NUVOLE BAROCCHE
UN MATTO

lato A

Poi un'altra giornata di luce

poi un altro di questi tramonti

e portali colonne fontane.

Tu mi hai insegnato a vivere

insegnami a partir.

Ma il cielo è tutto rosso

di nuvole barocche

sul fiume che si sciacqua

sotto l'ultimo sole.

E mentre soffio a soffio

le spinge lo scirocco

sussurra un altro invito

che dice di restare.

Poi carezze lusinghe abbandoni

poi quegli occhi di verde dolcezza

mille e una di queste promesse.

Tu mi hai insegnato il sogno

io voglio la realtà.

E mentre soffio a soffio

le spinge lo scirocco

sussurra un altro invito

che dice devi amare

che dice devi amare.

lato B

E FU LA NOTTE

E fu la notte

la notte per noi

notte profonda

sul nostro amore.

E fu la fine

di tutto per noi

resta il passato

e niente di più.

Ma se ti dico:

"non t'amo più"

sono sicuro

di non dire il vero.

E fu la notte

la notte per noi

buio e silenzio

son scesi su noi.

E fu la notte

la notte per noi

buio e silenzio

son scesi su noi..

 

 

 

 

lato A

(dietro ogni scemo c’è un villaggio)

Tu prova ad avere un mondo nel cuore

e non riesci ad esprimerlo con le parole,

e la luce del giorno si divide la piazza

tra un villaggio che ride e te, lo scemo, che passa,

e neppure la notte ti lascia da solo:

gli altri sognan se stessi e tu sogni di loro.

E sì, anche tu andresti a cercare

le parole sicure per farti ascoltare:

per stupire mezz’ora basta un libro di storia,

io cercai d’imparare la Treccani a memoria,

e dopo maiale, Majakowsky e malfatto,

continuarono gli altri fino a leggermi matto.

E senza sapere a chi dovessi la vita

in un manicomio io l’ho restituita:

qui sulla collina dormo malvolentieri

eppure c’è luce ormai nei miei pensieri,

qui nella penombra ora invento parole

ma rimpiango una luce, la luce del sole.

Le mie ossa regalano ancora alla vita:

le regalano ancora erba fiorita.

Ma la vita è rimasta nelle voci in sordina

di chi ha perso lo scemo e lo piange in collina;

di chi ancora bisbiglia con la stessa ironia

una morte pietosa lo strappò alla pazzia.

lato B

UN GIUDICE

Cosa vuol dire avere

un metro e mezzo di statura,

ve lo rivelan gli occhi

e le battute della gente,

o la curiosità

di una ragazza irriverente

che si avvicina solo

per un suo dubbio impertinente:

vuole scoprir se è vero

quanto si dice intorno ai nani,

che siano i più forniti

della virtù meno apparente,

fra tutte le virtù

la più indecente.

Passano gli anni, i mesi,

e se li conti anche i minuti,

è triste trovarsi adulti

senza essere cresciuti;

la maldicenza insiste,

batte la lingua sul tamburo

fino a dire che un nano

è una carogna di sicuro

perché ha il cuore toppo,

troppo vicino al buco del culo.

Fu nelle notti insonni

vegliate al lume del rancore

che preparai gli esami.

diventai procuratore

per imboccar la strada

che dalle panche d’una cattedrale

porta alla sacrestia

quindi alla cattedra d’un tribunale,

giudice finalmente,

arbitro in terra del bene e del male.

E allora la mia statura

non dispensò più buonumore

a chi alla sbarra in piedi

mi diceva Vostro Onore,

e di affidarli al boia

fu un piacere del tutto mio,

prima di genuflettermi

nell’ora dell’addio

non conoscendo affatto

la statura di Dio.

 

 

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