutto l’elettorato e investe categorie socialmente marginali, lontane dalla politica e poco informate. All’origine della crescita di questo astensionismo non ci sono tanto trasformazioni culturali degli elettori e della società, quanto soprattutto la crisi dei partiti e la loro indebolita capacità di mobilitazione dell’elettorato.

Tuttavia la disaffezione verso le urne, in quanto legata alla capacità di iniziativa dei partiti, non è una variabile discreta, ma è una variabile continua, cioè una variabile che presenta una gradazione di intensità. Presenta il suo valore massimo alle elezioni di scarsa rilevanza nazionale, quando le macchine dei partiti sono remote fredde e ferme, la posta in gioco limitata, l’impatto comunicativo sull’imminente consultazione minimo. Inoltre, questa capacità di mobilitazione non è uguale nei due schieramenti. Sia perché l’elettorato di centro-destra è più distante dalla politica, meno informato, con una maggiore presenza di casalinghe, anziani, titoli di studio inferiori, e quindi più difficilmente mobilitabile. Sia perché il suo fattore principale di mobilitazione è dato dall’appello del leader maximo, mentre debole, per riconoscimento degli stessi leader nazionali, è la classe politica locale.

Questa, della capacità di mobilitazione dei partiti e degli schieramenti, non tanto sugli astensionisti costanti quanto sui “cittadini passivi”, è a nostro parere la variabile più importante agli effetti del risultato elettorale. L’astensionismo sembra oggi poter determinare l’esito elettorale più del travaso di voti da un polo all’altro. Tutti gli studi hanno infatti mostrato come i due poli siano abbastanza impermeabili e del tutto trascurabili risultino i passaggi di fronte veri e propri. Questa della mobilitazione degli elettori tiepidi appare, inoltre, la variabile fondamentale soprattutto agli effetti del risultato elettorale del centro-destra. L’elettorato di centrosinistra appare più motivato e più informato, più autonomo nel recarsi alle urne. L’elettore di centro-destra è più distante dalla politica e soprattutto, per mobilitarsi, ha bisogno dell’effetto di trascinamento da parte del leader. Quando il “fattore B.” non interviene od interviene marginalmente nella campagna elettorale, il voto per il centro-destra ne soffre per via dell’astensionismo di una parte di suoi potenziali elettori. E’ quanto accade nei turni elettorali parziali. All’opposto, una campagna elettorale “calda” per non dire violenta, aggressiva e polemica, che portasse lo scontro elettorale al calor rosso, in grado di coinvolgere emotivamente i cittadini, giocherebbe probabilmente a favore del centro-destra, in quanto riuscirebbe a mobilitare quella parte di elettorato “tiepido” che come abbiamo visto è maggiore sul fronte di centro-destra. Trattandosi inoltre di elettorato tendenzialmente apartitico e mobilitabile solo dall’appello diretto del capo, è ovvio pensare che un appannamento della leadership di Berlusconi avrebbe conseguenze gravissime sugli esiti elettorali del centro-destra; mentre nulla del genere si può dire per l’elettorato di centro-sinistra.

NOTA

L’inchiesta campionaria sui votanti e non votanti è stata realizzata dall’Istituto Cattaneo nei mesi di giugno e settembre 2004 mediante interviste telefoniche rivolte ad un campione di 547 votanti e 515 astenuti alle elezioni del 2001, “accoppiati” per età, genere, sezione elettorale di residenza. Testo della domanda d’opinione qui utilizzata: «Molta gente quando pensa o parla di politica usa i termini “sinistra” e “destra”. Pensando alle sue opinioni politiche Lei si collocherebbe a sinistra, a centro o a destra ?». Il testo completo dell’analisi può essere consultato sul sito: http://www.cattaneo.org/.

Bologna, 31 ottobre 2004