Tutti morimmo a stento

CANTICO DEI DROGATI

Ho licenziato Dio

gettato via un amore

per costruirmi il vuoto

nell'anima e nel cuore

Le parole che dico

non han più forma né accento

si trasformano i suoni

in un sordo lamento

mentre fra gli altri nudi

io striscio verso un fuoco

che illumina i fantasmi

di questo osceno giuoco

Come potrò dire a mia madre che ho paura?

Chi mi riparlerà

di domani luminosi

dove i muti canteranno

e taceranno i noiosi

quando riascolterò

il vento tra le foglie

sussurrare i silenzi

che la sera raccoglie

Io che non vedo più

che folletti di vetro

che mi spiano davanti

che mi ridono dietro

Come potrò dire a mia madre che ho paura?

Perché non hanno fatto

delle grandi pattumiere

per i giorni già usati

per queste ed altre sere

e chi, chi sarà mai

il buttafuori del sole

chi lo spinge ogni giorno

sulla scena alle prime ore

e soprattutto chi

e perché mi ha messo al mondo

dove vivo la mia morte

con un anticipo tremendo?

Come potrò dire a mia madre che ho paura ?

Quando scadrà l'affitto

di questo corpo idiota

allora avrò il mio premio

come una buona nota

mi citeran di monito

a chi crede sia bello

giocherellare a palla

con il proprio cervello

cercando di lanciarlo

oltre il confine stabilito

che qualcuno ha tracciato

ai bordi dell’infinito

Come potrò dire a mia madre che ho paura ?

Tu che m'ascolti insegnami

un alfabeto che sia

differente da quello

della mia vigliaccheria

INVERNO

Sale la nebbia sui prati bianchi

come un cipresso nei camposanti

un campanile che non sembra vero

segna il confine fra la terra e il cielo

Ma tu che vai, ma tu rimani

vedrai la neve se ne andrà domani

rifioriranno le gioie passate

col vento caldo di un'altra estate

Anche la luce sembra morire

nell'ombra incerta di un divenire

dove anche l'alba diventa sera

e i volti sembrano teschi di cera

Ma tu che vai, ma tu rimani

anche la neve morirà domani

l'amore ancora ci passerà vicino

nella stagione del biancospino

La terra stanca sotto la neve

dorme il silenzio di un sonno greve

l’inverno raccoglie la sua fatica

di mille secoli, da un'alba antica

Ma tu che stai, perché rimani?

un altro inverno tornerà domani

cadrà altra neve a consolare i campi

cadrà altra neve sui camposanti

3° Intermezzo

La polvere, il sangue, le mosche l’odore

per strada e fra i campi la gente che muore

E tu, tu la chiami guerra e non sai che cos’è

e tu, tu la chiami guerra e non ti spieghi il perché

L'autunno negli occhi, l'estate nel cuore,

la voglia di dare, l'istinto di avere.

E tu, tu lo chiami amore e non sai che cos'e',

e tu, tu lo chiami amore e non ti spieghi perche'.

RECITATIVO

(Due invocazioni e un atto d'accusa)

Uomini senza fallo, semidei

che vivete in castelli inargentati

che di gloria toccaste gli apogei

noi che invochiam pietà siamo i drogati

Dell'inumano varcando il confine

conoscemmo anzitempo la carogna

che ad ogni ambito sogno mette fine:

che la pietà non vi sia di vergogna

Banchieri, pizzicagnoli, notai

coi ventri obesi e le mani sudate

coi cuori a forma di salvadanai

noi che invochiam pietà fummo traviate

Navigammo su fragili vascelli

per affrontar del mondo la burrasca

ed avevamo gli occhi troppo belli:

che la pietà non vi rimanga in tasca

Giudici eletti, uomini di legge

noi che danziam nei vostri sogni ancora

siamo l'umano desolato gregge

di chi morì con il nodo alla gola

Quanti innocenti all'orrenda agonia

votaste decidendone la sorte

e quanto giusta pensate che sia

una sentenza che decreta morte ?

Uomini cui pietà non convien sempre

mal accettando il destino comune,

andate, nelle sere di novembre,

a spiar delle stelle al fioco lume,

la morte e il vento, in mezzo ai camposanti,

muover le tombe e metterle vicine

come fossero tessere giganti

di un domino che non avrà mai fine

Uomini, poiché all'ultimo minuto

non vi assalga il rimorso ormai tardivo

per non aver pietà giammai avuto

e non diventi rantolo il respiro:

sappiate che la morte vi sorveglia,

gioir nei prati o fra i muri di calce,

come crescere il gran guarda il villano

finché non sia maturo per la falce

 

LEGGENDA DI NATALE

Parlavi alla luna giocavi coi fiori

avevi l'età che non porta dolori

e il vento era un mago, la rugiada una dea,

nel bosco incantato di ogni tua idea

nel bosco incantato di ogni tua idea

E venne l'inverno che uccide il colore

e un babbo Natale che parlava d'amore

e d'oro e d'argento splendevano i doni

ma gli occhi erano freddi e non erano buoni

ma gli occhi eran freddi e non erano buoni

Coprì le tue spalle d'argento e di lana

di perle e smeraldi intrecciò una collana

e mentre incantata lo stavi a guardare

dai piedi ai capelli ti volle baciare

dai piedi ai capelli ti volle baciare

E adesso che gli altri ti chiamano dea

l'incanto è svanito da ogni tua idea

ma ancora alla luna vorresti narrare

la storia d'un fiore appassito a Natale

la storia d'un fiore appassito a Natale

 

l° Intermezzo

Gli arcobaleni d'altri mondi

hanno colori che non so

Lungo i ruscelli d’altri mondi

nascono fiori che non ho

 

2° Intermezzo

Sopra le tombe d'altri mondi

nascono fiori che non so

Ma fra i capelli d'altri amori

muoiono fiori che non ho

BALLATA DEGLI IMPICCATI

Tutti morimmo a stento

ingoiando l'ultima voce

tirando calci al vento

vedemmo sfumar la luce

L'urlo travolse il sole

l'aria divenne stretta

cristalli di parole

l'ultima bestemmia detta

Prima che fosse finita

ricordammo a chi vive ancora

che il prezzo fu la vita

per il male fatto in un'ora

Poi scivolammo nel gelo

di una morte senza abbandono

recitando l’antico credo

di chi muore senza perdono

Chi derise la nostra sconfitta

e l'estrema vergogna ed il modo

soffocato da identica stretta

impari a conoscere il nodo

Chi la terra ci sparse sull'ossa

e riprese tranquillo il cammino

giunga anch'egli stravolto alla fossa

con la nebbia del primo mattino

La donna che celò in un sorriso

il disagio di darci memoria

ritrovi ogni notte sul viso

un insulto del tempo e una scoria

Coltiviamo per tutti un rancore

che ha l'odore del sangue rappreso

ciò che allora chiamammo dolore

è soltanto un discorso sospeso

GIROTONDO

Se verrà la guerra, Marcondiro'ndero

se verrà la guerra, Marcondiro'ndà

sul mare e sulla terra, Marcondiro'ndero

sul mare e sulla terra chi ci salverà ?

Ci salverà il soldato che non la vorrà

ci salverà il soldato che la guerra rifiuterà

La guerra e già scoppiata, Marcondiro'ndero

la guerra e già scoppiata, chi ci aiuterà

Ci aiuterà il buon Dio, Marcondiro'ndero

ci aiuterà il buon Dio, lui ci salverà

Buon Dio e già scappato, dove non si sa

buon Dio se n'è andato, chissà quando ritornerà

L'areoplano vola, Marcondiro'ndero

l'areoplano vola, Marcondiro’ndà

Se getterà la bomba, Marcondiro'ndero

se getterà la bomba, chi ci salverà ?

Ci salva l’aviatore che non lo farà

ci salva l'aviatore che la bomba non getterà

La bomba è già caduta, Marcondiro'ndero

la bomba è già caduta, chi la prenderà?

La prenderanno tutti, Marcondiro'ndero

sian belli o siano brutti Marcondiro'ndà

Sian grandi o sian piccini li distruggerà

sian furbi o sian cretini li fulminerà

Ci sono troppe buche, Marcondiro'ndero

ci sono troppe buche, chi le riempirà ?

Non potremo più giocare al Marcondiro'ndero

non potremo più giocare al Marcondiro'ndà

E voi a divertirvi andate un po’ più in là

andate a divertirvi dove la guerra non ci sarà

La guerra e dappertutto, Marcondiro'ndero

la terra e tutta a lutto, chi la consolerà

Ci penseran gli uomini, le bestie e i fiori

i boschi e le stagioni con i mille colori

Di gente, bestie e fiori no, non ce n'è più

viventi siam rimasti noi e nulla più

Abbiam tutta la terra, Marcondiro'ndero

giocheremo a far la guerra, Marcondiro'ndà

la terra e tutta nostra, Marcondiro'ndero

ne faremo una gran giostra, Marcondiro'ndà

La terra e tutta nostra, Marcondiro’ndero

ne faremo una gran giostra, Marcondiro'ndà

la terra e tutta nostra, Marcondiro'ndero

per far la guerra-giostra, Marcondiro'ndà

Abbiam tutta la guerra, Marcondiro'ndero

giocheremo a far la terra, Marcondiro'ndà

La terra e una gran giostra, Marcondiro'ndero

giocheremo a farla nostra, Marcondiro'ndà...

CORALE

(Leggenda del Re infelice)

C'era un re

che aveva

due castelli

uno d'argento uno d'oro

ma per lui

non il cuore

di un amico

mai un amore né felicità

Un castello

lo donò

e cento e cento amici trovò

l'altro poi

gli portò

mille amori

ma non trovò

la felicità

Non cercare la felicità

in tutti quelli a cui tu

hai donato

per avere un compenso

ma solo in te

nel tuo cuore

se tu avrai donato

solo per pietà

 

 

 

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