DON RAFFAÈ
Io mi chiamo Pasquale Cafiero
e son brigadiere del carcere oinè
io mi chiamo Cafiero Pasquale
sto a Poggio Reale dal 53
e al centesimo catenaccio
alla sera mi sento uno straccio
per fortuna che al braccio speciale
cè un uomo geniale che parla co me
Tutto il giorno con quattro infamoni
briganti , papponi , cornuti e lacchè
tutte lore co sta fetenzia
che sputa minaccia e sà piglia co me
ma alla fine massetto papale
mi sbottono e mi leggo o giornale
mi consiglio con don Raffae
mi spiega che penso e bevimmò cafè
A che bellò cafè
pure in carcere o sanno fa
co à ricetta chà Ciccirinella
compagno di cella
ci ha dato mammà
Prima pagina venti notizie
ventun ingiustizie e lo Stato che fa
si costerna , sindigna , simpegna
poi getta la spugna con gran dignità
mi scervello e mi asciugo la fronte
per fortuna cè chi mi risponde
a quelluomo sceltissimo immenso
io chiedo consenso a don Raffaè
Un galantuomo che tiene sei figli
ha chiesto una casa e ci danno consigli
mentre o assessore che Dio lo perdoni
ndrento a e roullotte ci tiene i visoni
voi vi basta una mossa una voce
cha sto Cristo ci levano a croce
con rispetto sè fatto le tre
volte a spremuta o volite o cafè
A che bellò cafè
pure in carcere o sanno fa
co à ricetta chà Ciccirinella
compagno di cella
ci ha dato mammà
A che bellò cafè
pure in carcere o sanno fa
co à ricetta chà Ciccirinella
compagno di cella
ci ha dato mammà
Qui ci stà linflazione, la svalutazione
e la borsa ce lha chi ce lha
io non tengo compendio che chillo stipendio
e un ambo se sogno a papà
aggiungete mia figlia Innocenza
vuo marito non tiene pazienza
non chiedo la grazia pe me
vi faccio la barba o la fate da sé
Voi tenete un cappotto cammello
che al maxi processo eravate o chiù bello
un vestito gessato marrone
così ci è sembrato alla televisione
pe ste nozze vi prego Eccellenza
mi prestasse pe fare presenza
io già tengo le scarpe e o gillè
gradite o Campari o volite o cafè
A che bellò cafè
pure in carcere o sanno fa
co à ricetta chà Ciccirinella
compagno di cella
ci ha dato mammà
A che bellò cafè
pure in carcere o sanno fa
co à ricetta chà Ciccirinella
compagno di cella
ci ha dato mammà
Qui non cè più decoro le carceri doro
ma chi lha mi viste chissà
chiste so fatiscienti pe chisto i fetienti
se tengono limmunità
don Raffaè voi politicamente
io ve lo giuro sarebbe no santo
ma ca dinto voi state a pagà
e fora chissatre se stanno a spassà
A proposito tengo no frate
che da quindici anni sta disoccupato
chillha fatto quaranta concorsi
novanta domande e duecento ricorsi
voi che date conforto e lavoro
Eminenza vi baciovimploro
chillo duorme co mamma e co me
che crema dArabia chè chisto cafè
LA DOMENICA DELLE SALME
Tentò la fuga in tram
verso le sei del mattino
dalla bottiglia di orzata
dove galleggia Milano
non fu difficile seguirlo
il poeta della Baggina*
la sua anima accesa
mandava luce di lampadina
gli incendiarono il letto
sulla strada di Trento
riuscì a salvarsi dalla sua barba
un pettirosso da combattimento
I Polacchi non morirono subito
e inginocchiati agli ultimi semafori
rifacevano il trucco alle troie di regime
lanciate verso il mare
i trafficanti di saponette
mettevano pancia verso est
chi si convertiva nel novanta
ne era dispensato nel novantuno
la scimmia del quarto Reich
ballava la polka sopra il muro
e mentre si arrampicava
le abbiamo visto tutto il culo
la piramide di Cheope
volle essere ricostruita in quel giorno di festa
masso per masso
schiavo per schiavo
comunista per comunista
La domenica delle salme
non si udirono fucilate
il gas esilarante
presidiava le strade
la domenica delle salme
si portò via tutti i pensieri
e le regine del tua culpa
affollarono i parrucchieri
Nellassolata galera patria
il secondo secondino
disse a Baffi di Sego* che era il primo
-- si può fare domani sul far del mattino
e furono inviati messi
fanti cavalli cani ed un somaro
ad annunciare lamputazione della gamba
di Renato Curcio
il carbonaro
il ministro dei temporali
in un tripudio di tromboni
auspicava democrazia
con la tovaglia sulle mani e le mani sui coglioni
-- voglio vivere in una città
dove allora dellaperitivo
non ci siano spargimenti di sangue
o di detersivo
a tarda sera io e il mio illustre cugino De Andrade*
eravamo gli ultimi cittadini liberi
di questa famosa città civile
perché avevamo un cannone nel cortile
La domenica delle salme
nessuno si fece male
tutti a seguire il feretro
del defunto ideale
la domenica delle salme
si sentiva cantare
-quantè bella giovinezza
non vogliamo più invecchiare
Gli ultimi viandanti
si ritirarono nelle catacombe
accesero la televisione e ci guardarono cantare
per una mezzoretta
poi ci mandarono a cagare
-- voi che avete cantato sui trampoli e in ginocchio
coi pianoforti a tracolla travestiti da Pinocchio
voi che avete cantato per i longobardi e per i centralisti
per lAmazzonia e per la pecunia
nei palastilisti
e dai padri Maristi
voi avevate voci potenti
lingue allenate a battere il tamburo
voi avevate voci potenti
adatte per il vaffanculo
La domenica delle salme
gli addetti alla nostalgia
accompagnarono tra i flauti
il cadavere di Utopia
la domenica delle salme
fu una domenica come tante
il giorno dopo cerano i segni
di una pace terrificante
mentre il cuore dItalia
da Palermo ad Aosta
si gonfiava in un coro
di vibrante protesta
* Baggina : così viene chiamata a Milano la Casa di Riposo per Anziani Pio Albero Trivulzio "
* Baffi di Sego: gendarme austriaco in una satira di Giuseppe Giusti
* De Andrade: vedi "Serafino Ponte Grande" di Oswald De Andrade
FIUME SAND CREEK
Si sono presi il nostro cuore sotto una coperta scura
sotto una luna morta piccola dormivamo senza paura
fu un generale di ventanni
occhi turchini e giacca uguale
fu un generale di vent'anni
figlio di un temporale
cè un dollaro dargento sul fondo del Sand Creek
I nostri guerrieri troppo lontani sulla pista del bisonte
e quella musica distante diventò sempre più forte
chiusi gli occhi per tre volte
mi ritrovai ancora lì
chiesi a mio nonno è solo un sogno
mio nonno disse sì
a volte i pesci cantano sul fondo del Sand Creek
Sognai talmente forte che mi uscì il sangue dal naso
il lampo in un orecchio e nell'altro il paradiso
le lacrime più piccole
le lacrime più grosse
quando l'albero della neve
fiorì di stelle rosse
ora i bambini dormono nel letto del Sand Creek
Quando il sole alzò la testa tra le spalle della notte
c'eran solo cani e fumo e tende capovolte
tirai una freccia in cielo
per farlo respirare
tirai una freccia al vento per farlo sanguinare
la terza freccia cercala sul fondo del Sand Creek
Si sono presi il nostro cuore sotto una coperta scura
sotto una luna morta piccola dormivamo senza paura
fu un generale di ventanni
occhi turchini e giacca uguale
fu un generale di vent'anni
figlio di un temporale
ora i bambini dormono sul fondo del Sand Creek
HOTEL SUPRAMONTE
E se vai all'Hotel Supramonte e guardi il cielo
tu vedrai una donna in fiamme e un uomo solo
e una lettera vera di notte falsa di giorno
e poi scuse e accuse e scuse senza ritorno
e ora viaggi ridi vivi o sei perduta
col tuo ordine discreto dentro il cuore
ma dove dov'è il tuo amore, ma dove è finito il tuo amore
Grazie al cielo ho una bocca per bere e non è facile
grazie a te ho una barca da scrivere ho un treno da perdere
e un invito all'Hotel Supramonte dove ho visto la neve
sul tuo corpo così dolce di fame così dolce di sete
passerà anche questa stazione senza far male
passerà questa pioggia sottile come passa il dolore
ma dove dov'è il tuo amore, ma dove è finito il tuo amore
E ora siedo sul letto del bosco che ormai ha il tuo nome
ora il tempo è un signore distratto è un bambino che dorme
ma se ti svegli e hai ancora paura ridammi la mano
cosa importa se sono caduto se sono lontano
perché domani sarà un giorno lungo e senza parole
perché domani sarà un giorno incerto di nuvole e sole
ma dove dov'è il tuo cuore, ma dove è finito il tuo cuore.
SE TI TAGLIASSERO A PEZZETTI
Se ti tagliassero a pezzetti
il vento li raccoglierebbe
il regno dei ragni cucirebbe la pelle
e la luna tesserebbe i capelli e il viso
e il polline di un Dio
di un Dio il sorriso
Ti ho trovata lungo il fiume
che suonavi una foglia di fiore
che cantavi parole leggere, parole d'amore
ho assaggiato le tue labbra di miele rosso rosso
ti ho detto dammi quello che vuoi, io quel che posso
Rosa gialla rosa di rame
mai ballato così a lungo
lungo il filo della notte sulle pietre del giorno
io suonatore di chitarra io suonatore di mandolino
alla fine siamo caduti sopra il fieno
Persa per molto persa per poco
presa sul serio presa per gioco
non c'è stato molto da dire ho da pensare
la fortuna sorrideva come uno stagno a primavera
spettinata da tutti i venti della sera
E adesso aspetterò domani per avere nostalgia
signora libertà signorina fantasia
così preziosa come il vino così gratis come la tristezza
con la tua nuvola di dubbi e di bellezza
T'ho incrociata alla stazione
che inseguivi il tuo profumo
presa in trappola da un tailleur grigio fumo
i giornali in una mano e nell'altra il tuo destino
camminavi fianco a fianco al tuo assassino
Ma se ti tagliassero a pezzetti
il vento li raccoglierebbe
il regno dei ragni cucirebbe la pelle
e la luna tesserebbe i capelli e il viso
e il polline di un Dio
di un Dio il sorriso
IL GORILLA
Sulla piazza d'una città
la gente guardava con ammirazione
un gorilla portato là
dagli zingari di un baraccone
con poco senso del pudore
le comari di quel rione
contemplavano lo scimmione
non dico dove non dico come
attenti al gorilla !
d'improvviso la grossa gabbia
dove viveva l'animale
s'aprì di schianto non so perché
forse l'avevano chiusa male
la bestia uscendo fuori di là
disse: "quest'oggi me la levo"
parlava della verginità
di cui ancora viveva schiavo
attenti al gorilla !
il padrone si mise a urlare
" il mio gorilla , fate attenzione"
non ha veduto mai una scimmia
potrebbe fare confusione
tutti i presenti a questo punto
fuggirono in ogni direzione
anche le donne dimostrando
la differenza fra idea e azione
attenti al gorilla !
tutta la gente corre di fretta
di qui e di là con grande foga
si attardano solo una vecchietta
e un giovane giudice con la toga
visto che gli altri avevan squagliato
il quadrumane accellerò
e sulla vecchia e sul magistrato
con quattro salti si portò
attenti al gorilla !
bah , sospirò pensando la vecchia
ch'io fossi ancora desiderata
sarebbe cosa alquanto strana
e più che altro non sperata
che mi si prenda per una scimmia
pensava il giudice col fiato corto
non è possibile, questo è sicuro
il seguito prova che aveva torto
attenti al gorilla !
se qualcuno di voi dovesse
costretto con le spalle al muro ,
violare un giudice od una vecchia
della sua scelta sarei sicuro
ma si dà il caso che il gorilla
considerato un grandioso fusto
da chi l'ha provato però non brilla
né per lo spirito né per il gusto
attenti al gorilla !
infatti lui , sdegnando la vecchia
si dirige sul magistrato
lo acchiappa forte per un'orecchia
e lo trascina in mezzo ad un prato
quello che avvenne fra l'erba alta
non posso dirlo per intero
ma lo spettacolo fu avvincente
e lo "suspence" ci fu davvero
attenti al gorilla !
dirò soltanto che sul più bello
dello spiacevole e cupo dramma
piangeva il giudice come un vitello
negli intervalli gridava mamma
gridava mamma come quel tale
cui il giorno prima come ad un pollo
con una sentenza un po' originale
aveva fatto tagliare il collo.
attenti al gorilla !
CANZONE DELL'AMORE PERDUTO
Ricordi sbocciavan le viole
con le nostre parole
"Non ci lasceremo mai, mai e poi mai",
vorrei dirti ora le stesse cose
ma come fan presto, amore, ad appassire le rose
così per noi
l'amore che strappa i capelli è perduto ormai,
non resta che qualche svogliata carezza
e un po' di tenerezza.
E quando ti troverai in mano
quei fiori appassiti al sole
di un aprile ormai lontano,
li rimpiangerai
ma sarà la prima che incontri per strada
che tu coprirai d'oro per un bacio mai dato,
per un amore nuovo.
E sarà la prima che incontri per strada
che tu coprirai d'oro per un bacio mai dato,
per un amore nuovo.
IL TESTAMENTO DI TITO
Tito
Non avrai altro Dio all'infuori di me,
spesso mi ha fatto pensare:
genti diverse venute dall'est
dicevan che in fondo era uguale.
Credevano a un altro diverso da te
e non mi hanno fatto del male.
Credevano a un altro diverso da te
e non mi hanno fatto del male.
Non nominare il nome di Dio
non nominarlo invano.
Con un coltello piantato nel fianco
gridai la mia pena e il suo nome:
ma forse era stanco, forse troppo occupato
e non ascoltò il mio dolore.
Ma forse era stanco, forse troppo lontano
davvero lo nominai invano.
Onora il padre. onora la madre
e onora anche il loro bastone,
bacia la mano che ruppe il tuo naso
perché le chiedevi un boccone:
quando a mio padre si fermò il cuore
non ho provato dolore.
Quando a mio padre si fermò il cuore
non ho provato dolore.
Ricorda di santificare le feste.
Facile per noi ladroni
entrare nei templi che rigurgitan salmi
di schiavi e dei loro padroni
senza finire legati agli altari
sgozzati come animali.
Senza finire legati agli altari
sgozzati come animali.
Il quinto dice non devi rubare
e forse io l'ho rispettato
vuotando, in silenzio, le tasche già gonfie
di quelli che avevan rubato:
ma io, senza legge, rubai in nome mio,
quegli altri, nel nome di dio.
Ma io, senza legge, rubai in nome mio,
quegli altri, nel nome di dio.
Non commettere atti che non siano puri
cioè non disperdere il seme.
Feconda una donna ogni volta che l'ami
così sarai uomo di fede:
poi la voglia svanisce e il figlio rimane
e tanti ne uccide la fame
lo, forse, ho confuso il piacere e lamore.
ma non ho creato dolore.
Il settímo dice non ammazzare
se del cielo vuoi essere degno.
Guardatela oggi, questa legge di dio,
tre volte inchiodata nel legno:
guardate la fine di quel nazareno,
e un ladro non muore di meno
Guardate la fine di quel nazareno.
e un ladro non muore di meno.
Non dire falsa testimonianza
e aiutali a uccidere un uomo
Lo sanno a memoria il diritto divino
e scordano sempre il perdono:
ho spergiurato su dio e sul mio onore
e no, non ne provo dolore.
Ho spergiurato su dio e sul mio onore
e no, non ne provo dolore.
Non desiderare la roba degli altri ,
non desiderarne la sposa.
Ditelo a quelli, chiedetelo ai pochi
che hanno una donna e qualcosa:
nei letti degli altri già caldi d'amore
non ho provato dolore.
L'invidia di ieri non è già finita:
stasera vi invidio la vita.
Ma adesso che viene la sera ed il buio
mi toglie il dolore dagli occhi
e scivola il sole al di là delle dune
a violentare altre notti :
io , nel vedere quest'uomo che muore,
madre, io provo dolore.
Nella pietà che non cede al rancore,
madre, ho imparato l'amore.
LA CANZONE DI MARINELLA
Questa di Marinella è la storia vera
che scivolò nel fiume a primavera
ma il vento che la vide così bella
dal fiume la portò sopra a una stella
sola senza il ricordo di un dolore
vivevi senza il sogno di un amore
ma un re senza corona e senza scorta
bussò tre volte un giorno alla sua porta
bianco come la luna il suo cappello
come l'amore rosso il suo mantello
tu lo seguisti senza una ragione
come un ragazzo segue un aquilone
e c'era il sole e avevi gli occhi belli
lui ti baciò le labbra ed i capelli
c'era la luna e avevi gli occhi stanchi
lui pose la mano sui tuoi fianchi
furono baci furono sorrisi
poi furono soltanto i fiordalisi
che videro con gli occhi delle stelle
fremere al vento e ai baci la tua pelle
dicono poi che mentre ritornavi
nel fiume chissà come scivolavi
e lui che non ti volle creder morta
bussò cent'anni ancora alla tua porta
questa è la tua canzone Marinella
che sei volata in cielo su una stella
e come tutte le più belle cose
vivesti solo un giorno , come le rose
e come tutte le più belle cose
vivesti solo un giorno come le rose.
CREUZA DE MÄ
Umbre de muri muri de mainé
dunde ne vegnì duve l'è ch'ané
da 'n scitu duve a l'ûn-a a se mustra nûa
e a neutte a n'à puntou u cutellu ä gua
e a muntä l'àse gh'é restou Diu
u Diàu l'é in çë e u s'è gh'è faetu u nìu
ne sciurtìmmu da u mä pe sciugà e osse da u Dria
a a funtan-a di cumbi 'nta cä de pria.
E 'nt'a cä de pria chi ghe saià
int'à cä du Dria che u nu l'è mainà
gente de Lûgan facce da mandillä
qui che du luassu preferiscian l'ä
figge de famiggia udù de bun
che ti peu ammiàle senza u gundun.
E a 'ste panse veue cose che daià
cose da beive, cose da mangiä
frittûa de pigneu giancu de Purtufin
çervelle de bae 'nt'u meximu vin
lasagne da fiddià ai quattru tucchi
paciûgu in aegruduse de lévre de cuppi**.
E 'nt'a barca du vin ghe naveghiemu 'nsc'i scheuggi
emigranti du rìe cu'i cioi 'nt'i euggi
finché u matin crescià da puéilu rechéugge
frè di ganeuffeni e dè figge
bacan d'a corda marsa d'aegua e de sä
che a ne liga e a ne porta 'nte 'na creuza de mä.
Creuza*: Qui impropriamente tradotto mulattiera. In realtà la Creuza è nel genovesato una strada suburbana che scorre fra due muri che solitamente determinano i confini di proprietà.
Lévre de cuppi**: Gatto.
MULATTIERA DI MARE
Ombre di facce facce di marinai
da dove venite dov'è che andate
da un posto dove la luna si mostra nuda
e la notte ci ha puntato il coltello alla gola
e a montare l'asino c'è rimasto Dio
il Diavolo è in cielo e ci si è fatto il nido
usciamo dal mare per asciugare le ossa dall'Andrea
alla fontana dei colombi nella casa di pietra.
E nella casa di pietra chi ci sarà
nella casa dell'Andrea che non è marinaio
gente di Lugano facce da tagliaborse
quelli che della spigola preferiscono l'ala
ragazze di famiglia, odore di buono
che puoi guardarle senza preservativo.
E a queste pance vuote cosa gli darà
cosa da bere, cosa da mangiare
frittura di pesciolini, bianco di Portofino
cervelle di agnello nello stesso vino
lasagne da tagliare ai quattro sughi
pasticcio in agrodolce di lepre di tegole.
E nella barca del vino ci navigheremo sugli scogli
emigranti della risata con i chiodi negli occhi
finché il mattino crescerà da poterlo raccogliere
fratello dei garofani e delle ragazze
padrone della corda marcia d'acqua e di sale
che ci lega e ci porta in una mulattiera di mare.
JAMIN-A
Lengua 'nfeuga Jamin-a
lua de pelle scûa
cu'a bucca spalancà
morsciu de carne dûa
stella neigra ch'a lûxe
me veuggiu demuâ
'nte l'ûmidu duçe
de l'amë dû teu arveà
ma seu Jamin-a
ti me perdunié
se nu riûsciò a ésse porcu
cumme i teu pensë
destacchete Jamin-a
lerfe de ûga spin-a
fatt'ammiâ Jamín-a
roggiu de mussa pin-a
e u muru 'ntu sûù
sûgu de sä de cheusce
duve gh'è pei gh'è amù sultan-a de e bagascie
dagghe cianìn Jamin-a
nu navegâ de spunda
primma ch'à cuæ' ch'à munta e a chin-a
nu me se desfe 'nte l'unda
e l'ûrtimu respiu Jamin-a
regin-a muaé de e sambe
me u tegnu pe sciurtï vivu
da u gruppu de e teu gambe
e l'ûrtimu respiu Jamin-a
regin-a muaé de e sambe
me u tegnu pe sciurtï vivu
da u gruppu de e teu gambe
e l'ûrtimu respiu Jamin-a
regin-a muaé de e sambe
me u tegnu pe sciurtï vivu
da u gruppu de e teu gambe.
JAMINA
Lingua infuocata Jamina
lupa di pelle scura
con la bocca spalancata
morso di carne soda
stella nera che brilla
mi voglio divertire
nell'umido dolce
del miele del tuo alveare
sorella mia Jamina
mi perdonerai
se non riuscirò a essere porco
come i tuoi pensieri
staccati Jamina
labbra di uva spina
fatti guardare Jamina
getto di fica sazia
e la faccia nel sudore
sugo di sale di coscie
dove c'è pelo c'è amore
sultana delle troie
Dacci piano Jamina
non navigare di sponda
prima che la voglia che sale e scende
non mi si disfi nell'onda
e l'ultimo respiro Jamina
regina madre delle sambe
me lo tengo per uscire vivo
dal nodo delle tue gambe
e l'ultimo respiro Jamina
regina madre delle sambe
me lo tengo per uscire vivo
dal nodo delle tue gambe
e l'ultimo respiro Jamina
regina madre delle sambe
me lo tengo per uscire vivo
dal nodo delle tue gambe.
SIDUN
U mæ ninin* u mæ
u mæ
lerfe grasse au su
d'amë d'amë
tûmù duçe benignu
de teu muaè
spremmûu 'nta maccaia
de staë de staë
e oua grûmmu de sangue ouëge
e denti de laete
e i euggi di surdatti chen arraggë
cu'a scciûmma a a bucca cacciuéi de baë
a scurrï a gente cumme selvaggin-a
finch'u sangue sarvaegu nu gh'à smurtau a qué
e doppu u feru in gua i feri d'ä prixún
e 'nte ferie a semensa velenusa d'ä depurtaziún
perchè de nostru da a cianûa a u meü
nu peua ciû cresce ni ærbu ni spica ni figgeü
ciao mæ 'nin l'eredítaë
l'è ascusa
'nte sta çittaë
ch'a brûxa ch'a brûxa
inta seia che chin-a
e in stu gran ciaeu de feugu
pe a teu morte piccin-a.
Ninin*: Vezzeggiativo che sta per bambino.
SIDONE
Il mio bambino il mio
il mio
labbra grasse al sole
di miele di miele
tumore dolce benigno
di tua madre
spremuto nell'afa umida
dell'estate dell'estate
e ora grumo di sangue orecchie
e denti di latte
e gli occhi dei soldati cani arrabbiati
con la schiuma alla bocca
cacciatori di agnelli
a inseguire la gente come selvaggina
finché il sangue selvatico
non gli ha spento la voglia
e dopo il ferro in gola i ferri della prigione
e nelle ferite il seme velenoso della deportazione
perché di nostro dalla pianura al modo
non possa più crescere albero né spiga né figlio
ciao bambino mio l'eredità
è nascosta
in questa città
che brucia che brucia
nella sera che scende
e in questa grande luce di fuoco
per la tua piccola morte.
MÈGU MEGÙN
E mi e mi e mi
anà anà
e a laia sciurtì
a suà suà
e ou coèu ou coèu ou coèu
da rebellà
fin a piggià piggià
ou trèn ou trèn
E nta galleria
gentè a lintra au scùu
sciòrte amarutia
loèugu de n spesià
e ntu strèitu taguèitan
te dumàndan chi tè
a sustànsa e ou mestè
che pe liatri ou viaggià ou nu lè
poi te tùcca n purtè lepegùsu
e na stànsia lùvega
e nte làtra stànsia
è bagàsce a dà ou menù
e ti cuna quàe che nu ti voèu
a tià a bibbia nta miàgia
serrà a ciàve ànche ou barcùn
e arensenite sùrvia ou coèu
Uh mègu mègu mègu mè megùn
Uh chin-a chin-a zù da ou caregùn
Na carèga dùa
nèsciu de n turtà
na fainà cha sùa
e a ghe mancaa sa
tùtti sùssa rèsca
da ou xàtta in zù
se ti gii a tèsta
ti te vèddi ou cù
e a stà foèa ghè ou repentin
cha te tùcche na pasciùn
pe na faccia da madònna
cha te sposta ou ghirindùn
ùn amù mai in esclusiva
sempre cun quarcòsa da pagà
na scignurin-a che sùttu à cùa
a gha ou gàrbu da scignùa
Uh mègu mègu mègu mè megùn
Uh chin-a chin-a zù da ou caregùn
Uh che belin de n nolu che ti me faièsci fa
Uh cha sùn de piggià de laia se va a luspià
E mi e mi e mi
nu anà nu anà
stà chi stà chi stà chi
durmì durmì
E mi e mi e mi
nu anà nu anà
stà chi stà chi stà chi
asùnàme.
MEDICO MEDICONE
E io e io e io
andare andare
e uscire allaria
sudare sudare
e il cuore il cuore il cuore
da trascinare
fino a prendere a prendere
il treno il treno
E nella galleria
la gente entra al buio
esce ammalata
cesso d un farmacista
e nello stretto ti guardano
ti domandano chi sei
il patrimonio e il mestiere
che per loro il viaggiare non lo è
poi ti tocca un portiere viscido
e una stanza umida
e nellaltra stanza
le bagasce a dare il menù
e tu con una voglia che non vuoi
a tirare la Bibbia nel muro
chiudere a chiave anche la finestra
e a ciambellarti sopra il cuore
Uh medico medico medico mio medicone
Uh vieni vieni giù dal seggiolone
Una sedia dura
scemo di un tortaio
una farinata che suda
e le manca il sale
tutti succhiatori di lische
dal pappone il giù
se giri la testa
ti vedi il culo
e a star fuori cè il rischio
che ti tocchi una passione
per una faccia da Madonna
che ti sposta il comò
un amore mai in esclusiva
sempre con qualcosa da pagare
una signorina che sotto la coda
ha il buco da signora
Uh medico medico medico mio medicone
Uh vieni vieni giù dal seggiolone
Uh che cazzo di contratto mi faresti fare
Uh che a forza di prendere aria si va allospedale
E io e io e io
non andare non andare
stare qui stare qui stare qui
dormire dormire
e io e io e io
non andare non andare
stare qui stare qui stare qui
sognare
'A PITTIMA*
Cosa ghe possu ghe possu fâ
se nu gh'ò ë brasse pe fâ u mainä
se infundo a e brasse nu gh'ò ë män du massacán
e mi gh'ò 'n pûgnu dûu ch'u pâ 'n nìu
gh'ò 'na cascetta larga 'n dìu
giûstu pe ascúndime c'u vestíu deré a 'n fiu
e vaddu in giù a çerca i dinë
a chi se i tegne e ghe l'àn prestë
e ghe i dumandu timidamente ma in mezu ä gente
e a chi nu veu däse raxún
che pâ de stránûä cuntru u trun
ghe mandu a dî che vive l'è cäu ma a bu-n mercöu
mi sun 'na pittima rispettä
e nu anâ 'ngíu a cuntâ
che quandu a víttima l'è 'n strassé ghe dö du mæ.
Píttima*: Alla pittima, ancora oggi sinonimo di persona insistente, noiosa e appiccicosa, si affidava il compito da parte di cittadini privati dell'antica Genova di esigere i crediti dei debitori insolventi.
LA PITTIMA
Cosa ci posso fare
se non ho le braccia per fare il marinaio
se in fondo alle braccia non ho le mani del muratore
e ho un pugno duro che sembra un nido
ho un torace largo un dito
giusto per nascondermi con il vestito dietro a un filo
e vado in giro a chiedere i soldi
a chi se li tiene e glieli hanno prestati
e glieli domando timidamente ma in mezzo alla gente
e a chi non vuole darsi ragione
che sembra di starnutire contro il tuono
gli mando a dire che vivere è caro ma a buon mercato
io sono una pittima rispettata
e non andare in giro a raccontare
che quando la vittima è uno straccione gli do del mio.
A DUMENEGA*
Quandu ä dumenega fan u gíu
cappellin neuvu neuvu u vestiu
cu 'a madama a madama 'n testa
o belin che festa o belin che festa
a tûtti apreuvu ä pruccessiún
d'a Teresin-a du Teresún
tûtti a miâ ë figge du diàu
che belin de lou che belin de lou
e a stu luciâ de cheusce e de tettìn
ghe fan u sciätu anche i ciû piccìn
mama mama damme ë palanche
veuggiu anâ a casín veuggiu anâ a casín
e ciû s'addentran inta cittaë
ciû euggi e vuxi ghe dan deré
ghe dixan quellu che nu peúan dî
de zeùggia sabbu e de lûnedi
**a Ciamberlin sûssa belín
ä Fuxe cheusce da sciaccanuxe
in Caignàn musse de tersa man
e in Puntexellu ghe mustran l'öxellu
a Ciamberlin sûssa belín
ä Fuxe cheusce da sciaccanuxe
in Caignàn musse de tersa man
e in Puntexellu ghe mustran l'öxellu
e u direttú du portu c'u ghe vedde l'ou
'nte quelle scciappe a reposu da u lou
pe nu fâ vedde ch'u l'è cuntentu
ch'u meu-neuvu u gh'à u finansiamentu
u se cunfunde 'nta confûsiûn
cun l'euggiu pin de indignasiún
e u ghe cría u ghe cría deré
bagasce sëi e ghe restè
e ti che ti ghe sbraggi apreuvu
mancu ciû u nasu gh'avei de neuvu
bruttu galûsciu de 'n purtòu de Cristu
nu tè l'ûnicu ch'u se n'è avvistu
che in mezu a quelle creatûe
che se guagnan u pan da nûe
a gh'è a gh'è a gh'è a gh'è
a gh'è anche teu muggè
a Ciamberlin sûssa belín
ä Fuxe cheusce de sciaccanuxe
in Caignàn musse de tersa man
e in Puntexellu ghe mustran l'öxellu.
*: Era costume della vecchia Genova che le prostitute fossero relegate in un quartiere della città. Tra i diritti ad esse riconosciuti vi era quello della passeggiata domenicale. Il comune era solito dare in appalto le case di tolleranza con i cui ricavi pare riuscisse coprire quasi per intero gli annuali lavori portuali.
**: Denominazione di piazze, vie o località di Genova.
LA DOMENICA
Quando alla domenica fanno il giro
cappellino nuovo nuovo il vestito
con la madama la madama in testa
cazzo che festa cazzo che festa
e tutti dietro alla processione
della Teresina del Teresone
tutti a guardare le figlie del diavolo
che cazzo di lavoro che cazzo di lavoro
e a questo dondolare di cosce e di tette
gli fanno il chiasso anche i più piccoli
mamma mamma dammi i soldi
voglio andare a casino voglio andare a casino
e più si addentrano nella città
più occhi e voci gli danno dietro
gli dicono quello che non possono dire
di giovedì di sabato e di lunedì
a Pianderlino succhia cazzi
alla Foce cosce da schiaccianoci
in Carignano fiche di terza mano
e a Ponticello gli mostrano l'uccello
a Pianderlino succhia cazzi
alla Foce cosce da schiaccianoci
in Carignano fiche di terza mano
e a Ponticello gli mostrano l'uccello
e il direttore del porto che ci vede l'oro
in quelle chiappe a riposo dal lavoro
per non fare vedere che è contento
che il molo nuovo ha il finanziamento
si confonde nella confusione
con l'occhio pieno di indignazione
e gli grida gli grida dietro
bagasce siete e ci restate
e tu che gli sbraiti appresso
neanche più il naso avete di nuovo
brutto stronzo di un portatore di Cristo
non sei l'unico che se ne è accorto
che in mezzo a quelle creature
che si guadagnano il pane da nude
c'è c'è c'è c'è
c'è anche tua moglie
a Pianderlino succhia cazzi
alla Foce cosce da schiaccianoci
in Carignano fiche di terza mano
e a Ponticello gli mostrano l'uccello.
A ÇIMMA
Ti tadesciàe nsce lèndegu du matin
chà luxe a là n pè n tera e làtru in mà
ti tammiàe a ou spègiu dà ruzà
ti mettiàe ou brùgu rèdennunte n cantùn
che se dà cappa a sgùggia n cuxin-a stria
a xeùa de cuntà e pàgge che ghe sùn
a cimma a lè za pinn-a a lè za cùxia
Cè serèn tèra scùa
carne tènia nu fàte nèigra
nu turnà dùa
Belloueggè strapunta de tùttu bun
prima de battezàlu ntou prebuggiun
cun dui aguggiuìn dritu n pùnta de pè
da sùrvia n zù fitu ti a punziggè
àia de lùn-a vègia de ciaèu de nègia
chou cègu ou pèrde a tèsta làse ou sentè
oudù de mà misciòu de pèrsa lègia
cosàtru fa cosàtru dàghe a ou cè
Cè serèn tèra scùa
carne tènia nu fàte nèigra
nu turnà dùa
e ntou nùme de Maria
tùtti diài da sta pùgnatta
anène via
Poi vegnan a pigiàtela i càmè
te lascian tùttu ou fùmmu dou toèu mestè
tucca a ou fantin à prima coutelà
mangè mangè nu sèi chi ve mangià
Cè serèn tèra scùa
carne tènia nu fàte nèigra
nu turnà dùa
e ntou nùme de Maria
tùtti diài da sta pùgnatta
anène via.
LA CIMA
Ti sveglierai sullindaco del mattino
quando la luce ha un piede in terra e l altro in mare
ti guarderai allo specchio di un tegamino
il cielo si guarderà allo specchio della rugiada
metterai la scopa dritta in un angolo
che se dalla cappa scivola in cucina la strega
a forza di contare le paglie che ci sono
la cima è già piena è già cucita
Cielo sereno terra scura
carne tenera non diventare nera
non ritornare dura
Bel guanciale materasso di ogni ben di Dio
prima di battezzarla nelle erbe aromatiche
con due grossi aghi dritti in punta di piedi
da sopra a sotto svelto la pungerai
aria di luna vecchia di chiarore di nebbia
che il chierico perde la testa e lasino il sentiero
odore di mare mescolato a maggiorana leggera
cosaltro fare cosaltro dare al cielo
Cielo sereno terra scura
carne tenera non diventare nera
non ritornare dura
e nel nome di Maria
tutti i diavoli da questa pentola
andate via
Poi vengono a prendertela i camerieri
ti lasciano tutto il fumo del tuo mestiere
tocca allo scapolo la prima coltellata
mangiate mangiate non sapete chi vi mangerà
Cielo sereno terra scura
carne tenera non diventare nera
non ritornare dura
e nel nome di Maria
tutti i diavoli da questa pentola
andate via
SINÀN CAPUDÀN PASCIÀ
Teste fascië 'nscià galéa
ë sciabbre se zeugan a lûn-a
a mæ a l'è restà duv'a l'éa
pe nu remenalu ä furtûn-a
**intu mezu du mä
gh'è 'n pesciu tundu
che quandu u vedde ë 'brûtte
u va' 'nsciù fundu
intu mezu du mä
gh'è 'n pesciu palla
che quandu u vedde ë belle
u vegne a galla.
E au postu d'i anni ch'ean dexenueve
se sun piggiaë ë gambe e e maæ brasse nueve
d'allua a cansún l'à cantà u tambûu
e u lou s'è gangiou in travaggiu dûu
vuga t'è da vugâ prexuné
e spuncia spuncia u remmu fin au pë
vuga t'è da vugâ turtaiéu***
e tia tia u remmu fin a u cheu
e questa a l'è a me stöia
e t`ä veuggiu cuntâ
'n po' primma ch'à vegiàià
a me peste 'ntu murtä
e questa a l'è a memöia
a memöia du Çigä
ma 'nsci librri de stöia
Sinàn Capudàn Pascià.
E suttu u timun du gran cäru
c'u muru 'nte 'n broddu de färu
'na neutte, ch'u freidu u te morde
u te giàscia u te spûa e u te remorde
e u Bey assettòu u pensa ä Mecca
e u vedde ë Uri 'nsce 'na secca
ghe giu u timùn a lebecciu
sarvàndughe a vitta e u sciabeccu
amü me bell'amü
a sfurtûn-a a l'è 'n grifun
ch'u gia 'ngiu ä testa du belinun
amü me bell'amü
a sfurtûn-a a l'è 'n belin
ch'ù xeua 'ngiu au cû ciû vixín
e questa a l'è a me stöia
e t'ä veuggiu cuntâ
'n po' primma ch'à a vegìáìa
a me peste 'ntu murtä
e questa a l'è a memöia
a memöia du Çigä
ma 'nsci libbri de stöia
Sinàn Capudàn Pascià.
E digghe a chi me ciamma rénegôu
che a tûtte ë ricchesse a l'argentu e l'öu
Sinan gh'a lasciòu de luxî au sü
giastemmandu Mumä au postu du Segnü
intu mezu du mä
gh'è 'n pesciu tundu
che quandu u vedde ë brûtte
u va 'nsciù fundu
i ntu mezu du mä
gh'è n' pesciu palla
che quandu u vedde ë belle
u vegne a galla.
*: Nella seconda metà del XV secolo in uno scontro alle isole Gerbe tra le flotte della repubblica di Genova e quella turca insieme ad altri prigionieri venne catturato un marinaio di nome Cicala che divenne in seguito Gran Visir e Serraschiere del Sultano assumento il nome di Sinàn Capudàn Pascià.
**: Ritornello popolare di alcune località rivierasche tirreniche.
Turtaieu***: Letteralmente "imbuto". Termine usato per indicare un individuo che mangia smodatamente.
SINÀN CAPUDÀN PASCIÀ
Teste fasciate sulla galea
le sciabole si giocano la luna
la mia è rimasta dov'era
per non stuzzicare la fortuna
in mezzo al mare
c'è un pesce tondo
che quando vede le brutte
va sul fondo
in mezzo al mare
c'è un pesce palla
che quando vede le belle
viene a galla.
E al posto degli anni che erano diciannove
si sono presi le gambe e le mie braccia nuove
da allora la canzone l'ha cantata il tamburo
e il lavoro è diventato fatica
voga devi vogare prigioniero
e spingi spingi il remo fino al piede
voga devi vogare imbuto
e tira tira il remo fino al cuore
e questa è la mia storia
e te la voglio raccontare
un po' prima che la vecchiaia
mi pesti nel mortaio
e questa è la memoria
la memoria del Cicala
ma sui libri di storia
Sinàn Capudàn Pascià.
E sotto il timone del gran carro
con la faccia in un brodo di farro
una notte che il freddo ti morde
ti mastica ti sputa e ti rimorde
e il Bey seduto pensa alla Mecca
e vede le Urì su una secca
gli giro il timone a libeccio
salvandogli la vita e lo sciabecco
amore mio bell'amore
la sfortuna è un avvoltoio
che gira intorno alla testa dell'imbecille
amore mio bell'amore
la sfortuna è un cazzo
che vola intorno al sedere più vicino
e questa è la mia storia
e te la voglio raccontare
un po' prima che la vecchiaia
mi pesti nel mortaio
e questa è la memoria
la memoria di Cicala
ma sui libri di storia
Sinàn Capudàn Pascià.
E digli a chi mi chiama rinnegato
che a tutte le ricchezze all'argento e all'oro
Sinàn ha concesso di luccicare al sole
bestemmiando Maometto al posto del Signore
in mezzo al mare
c'è un pesce tondo
che quando vede le brutte
va sul fondo
in mezzo al mare
c'è un pesce palla
che quando vede le belle
viene a galla.