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Come i guerrafondai sfruttano il 911: Cosa c'è dietro la guerra al terrorismo? di Norm Dixon | 11 settembre 2002

Nella settimana precedente il primo anniversario dei devastanti attacchi terroristici dell'11 settembre 2001 a  New York e Washington le reti TV misero in onda una simile infinita sequenza di "eventi speciali" che vantavano riprese "esclusive" o "mai viste prima" del crollo delle torri gemelle del World Trade Center (WTC) e le sue conseguenze. In tutto il mondo la gente provava di nuovo l'orrore, la rabbia e la tragedia di quel terribile giorno nel quale vennero assassinati quasi 3.000 lavoratori. Nell'anniversario stesso di quel giorno migliaia di giornalisti e presentatori TV da tutto il mondo convergeranno al ``ground zero'' a New York per "ricordare e riflettere". Saranno trasmesse solenni cerimonie e verranno diffusi discorsi patriottici dei principali politici USA che riaffermano la determinazione di Washington di perseguire la sua "guerra al terrorismo". Ma per la fine degli hoplà dell'anniversario del 911, dopo le migliaia di ore TV ed i chilometri di articoli pubblicati su quotidiani e riviste di tutto il mondo, potete star sicuri che il più cospicuo aspetto del periodo post 911 sarà rimasto non menzionato da tutti tranne che dai più onesti commentatori: che la "guerra al terrorismo" di Washington è una cinica truffa. Il clichè più ripetuto dai media sul 911 è che quel giorno "il mondo è cambiato". Comunque, pochi commentatori si sono presi il fastidio di spiegare in che modo. L'11 settembre ha segnato un cambiamento nella politica degli USA e mondiale -- resta da vedere quanto duraturo. Quel giorno i governanti USA hanno compreso che quelle orribili azioni terroristiche gli hanno procurato una preziosa opportunità per raggiungere l'obiettivo della dominazione mondiale da lungo tempo perseguito dalla classe capitalista dirigente degli USA -- il "secolo americano" venne predetto essere a portata di mano alla fine della II guerra mondiale. I maggiori funzionari dell'amministrazione del Presidente George Bush junior hanno afferrato tale opportunità, calcolando freddamente che il traumatizzato popolo degli USA adesso sosterrebbe interventi militari significativi delle truppe di terra USA all'estero, con la scusa di combattere il "terrorismo", perfino se vi fosse il rischio di un alto numero di vittime USA -- cosa che si sono rifiutati di accettare dalla fine della guerra del Vietnam nel 1975. Prima dell'11 settembre Washington etichettava da tempo i governi ed i movimenti politici cui si opponeva come "terroristi". Il Dipartimento di Stato USA pubblica ogni anno una lista di paesi che "sostengono il terrorismo"; da anni essa include l'Iran, l'Iraq, la Siria, il Sudan, la Corea del Nord e Cuba. Fino all'11 settembre ciò non era abbastanza per convincere il popolo degli USA a sostenere consistenti operazioni militari contro di loro. Quasi subito dopo che il fumo delle macerie del WTC si era diradato l'amministrazione Bush si è mossa per portare l'attenzione della "guerra al terrorismo" dai presunti responsabili delle atrocità del 911 -- Osama bin Laden e la sua rete di reazionari religiosi al Qaeda -- al "terrorismo" ed al "male" in generale secondo la definizione USA. "Da oggi in avanti", ha detto Bush al Congresso il 20 settembre, "tutte le nazioni che continuano a dare rifugio od a sostenere il terrorismo verranno considerate come un regime ostile". La "prima guerra del 21° secolo" non finirà, ha dichiarato, "finché tutti i gruppi terroristi di portata mondiale non siano stati scoperti, fermati e sconfitti". Il bombardamento dell'Afghanistan iniziò il 7 ottobre. Il 21 novembre Bush delineò quella che doveva diventare nota come la "dottrina Bush": L'Afghanistan è solamente l'inizio della guerra al terrorismo. Vi sono altri terroristi che minacciano l'America ed i nostri amici, e vi sono altre nazioni desiderose di sponsorizzarli. Non saremo sicuri come nazione finché tutte queste minacce non verranno sconfitte. Nel mondo, e negli anni, combatteremo questi maligni, e vinceremo "L'America ha un messaggio per le altre nazioni: se ospitate i terroristi, siete dei terroristi; se addestrate od armate un terrorista, siete dei terroristi; se nutrite o finanziate un terrorista, siete dei terroristi, e sarete ritenuti responsabili dagli Stati Uniti e dai loro amici". Il 26 novembre, pensando ormai all'Iraq, Bush ampliò ulteriormente lo scopo della "guerra al terrorismo" quando dichiarò "Se sviluppano armi di distruzione di massa che verranno usate da nazioni terroriste saranno ritenuti responsabili". La trasformazione divenne completa con il discorso di Bush del 29 gennaio sullo Stato dell'Unione. Lo stadio successivo della "guerra al terrorismo" di Washington venne ufficialmente scollegato dai fatti specifici dell'11/9. Bush neppure menzionò bin Laden o al Qaeda. Il Presidente iracheno Saddam Hussein aveva improvvisamente preso il posto dell'elusivo bin Laden come nemico pubblico numero uno. L'"asse del male" che era ora in cima alla lista degli obiettivi di Washington -- Iraq, Iran e Corea del Nord -- non ha nessun collegamento provato con al Qaeda, bin Laden o gli attacchi dell'11/9. Neppure tre delle quattro organizzazioni che Bush ha nominato -- Hamas, Jihad Islamica e Hezbollah -- hanno connessioni con al Qaeda; il loro "crimine" era quello di opporsi all'illegale occupazione israeliana della Palestina. Bush inoltre dichiarò esplicitamente che gli USA avevano il diritto di lanciare azioni militari unilaterali contro i "terroristi" all'interno di ogni paese, e di lanciare operazioni militari preventive contro gli stati che Washington sospettava sviluppassero armi chimiche, biologiche o nucleari: "Alcuni governi saranno impauriti di fronte al terrore. E, siate certi che, se non agiranno, lo farà l'America". Bush ricordò al mondo che la vendetta degli USA non ha limiti geografici: egli avvertì che "[in Afghanistan] Le nostre forze armate hanno consegnato un messaggio ora chiaro a tutti i nemici degli Stati Uniti: perfino a 7.000 miglia, attraverso oceani e continenti, sulla cima delle montagne e nelle caverne, non sfuggirete alla giustizia di questa nazione". In meno di sei mesi la "guerra al terrorismo" di Bush era mutata coerentemente dall'azione diretta contro i presunti colpevoli e sostenitori delle stragi dell'11/9 in una guerra contro ogni stato o movimento politico del Terzo Mondo che Washington considera troppo indipendente, troppo resistente od un ostacolo all'obiettivo dell'egemonia globale degli USA.

Il Discorso sullo Stato dell'Unione di Bush fu l'annuncio formale che Washington sta apertamente cercando il dominio mondiale. Come notava l'editoriale del 1° febbraio del New York Times: "L'applicazione della forza e dell'intimidazione è tornata ad essere la posizione guida della politica estera americana. La politica estera degli USA non si era appoggiata così pesantemente sull'uso della potenza militare non nucleare, o sulla minaccia di essa, per difendere gli interessi americani nel mondo dall'umiliante ritiro dal Vietnam di più di un quarto di secolo addietro". Dalla fine della II guerra mondiale l'obiettivo principale della classe di governo USA è stato il mantenimento di un dominio militare, economico e politico schiacciante e la prevenzione dell'emergere di altre potenze -- grandi o regionali -- che potevano sfidare tale posizione. Al termine della II guerra mondiale questo obiettivo venne chiamato il "secolo americano". Comunque le aspettative di Washington di dominio mondiale totale vennero frustrate per quasi 50 anni dalla forza industriale e militare dell'Unione Sovietica e dalle lotte di liberazione nazionale, a cominciare dalla vittoria della rivoluzione cinese nel 1949 e di quella cubana nel 1959, seguite dal successo di un'ondata di lotte per l'indipendenza in Africa ed in Asia attraverso gli anni '60 che culminarono nella storica sconfitta nel 1975 delle forze USA in Vietnam. La sconfitta di Washington in Vietnam fu sia politica che militare. Nel tempo, con l'aiuto di un crescente movimento contro la guerra, il popolo americano -- al costo delle vite di 50.000 giovani soldati USA e della morte di milioni di vietnamiti -- aveva compreso che i governanti USA avevano cinicamente mentito quando proclamavano che la sanguinosa guerra contro il popolo del Vietnam era una lotta per la democrazia, quando nei fatti era una ingiusta  guerra imperialista di aggressione. Era nata la "sindrome del Vietnam, e ,per più di 25 anni, rese impossibile a Washington lo spiegamento di un grande numero di truppe di terra in guerre "calde" oltremare. Ferito militarmente e politicamente dalla sindrome del Vietnam, l'imperialismo USA ha subito ulteriori colpi alla fine degli anni '70 con la vittoria delle lotte per l'indipendenza in Angola e Mozambico, la rivoluzione del 1977 in Etiopia, la rivoluzione afghana del 1978 ed il processo rivoluzionario iniziato nel 1979 in Nicaragua ed a Grenada. Anche il rovesciamento dello Scià pro USA nel 1979 in Iran è stato una seria minaccia al dominio dell'imperialismo USA nell'area petrolifera strategica del Golfo Persico. Sotto il Presidente Ronald Reagan, che arrivò al potere nel 1980, la classe dirigente USA lanciò un contrattacco contro quello che disonestamente chiamava l'"espansionismo sovietico". Washington finanziò ed armò massicciamente banditi controrivoluzionari e terroristi come la RENAMO in Mozambico, l'UNITA in Angola, i contras in Nicaragua ed i mujaheddin in Afghanistan. Inoltre Reagan aumentò il sostegno degli USA al regime dell'apartheid in Sud Africa ed ai regimi dittatoriali come quelli di Pakistan, Indonesia and Cile. Comunque, la strategia di Reagan era anche specificamente congegnata per evitare di mettere in pericolo le truppe USA. Quando Reagan ordinò alle truppe USA di invadere Grenada nel 1983 (e quando George Bush senior ordinò l'invasione di Panama nel 1989), l'operazione si affidò ad una massiccia potenza di fuoco prima che le truppe d'elite USA arrivassero e quindi partissero il più velocemente possibile. Ad ogni modo Reagan spinse massicciamente le spese militari USA oltre i limiti, incluso il sistema di difesa missilistica "guerre stellari". L'obiettivo di questo fantasioso progetto era ottenere la capacità di lanciare un primo attacco nucleare contro l'URSS senza timore di rappresaglie. I tentativi di confrontare questi massicci livelli di spese militari giocarono un ruolo nel "far sanguinare" l'Unione Sovietica, affrettandone il crollo. Con la scomparsa dell'URSS nel 1991, i governanti USA speravano che il "secolo americano" fosse di nuovo all'orizzonte. George Bush senior acclamò la vittoria USA sull'Iraq nella guerra del Golfo del 1990-91 come il segno della "fine della sindrome del Vietnam" e dichiarò che Washington avrebbe ora diretto un "Nuovo Ordine Mondiale".

Comunque, aveva parlato troppo presto. Bush senior non era preparato a testare la sindrome del Vietnam. Le forze armate USA si erano affidate all'uso della loro schiacciante superiorità aerea e dalle loro massicce capacità tecnologiche per evitare operazioni di terra significative. La paura della sindrome del Vietnam frenò in parte Bush dal mandare truppe USA in Iraq per rovesciare Saddam Hussein. Questo è stato lo schema delle operazioni militari USA durante gli anni '90. La sindrome del Vietnam si era dimostrata essere viva e vegeta con il clamore del pubblico USA per la morte di 18 soldati durante l'intervento "umanitario" di Washington in Somalia. Le amministrazioni Bush senior e Clinton camuffarono le loro azioni militari come difesa dei diritti umani, per fermare la "pulizia etnica" o per procurare assistenza umanitaria. Vennero condotte sotto la copertura di operazioni di "forze di pace" regionali o dell'ONU ed erano generalmente condizionate all'ottenimento di un appoggio multilaterale. Le speranze del popolo americano che la fine della guerra fredda risultasse in una grande riduzione della spesa militare ed in un "dividendo di pace" venne frustrata anche dalle richieste della classe dirigente USA di mantenere la spesa militare ai livelli della guerra fredda.

Con il 911 l'ala maggioritaria dell'amministrazione Bush junior chiaramente crede che la sindrome del Vietnam sia finalmente esaurita. La pretesa che gli attacchi al WTC "hanno cambiato il mondo" fa parte di un mito che è stato fabbricato con cura: quello che il lancio della "guerra al terrorismo" sia semplicemente stato una risposta ai terribili eventi di un giorno. La costruzione di questo mito viene esemplificata da un melodrammatico articolo del 5 settembre 2002 del corrispondente dalla Casa Bianca dell'Associated Press Ron Fournier: "In un ristretto rifugio antiatomico ben al di sotto della Casa Bianca il Presidente Bush fissando un tavolo di legno disse alla sua squadra per la sicurezza nazionale 'Tenete pronte le truppe'. Dodici ore dopo gli attacchi terroristici, momenti dopo il suo discorso televisivo diffuso in tutta la nazione, Bush si stava preparando ad una guerra che avrebbe trasformato e caratterizzato la sua presidenza 'Questa è l'ora dell'autodifesa', disse al suo consiglio di guerra. "Questa è la nostra ora". La verità è più semplice. Nei dodici mesi seguenti all'11/9 l'amministrazione Bush ha cinicamente preso e sfruttato gli attacchi terroristici per il lancio di una corsa per raggiungere il sogno della classe dirigente USA di un "secolo americano" o di un "nuovo ordine mondiale" - un non contrastato impero militare, politico ed economico globale degli USA. La potenza dietro il trono del regime di George Bush junior sono il vice presidente Dick Cheney ed una squadra di guerrafondai formata da veterani delle amministrazioni di Reagan e Bush senior. Durante gli anni '90 questi "falchi" hanno organizzato il loro ritorno al potere, formulato i loro programmi di un'egemonia USA senza rivali e sostenuto l'uso senza limiti della potenza militare USA attraverso una rete di think-tanks dell'ala destra della classe dirigente strettamente interconnessi tra loro -- il Project for the New American Century (PNAC), lo American Enterprise Institute, lo Americans for Victory over Terrorism ed il Center for Security Policy. Il Weekly Standard di proprietà di Murdoch e le pagine degli editoriali del Wall Street Journal hanno combattuto per le loro idee (e continuano a farlo). Le lezioni delle amministrazioni Bush senior e Clinton, hanno costantemente proclamato i nuovi "centurioni", è stata che la potenza degli USA non deve essere limitata dai tentativi di bilanciare gli interessi USA con quelli dei suoi alleati europei e non. Le alleanze, le organizzazioni internazionali od i trattati multilaterali non si devono interporre sulla strada del libero esercizio della potenza militare o economica degli USA. Altri punti fermi portati avanti dai falchi sono stati il sostegno militare e politico incondizionato per Israele -- l'alleato chiave di Washington in Medio Oriente -- e l'implacabile opposizione ad ogni regime della regione che possa porre una minaccia alla dominazione USA sull'area strategica ricca di petrolio del Golfo Persico. Come risultato, il marchio dei centurioni è stato l'estrema ostilità verso i regimi di Iraq, Iran, Siria, Libia e perfino Libano, ed anche l'esultare per tutte le mosse fatte da Tel Aviv per schiacciare il movimento di liberazione nazionale nella Palestina occupata. Nel 1997 il PNAC venne costituito per promuovere la "leadeship globale americana". Cheney, Donald Rumsfeld (ora segretario alla difesa USA), Paul Wolfowitz (ora vice segretario alla difesa) e Jeb Bush (il fratello di Bush junior) furono firmatari della "dichiarazione di principio" della fondazione del PNAC.

Questa affermava candidamente: [I conservatori] pare abbiano dimenticato gli elementi essenziali del successo dell'amministrazione Reagan: un apparato militare forte e pronto a fronteggiare le sfide sia attuali che future; una politica estera che audacemente ed intenzionalmente promuova all'estero i principi americani; una leadership nazionale che accetti le responsabilità globali degli Stati Uniti "L'America ha il compito di mantenere la pace e la sicurezza in Europa, Asia e Medio Oriente. Se noi evitiamo di prenderci le nostre responsabilità, invitiamo le sfide ai nostri interessi fondamentali. La storia del 20° secolo dovrebbe averci insegnato che è importante creare le circostanze prima che le crisi emergano, e fronteggiare le minacce prima che diventino temibili. La storia di questo secolo dovrebbe averci insegnato ad abbracciare la causa della leadership americana". Il PNAC esseriva che gli USA devono "incrementare significativamente le spese per la difesa" e "modernizzare le nostre forze armate se dobbiamo oggi eseguire i nostri compiti globali"; "rafforzare i nostri legami con gli alleati democratici e sfidare i regimi ostili ai nostri interessi e valori"; "promuovere la causa della libertà politica ed economica all'estero"; e "accettare la responsabilità del ruolo unico dell'America nel preservare ed estendere un ordine internazionale favorevole alla nostra sicurezza, alla nostra prosperità ed ai nostri principi". "Una simile politica reaganiana di forza militare e chiarezza morale oggi potrebbe essere fuori moda", ammetteva il PNAC. "Ma è necessaria se gli Stati Uniti devono costruire sui successi del secolo passato ed assicurare la nostra sicurezza e grandezza nel successivo". Nel settembre del 2000 il PNAC ha fornito i dettagli della propria visione imperiale con la pubblicazione di un rapporto, Ricostruire la difesa dell'America: strategia, forze e risorse per un nuovo secolo. I partecipanti al progetto comprendono Wolfowitz, Lewis Libby (ora capo di gabinetto di Cheney) e l'editore del Weekly Standard William Kristol. L'introduzione al rapporto notava che gli USA "sono l'unica superpotenza mondiale, combinano preminente potenza militare, leadership tecnologica globale e la maggiore economia mondiale. Attualmente gli USA non hanno rivali globali. La strategia suprema dell'America dovrebbe mirare a preservare ed estendere tale vantaggiosa posizione nel futuro il più a lungo possibile". Per preservare questa "desiderabile situazione strategica", dichiarava il rapporto, gli USA "hanno bisogno di una capacità militare globale preminente sia oggi che in futuro".

Gli autori del rapporto ammettevano che l'avevano elaborato sulla bozza del Pentagon's Defense Planning Guidance (DPG) del 1992, che venne preparato per Cheney, che allora era segretario alla difesa USA nella amministrazione Bush senior, da Wolfowitz e Libby. Tale documento dichiarava esplicitamente che gli USA devono continuare a "scoraggiare ... le nazioni industrializzate a sfidare la nostra leadership o ... persino ad aspirare ad un maggiore ruolo regionale o globale ... [Per raggiungere ciò, gli USA] devono conservare la preminente responsabilità di trattare ... con coloro che minacciano non solamente i nostri interessi, ma quelli dei nostri alleati ed amici, o con quelli che seriamente disturbano le nostre relazioni internazionali". Questa era un'ammissione che il massiccio impegno della potenza militare degli USA in Europa, Asia e Medio Oriente dopo il 1945 non era semplicemente diretto a contenere "l'espansionismo sovietico", schiacciare le rivoluzioni nel Terzo Mondo e controllare le risorse naturali come il petrolio del Medio Oriente -- tanto vitali erano agli interessi USA. Era anche mirato ad ingabbiare i loro potenziali rivali capitalisti -- Gran Bretagna, Francia, Germania e Giappone -- entro alleanze militari dominate dagli USA studiate per prevenire lo sviluppo da parte loro di forze armate indipendenti. Il rapporto del PNAC appoggiava "le indicazioni del DPG per mantenere la preminenza USA, precludere l'ascesa di una grande potenza rivale, e conformare l'ordine della sicurezza internazionale in linea con i principi e gli interessi americani...I dogmi alla base del DPG, secondo il nostro giudizio, restano validi". Il rapporto del PNAC raccomandava che gli USA si lasciassero alle spalle il "decennio di trascuratezza della difesa " degli anni '90 e spingessero le spese di guerra ad un minimo del 3,5-3,8% del PNL (circa il 3% in più) aggiungendovi annualmente dai 15 ai 20 miliardi di dollari; incrementassero il numero del personale militare in servizio attivo dal 1,4 milioni a 1,6 milioni; e riposizionassero le forze USA ... spostando permanentemente forze nelle basi del sudest europeo [i Balcani] e nel sudest asiatico [preferibilmente nelle Filippine e/o in Australia], e cambiando lo spiegamento delle forze navali per evidenziare i crescenti interessi strategici USA in Estremo Oriente [cioè il 'contenimento' della Cina e la 'difesa' di Taiwan]". Il rapporto inoltre spingeva Washington a sviluppare la capacità di "combattere e vincere simultaneamente nei principali teatri di guerra" ed allo stesso tempo ad "adempiere ai propri doveri di "polizia" associati a conformare un ambiente di sicurezza in regioni critiche"; a mantenere la "superiorità nucleare strategica" sviluppando armi nucleari ``bunker-buster'' più piccole ed a riprendere gli esperimenti nucleari; a sviluppare il "sistema di difesa missilistica" globale "guerre stellari"; ed a "controllare i nuovi 'domini internazionali' dello spazio e del 'cyberspazio' ed aprire la strada alla creazione di una nuova forza armata -- le Forze Spaziali USA -- con la missione di controllare lo spazio [!]".

Come tutto ciò indica, la cabala Cheney-Rumsfeld-Wolfowitz ha un programma di lunga data per l'espansione dell'egemonia USA. Quello che gli mancava era il "grilletto" per portarla a termine o l'esistenza di una "minaccia" sufficientemente seria che avrebbe convinto il popolo USA ad abbandonare il proprio desiderio di un "dividendo di pace" e la sua opposizione a perdite di guerra USA all'estero. Per questo motivo gli attacchi dell'11/9 sono stati un dono del cielo per la banda di Bush. Washington si accorse immediatamente dell'opportunità che le si era presentata. Come ha ammesso il consigliere per la sicurezza nazionale di Bush junior, Condoleezza Rice: "Penso veramente che questo periodo sia analogo a quello dal 1945 al 1947 perché i fatti ... hanno cominciato a spostare le zolle tettoniche della politica internazionale. E' importante cercare di approfittarne e posizionare gli interessi americani e le istituzioni prima che si induriscano nuovamente". Dall'1179 i nuovi centurioni di Bush hanno accelerato l'esecuzione della loro agenda nel caso che la "finestra di opportunità" si chiuda. Hanno ottenuto un massiccio incremento della spesa militare di 48 miliardi di dollari nel 2002-2003, a 379,3 miliardi di dollari. Aggiungendo le spese non militari del Pentagono, soprattutto del dipartimento dell'energia per il programma degli armamenti nucleari, il totale della spesa militare sarà di 396,1 miliardi di dollari. Altri 38 miliardi di dollari saranno spesi nella "difesa interna" -- principalmente per la pletora di agenzie di polizia USA. Washington ha progettato che il bilancio di guerra aumenterà stabilmente fino a più di 451 miliardi di dollari per il 2007, un incremento del 30%. Washington ha avvertito -- con il rigetto del Protocollo di Kyoto sulle emissioni di gas da effetto serra, le condizioni riguardo alla Corte Criminale Internazionale per i crimini di guerra ed il Trattato sui missili antibalistici -- che la potenza militare, economica e politica degli USA non sarà soggetta ad alcuna forma di limitazione internazionale. E' stato rivelato che gli USA hanno piani per usare le armi nucleari contro paesi non nuclearizzati con la scusa di eliminare la minaccia delle "armi di distruzione di massa". Vi sono anche stati rapporti che le forze speciali USA saranno presto autorizzate ad uccidere od eliminare  i "terroristi" ovunque nel mondo, ogni qualvolta ne sorga l'opportunità, senza dovere ottenere il permesso del governo coinvolto. Come risultato della sua guerra per rovesciare i talebani Washington si è assicurata per la prima volta basi militari permanenti e stazionato decine di migliaia di truppe nella sempre più strategica regione dell'Asia Centrale. Da queste basi gli USA possono molto più facilmente "contenere" la Russia e la Cina, controllare le risorse emergenti di petrolio e gas nella regione del Mar Caspio, rafforzare il loro controllo del Golfo Persico ed incrementare ulteriormente il loro controllo militare sulla maggior parte delle risorse di energia vitali al mondo. Sotto la copertura della "guerra al terrorismo" Washington ha aumentato o ripreso il finanziamento militare per regimi notoriamente repressivi -- inclusi Yemen, Georgia, Indonesia, Pakistan, Filippine, Colombia e le ex repubbliche sovietiche dell'Asia Centrale -- ed anche inviato migliaia di truppe e consiglieri militari per aiutarli a schiacciare i movimenti antigovernativi. Washington ha dato luce verde alla Russia per continuare la brutale campagna contro la lotta di liberazione cecena ed al governo cinese per la repressione dei separatisti nello Xinjiang. Gli attacchi dell'11 settembre e la conseguente "guerra al terrorismo" degli USA hanno fornito ai guerrafondai della classe dirigente USA la maggiore opportunità finora per "curare" la sindrome del Vietnam. La più grande prova di questo sarà la prossima invasione USA dell'Iraq. Gli attivisti contro la guerra devono organizzarsi e mobilitarsi massicciamente per fermare questa guerra e far rivivere il più rapidamente possibile la apparentemente dormiente coscienza antiguerra del popolo americano. Deve essere offerta solidarietà all'inevitabile resistenza ai guerrafondai imperialisti che si svilupperà in tutto l'impero USA.